FLC CGIL
Referendum CGIL il lavoro è un bene comune

https://www.flcgil.it/@3969895
Home » Università » Numero chiuso a Medicina: una legge delega indefinita negli aspetti cruciali

Numero chiuso a Medicina: una legge delega indefinita negli aspetti cruciali

Condivisibile l’obiettivo di superare gli attuali test d’ingresso, ma il DDL unificato in discussione al Senato non dice alcunché su come viene a formarsi la graduatoria di merito nazionale e così vi è il rischio che alla fine il tutto venga a risolversi posponendo la tagliola e aumentando le sperequazioni nell’accesso.

14/05/2024
Decrease text size Increase  text size

Nelle prossime settimane si inizierà a discutere al Senato il testo di un Disegno di legge delega sul numero chiuso a Medicina, licenziato a fine di aprile dal comitato ristretto della VII commissione unificando diversi disegni di legge in discussione [NN. 915, 916, 942, 980 e 1002].

La FLC CGIL segnala da tempo la necessità di superare il numero chiuso e programmato in tutti i corsi di laurea, sostenendo con forza la necessità di investimenti per un'espansione complessiva del sistema universitario italiano (personale, sedi, Fondo di Finanziamento Universitario) e l’abbattimento, nel contempo, di uno dei più alti livelli di tassazione universitaria del continente: solo così si può determinare quella svolta necessaria per un Paese che ha uno dei tassi di iscrizione ai corsi universitari più bassi nell’OCSE (oltre 20 punti percentuali inferiore alla media) e che si colloca al penultimo posto tra i paesi della UE come giovani under 34 laureati. Il numero chiuso, infatti, non interessa semplicemente alcuni corsi magistrali a ciclo unico e ad alta professionalizzazione, ma si è allargato nel tempo a macchia d’olio interessando praticamente la metà dei corsi di laurea attualmente attivi negli atenei italiani.

Colpisce l’articolo 1 del provvedimento, che chiama incongruamente in causa il presunto fine di un potenziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN) in termini di numero di medici chirurghi, odontoiatri e medici veterinario, come gli investimenti previsti della Missione 6 - Salute del Piano nazionale di ripresa e resilienza [che non hanno in realtà alcun nesso con l’incremento dei servizi o del personale sanitario nel Paese], quando in realtà la norma proposta rivede il meccanismo di accesso ma non incide concretamente sul numero di iscritti e laureati in medicina del Paese. L’intero comma 1 è di fatto fuorviante e sembra avere unicamente una ragione propagandistica e potrebbe (dovrebbe) esser eliminato dal testo.

Il cuore del provvedimento, infatti, è lo spostamento alla fine del primo semestre di una selezione nazionale per l’iscrizione a Medicina. Non si tratta evidentemente di una norma che supera il numero chiuso o che interviene sui contingenti e sulla suddivisione tra le sedi. L’articolo 2, comma 2, lettera c) prevede infatti che l'ammissione al secondo semestre dei corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria sia vincolato non solo al superamento di tutti gli esami previsti nel primo semestre, ma anche alla collocazione in posizione utile in una graduatoria di merito nazionale, che quindi mantiene una limitazione significativa al proseguimento degli studi in quel corso di laurea. Per di più, la generica previsione alla lettera e) dello stesso comma di un potenziamento delle capacità recettive delle università rimane privo di ogni sostanza, sia in riferimento alla sostenibilità del numero complessivo delle iscrizione al secondo semestre [sostenibilità rispetto a quali parametri?], sia in relazione alla totale assenza di concreti investimenti in punti organico, aule, strutture e laboratori (a partire da quelli presenti nei Policlinici e nelle Aziende Ospedaliere Universitarie).

Per di più, il cuore di questo provvedimento rimane indefinito e ambiguo: nell’articolo 2 non è infatti possibile rintracciare alcun criterio o indirizzo per la formazione della nuova graduatoria nazionale alla fine del primo semestre. La scelta di alcuni parametri, più o meno semplificati, potrebbe anche rendere il sistema di selezione ancora peggiore di quello attuale, producendo ad esempio sperequazioni tra sedi e realtà universitarie. Così, la scelta di una legge delega senza effettivi parametri e indirizzi non sembra lo strumento legislativo più adatto alla materia, di fatto assegnando al governo carta bianca sul punto cruciale in questione.

Diversi sono poi gli elementi di dettaglio ma importanti che mancano o che sono incongruamente inseriti nel testo.

  • Nell’articolo 2, comma 2, lettera b) si prevede l’organizzazione di fatto di un semestre comune tra i corsi di laurea del comma 1 e altri corsi di laurea di area scientifica o sanitaria (con un allineamento tra i piani di studio definito dalla lettera i) dello stesso comma), con una sorta di doppia iscrizione obbligatoria e gratuita a due corsi di laurea (lettera d del comma). Nell’articolo 2, comma 2, lettera n) si decide di promuovere percorsi di formazione e di preparazione, anche in collaborazione con le università, cui possano accedere gli studenti e i diplomati delle scuole secondarie di secondo grado. Nel quadro delle dinamiche e dei piani inclinati del sistema formativo italiano, sottolineati in questa stagione con forza dalla FLC, sarebbe fondamentale precisare che questi semestri non possono che essere attivati nelle sedi presso cui poi sono attivati i corsi di laurea oggetto della presente legge, e che gli eventuali percorsi di formazione preparazione debbano esser organizzati dalle università che hanno attivato questi stessi corsi [la formulazione del testo, con quell’ anche e senza la precisazione di quali atenei, lascia infatti aperta la strada alle peggiori speculazioni, che abbiamo visto diffondersi in questi anni).
  • Se la previsione di una doppia iscrizione (art 2, comma 2, lettera d) è comunque positiva, nell’ottica di non disperdere il percorso compiuto nel primo semestre, andrebbe in ogni caso precisata la possibilità di iscriversi anche oltre il termine stabilito in via ordinaria ad altri corsi di laurea, non precedentemente indicati dallo studente.
  • L’articolo 2, comma 2, lettera e) prevede il potenziamento delle capacità recettive delle università, nel rispetto di standard innovativi relativi alla qualità della formazione: cosa si intende con questa formulazione? In una stagione segnata dalla diffusione di atenei telematici e dalla nascita di modelli formativi ibridi, con una didattica in streaming in atenei in presenza che hanno attivi corsi di laurea in medicina e di area sanitaria (come sottolineato nel rapporto FLC sulle università telematiche), è importante escludere categoricamente ogni deriva volta a introdurre questi modelli didattici in questi corsi di laurea.
  • L’articolo 2 comma 2 lettera l) prevede di normare attraverso la legge, con un uso incongruo di una legge delega e della stessa norma, aspetti propri degli ordinamenti e dell’autonomia didattica degli atenei, relativi ai percorsi di formazione teorico pratica di questi corsi di laurea e alla definizione dei relativi tutor, in strutture anche non universitarie e anche private convenzionate. Un passaggio che riteniamo quindi importante abrogare, proprio perché specificamente incongruo in un testo che regola gli accessi e in generale, inopportuno nella sua specificità in una norma di legge.
  • L’articolo 2, comma 2 lettera h) stabilisce di non considerare gli studenti iscritti al primo semestre ai fini del riparto annuale del Fondo per il finanziamento ordinario delle università: riteniamo meglio considerali al 50%, tenendo conto che hanno svolto un semestre sui due ordinari.
  • L’articolo 2 comma 2 lettera m) prevede di attivare percorsi formativi, di orientamento e di PCTO per questi corsi di laurea nelle scuole superiori, anche con la possibilità di riconoscimento di CFU nel primo semestre: ci sembra una previsione inopportuna e sbagliata, con il rischio di sviluppare nel testo istituti superiori focalizzati nel preparare e indirizzare alle professioni sanitarie, da una parte spostando indietro nel tempo la formazione dedicata alle professioni, dall’altra creando nei territori sperequazioni nell’accesso a questi percorsi specialistici.
  • Infine, l’articolo 2 comma 3 non prevede per i decreti legislativi attuativi un parere degli organismi universitari principali, come il CNSU e il CUN, di fatto intervenendo sul sistema universitario del paese senza il suo coinvolgimento.

In conclusione, se è sicuramente positivo il superamento dell’attuale test, e forse anche del mercato che si ha oggi sulla preparazione a questi test, rimangono in piedi tutte le perplessità su un sistema che, per la propria incapacità legata alle risorse a disposizione delle università assolutamente insufficienti, opera una selezione che limita il diritto all’istruzione per troppe e troppi studenti. La proposta avanzata, inoltre, risulta esser indefinita nel suo nucleo (la formazione della graduatoria nazionale al termine del primo semestre), e impregnata di riferimenti di dettaglio sbagliati, ambigui o impropri, che rischiano di introdurre ulteriori derive in questi corsi di laurea e nei loro percorsi di accessi. Per questo la FLC auspica una profonda ridiscussione del testo base, ascoltando finalmente le indicazioni e le richieste che provengono anche dalle realtà studentesche sulla questione.