Convegno Nazionale "Immigrati, scuola e diritti di cittadinanza" - Collegno (TO) - Seconda giornata
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16:20
Come previsto vengono affidate le conclusioni a Donata Canta, Segretaria Generale della Camera del Lavoro di Torino.
"Si parla di immigrazione come di un emergenza loro ne parlano cosi! Ma la CGIL come ne parla? Anche la CGIL ne parla in questo modo cercando però di fornire gli strumenti per gestire questa emergenza; non ne parlavamo come una normalità come inveceabbiamo fatto in questi due giorni.
Il governo offre una soluzione finta alle persone: negare che ci sono immigrati che vivono, lavorano e hanno figli che vanno a scuola e dire che l'immigrazione si può fermare con la legge o con i muri è una cosa falsa: è un ideologia e come tale fa presa fra la gente.
Noi dobbiamo ricostruire un idea di società alternativa.
Ha ragione l'assessore D'Ottavio quando dice i tagli sulla scuola non sono solo un fatto economico ma anche e soprattutto un fatto culturale dimostrativo di una idea di società.
Decidono di non investire né nella conoscenza, né nello sviluppo, né nella ricerca, né nell'innovazione e contrappongono a questa scelta una politica di tagli e una deregolamentazione del mercato del lavoro.
E lo dico parlando di Torino e di questo Piemonte straordinario che sono cresciuti - competono a livello internazionale - esportando più di quello che importano; se guardo però a quello che viene esportato vedo che si tratta di un prodotto di media/bassa qualità, che sarà obsoleto in poco tempo se non si investe in ricerca ed innovazione.
Il decisionismo dell'attuale governo nasconde una posizione autoritaria ma ha il consenso.
E' autoritario a due livelli:
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il primo come modalità di decisione attraverso lo strumento del decreto legge che esautora il parlamento;
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il secondo ledendo le libertà individuali.
Ed e' autoritario in particolare contro le donne perché non è vero che le misure introdotte da queste norme peseranno nello stesso modo sulle donne e sugli uomini.
E' autoritaria la riforma del mercato del lavoro, è autoritaria la riduzione del tempo pieno è mistificante giocare su un livello di uguaglianza se non si ha lo stesso livello di partenza.
Aver tolto i fondi per la violenza contro le donne per finanziare l'esenzione dall'Ici pagata dai ricchi è un atto autoritario e violento esso stesso.
Aver cancellato il diritto appena sancito della certificazione delle dimissioni volontarie è particolarmente autoritario e violento contro le donne.
Altro argomento: il “ libro verde” pubblicato a luglio sul sito da Sacconi (finiranno la consultazione ad ottobre) c'e lo troveremo probabilmente convertito in legge entro dicembre.
Continuano la manovra fatta con il 133: hanno avuto un gran consenso sociale che adesso cercano di far diventare un blocco sociale.
Faccio degli esempi:
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la scuola - se salta il tempo pieno - quali soluzioni ci sono? Doposcuola e la creazione di una nuova domanda protetta di servizi a pagamento per il mercato;
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sanità – se voglio muovermi da una regione ad un altra dovrò chiedere alla mia regione se ha i soldi e se non c'è li avrà o posso pagare io o non avro più libertà;
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diritto – la libertà non è un concetto astratto non è filosofia. La Libertà è fatta di diritti.
Chi legge il “ libro verde” capisce che la direzione in cui vanno è la costruzione di nuove gerarchie sociali.
O noi siamo in grado di ricostruire un altro punto di vista o non ce la facciamo. Nessuno sarà in grado di difendere i propri pezzetti.
Noi abbiamo bisogno di ridare senso alla società rideclinando i diritti elencati nell'art 3 della costituzione.
Per questo ho trovato appropriato il titolo del convegno “Immigrati, scuola e diritti di cittadinanza”.
Ragionare su un modello interculturale vuol dire provare a pensare che i migranti che vengono da noi sono persone portatori di valori che hanno necessità di essere riconosciuti da tutti.
Per questo non possiamo lasciare sola la scuola
Anche dove si abita e come si abita è importante come è importante se i genitori non hanno un lavoro e come questo è pagato; è importante se ci sono spazi dedicati alle diverse culture e se è garantito il diritto di difendere gli immigrati dallo sfruttamento sul lavoro.
Ci vogliono risorse ?Si.
Ma le hanno tagliate alla scuola, le hanno tagliate ai comuni, le hanno tagliati alle regioni.
Se noi riteniamo che non sia una cosa giusta dobbiamo fare una battaglia contro quell'idea di società perché nel contempo nel 112 hanno inserito 15 nuove possibilità di elusione/evasione fiscale.
La scuola di massa mi ha consentito, arrivando da una famiglia molto povera, di non mettere i miei sogni nel cassetto: quindi io voglio continuare ad avere una scuola di massa!
Noi non dobbiamo fare solo una battaglia in difesa ma una battaglia per una scuola di qualità e un nuovo modello sociale. Per questo quello che non funziona nella scuola dobbiamo dirlo noi.
Noi dobbiamo informare le persone di ciò che avviene nella scuola per contrastare tutte le cose false che si stanno dicendo.
Sabato 27 settembre faremo un iniziativa in tutte le città italiane per dare una possibilità non solo a chi lavora ma a tutti di dire che credono in qualcosa di diverso.
A volte le difficoltà ci sembrano più grande di quelle che sono. A volte però se si comincia e si va avanti si può trovare una alternativa diversa. Questa volta non sarà sufficiente una spallata.
Io non so se abbiano intenzione di fare le classi differenziali; non so se si arriverà a farle ma sul territorio vedo già le scuole differenziali. So che l'autonomia scolastica senza risorse scatenerà la competizione tra le scuole. E quando in una scuola ci vanno solo gli italiani sfigati e gli immigrati allora abbiamo costruito la scuola differenziale.
C'è davanti a noi un grumo di marginalità sociale - poveri socialmente non solo economicamente. O noi mettiamo le mani in questo grumo oppure il genitore che ne ha la possibilità il figlio lo sposta in altre situazioni.
Abbassare la qualità dei servizi serve a far uscire dal servizio pubblico chi può pagare e portarlo nelle braccia del mercato privato dei servizi.
Cominciamo il 27 mettendo insieme i lavoratori di tutte le categorie, i pensionati, gli studenti e tutti coloro che con quella idea di società non sono d'accordo.
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16:00
A Roberto Ferraris il compito di relazionare i lavori del quarto gruppo: Secondaria superiore.
Innanzitutto gli insegnanti del gruppo scuola superiore ringraziano Antonio Giacobbi che ha coordinato e moderato il gruppo con competenza.
Abbiamo affrontato i nodi cruciali dell’inserimento di alunni stranieri nella scuola superiore.
A questo ordine di scuola afferiscono adolescenti e giovani, che molto spesso sono portatori di un bagaglio di scolarizzazione nel paese d’origine, e questo crea problemi di inserimento e di riconoscimento del titolo e delle competenze. Naturalmente i maggiori problemi non riguardano chi ha comunque già fatto una parte del proprio percorso di scolarizzazione in Italia, ma proprio chi si inserisce arrivando direttamente dal paese d’origine. Quelli che vengono definiti “non parlanti italiano”. Il cosiddetto livello zero. In alcune scuole superiori, questo livello comprende il 20-25 % del totale degli stranieri inseriti.
Abbiamo evidenziato come elemento cruciale il momento dell' inserimento in classe e della relativa accoglienza.
Questo è il momento in cui la scuola italiana dimostra le proprie carenze strutturali.
Il semplice inserimento in una classe della stessa leva scolastica, come recita la normativa, non risolve i problemi e in alcuni casi li complica.
L’inserimento tra i pari età è importante per la socializzazione con le compagne ed i compagni, consente una buona integrazione, è strumento per la formazione all’accoglienza e al riconoscimento di culture “altre” da parte degli studenti italiani ed è sicuramente utile e necessario anche per l’apprendimento della lingua italiana. Ci sembra tuttavia di dover evidenziare che nella scuola superiore l’inserimento in una classe di pari età o nella classe immediatamente inferiore, come vuole giustamente la norma, può costituire un problema quando lo studente che arriva non ha alcuna competenza linguistica e manca anche di competenze disciplinari che lo mettano in grado di affrontare l’anno scolastico con buone probabilità di successo. La presenza di discipline fortemente strutturate caratterizza infatti la scuola superiore a differenza di quella dell’infanzia e primaria e, in parte, anche della secondaria di primo grado. In questo caso il Collegio dei docenti dovrebbe poter valutare la situazione ed essere in grado di attivare tutti gli interventi possibili. Lo studente deve essere messo nelle condizioni di: a) apprendere la lingua italiana, sia come lingua per la comunicazione che come lingua per l’apprendimento; b) recuperare in breve tempo le conoscenze e le competenze necessarie per seguire l’attività didattica nella classe in cui viene inserito. Per questo servono alle scuole risorse economiche e di personale, un elevato livello di formazione dei docenti, la possibilità di un’ampia flessibilità nei percorsi di formazione.
Se tutto questo manca, anche la norma che prescrive in quali classi inserire lo studente immigrato, letta come mero adempimento, rischia di non aiutare il successo scolastico e formativo.
Certo: successo formativo! Perché è questo che adolescenti e giovani stranieri chiedono alla scuola italiana. Quando arrivano, anche se hanno già 17 o 18 anni, le famiglie si rivolgono alla scuola. Sanno che la scuola è un motore di promozione sociale; sanno che il titolo o gli anni di studio nel paese d’origine poco contano, e chiedono la certificazione delle loro competenze con un titolo di studio della scuola italiana.
Addirittura alcuni ne hanno bisogno anche se già diplomati, per andare all’Università in Italia. Ma la maggior parte si iscrive per il diploma e poi si accontenta della qualifica triennale, se l’istituto la rilascia.
Infatti non è detto che abbiano scelto una scuola professionale: molte famiglie si rivolgono alla scuola più vicina all’abitazione, ad una scuola conosciuta tramite la comunità di riferimento, senza che l’indirizzo di studi sia quello più confacente alle loro aspirazioni o alle competenze già acquisite.
Strutturalmente, per l’appunto, manca un orientamento in ingresso che tenga conto di queste competenze, poiché su questi studenti si riverserà già la difficoltà della lingua, e sarebbe bene che almeno potessero giocare bene le carte in loro possesso.
Qualche struttura, in carico al volontariato o agli enti locali, che si occupa di orientare esiste, ma è poco conosciuta o sottoutilizzata. Potrebbero svolgere questa funzione i CTP del territorio, di cui gli insegnanti di scuola superiore hanno una buona opinione e di cui si fidano gli stranieri che li frequentano. Quando invece è la scuola che predispone accertamenti delle competenze in ingresso, e poi sconsiglia l’iscrizione, sembra si tratti di un rifiuto ed è meno ben accetto.
Serve in ogni caso che la scuola italiana predisponga un preorientamento obbligatorio per coloro i quali arrivano senza competenze in lingua italiana. E la struttura che se ne dovrebbe occupare deve conoscere bene le opportunità proposte dalle scuole superiori del territorio, che come sapete sono differenti le une dalle altre.
Facciamo fatica ad orientarci noi, quando si tratta dei nostri figli, tra le mille offerte della scuola superiore italiana; tanto più le famiglie straniere. Ben vengano la modulistica tradotta e i libretti che spiegano com’è fatta la scuola italiana…
Serve definire un vero e proprio protocollo per le famiglie straniere che arrivano direttamente dall’estero. Va testata la competenza linguistica in italiano, ma anche quella matematica: è il secondo grande alfabeto di cui si dispone, senza il quale alcuni livelli superiori di competenza (ad esempio negli istituti tecnici) non si potranno mai raggiungere.
Altresì è chiaro che certificare che non sanno una parola di italiano non basta!
Cosa può offrire la scuola italiana in questi casi?
Una buona classe di italiano come seconda lingua che accompagni le studentesse e gli studenti almeno per un primo periodo, fino a quando non si possiede una discreta abilità nella “lingua per studiare” che è cosa diversa dalla “lingua per comunicare”. Essa dovrebbe funzionare anche in orario aggiuntivo (come già spesso avviene); dovrebbe consentire anche il recupero di conoscenze e competenze disciplinari e accompagnare la presenza in classe dello studente.
(Nella città di Torino era stato presentato un progetto per quattro aree, insieme ai CTP, ma è rimasto lettera morta)
Dove trovare le risorse per realizzare questo? Ma soprattutto dove trovare l’elasticità di un insegnamento che si realizza per periodi intensivi, che “promuove” i suoi studenti in corso d’opera, verso il rientro in una classe comune? Qui si è levata un’ode ai CTP e alla loro flessibilità, ma l’istituzione di cattedre di italiano come seconda lingua potrebbe essere una valida alternativa a questa ‘esternalizzazione’. Meno efficace (in quanto meno strutturale) il distacco…
In ogni caso, serve una formazione linguistica specifica e un aggiornamento, diciamo obbligatorio, per tutti, compreso il personale ATA.
Inoltre dopo il primo periodo il sostegno e il rinforzo serve ancora, ma si può realizzare oltre l’orario ordinario, per permettere la fruizione di tutte le lezioni.
Primo periodo potrebbe realisticamente significare fino a Natale, Con tanto di sospensione provvisoria dei giudizi di tutte le materie fino a quando non si impadroniscono delle minime competenze per poter comprendere le lezioni e studiare.
Esistono risorse per finanziare attività in favore degli inserimenti?
Sono poche e spesso sono solo quelle di origine contrattuale previste dall’art. 9, integrate in Piemonte da quelle che ha aggiunto la Regione con un recente protocollo d’intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale e sindacati. Poi ci sono le fondazioni private.
Ci pare di capire che in Val d’Aosta ce ne sono anche di più… forse quel che manca in alcune scuole sono le informazioni!
Le scuole ci segnalano tuttavia con sempre maggior preoccupazione che le risorse finanziarie sono solo una parte della risposta: ciò che serve veramente è il personale per i corsi di lingua italiana. Non si può pensare di poter fare corsi di lingua solo con ore aggiuntive di docenti che spesso hanno la buona volontà ma mancano di una competenza specifica per insegnare italiano come lingua 2.
Ma sull’uso dei fondi abbiamo evidenziato il ruolo dei Dirigenti Scolastici, che dovrebbero avere una maggior leadership educativa ed essere in grado di conoscere e usare fino in fondo il DPR sull’autonomia. Ma questo dovrebbero farlo anche i Collegi…
Nel gruppo era presente anche personale ATA, assistenti amministrativi e collaboratori scolastici. Anche a partire dal loro importante contributo alla discussione, il gruppo ritiene che un buon processo di integrazione non può non vedere coinvolto, a tutti i livelli, anche il personale ATA, che deve essere appositamente formato, sia sotto il profilo normativo che professionale.
Uno strumento utile per conoscere quantomeno quel che già si fa, potrebbe essere una pagina del sito più bello del mondo (della scuola), organizzato semplicemente con i link a tutte le pagine dei siti scolastici delle scuole che hanno cercato e messo in pratica soluzioni innovative (best practices), e ai siti delle associazioni che si occupano dei problemi.
Certo il clima politico non incoraggia né facilita interventi nei confronti degli stranieri.
Sono ricomparse scritte sugli zainetti e non solo che non fanno presagire nulla di buono; eppure la scuola non deve rinunciare al suo ruolo educativo, neanche quando si chiama secondaria di secondo grado.
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15:10
Prende la parola Giorgio De Medici per relazionare sui lavori del terzo gruppo: Scuola Media di I°
Ci siamo chiesti, all'inizio, se ci sono responsabilità attribuibili ad errori politico/sindacali che hanno contribuito a determinare la situazione attuale in cui le politiche messe in atto dal governo sembrano avere, anche per effetto della propaganda dei media, un forte consenso nella società.
Ci siamo quindi chiesti se alcune delle scelte adottate dai collegi docenti nella "scuola dell'autonomia" (es.: riduzionedel tempo scuola rispetto al tempo prolungato, riduzione dell'ora di lezione in moduli di 50' ecc.) non siano stati "nostri errori" su cui la riforma Moratti e gli attuali decreti della Gelmini hanno creato i disastri che si profilano.
Ci siamo detti che occorre rimettere in moto iniziative che riportino nei territori la presenza e la forza delle nostre idee e le "piazze del 27 settembre" che dovranno essere un'occasione per rimette al centro della politica ladifesa della scuola pubblica e della sua qualità.
Venendo ai temi più specifici del convegno emerge che "LA SCUOLA DELL'ACCOGLIENZA" corre il rischio di diventare un "ghetto". Si riscontrano classi con il 65% di presenze di immigrati e altre praticamente formate di soli stranieri, come ad esempio avviene nella zona di Porta Palazzo, che da anni registra un continuo afflusso di famiglie immigrate e che essendo il primo approdo delle famiglie immigrate vede una alto numero di inserimenti in corso d'anno scolastico.
In situazioni come queste si riducono drasticamente le iscrizioni di alunni italiani
Negli anni '50/60, Torino è anche stata punto d'approdo della immigrazione interna, quella che vedeva fortissimi spostamenti di persone e famiglie intere dal sud al nord in cerca di lavoro e che in particolare la Fiat offriva.
Anche allora si crearono quartieri ghetto; basti ricordare la Falchera, le Vallette, Via Artom.
Dai fenomeni di quel periodo possiamo trarre insegnamenti per affrontare i problemi attuali.
La media unica dell'obbligo, il tempo pieno prima e successivamente il tempo prolungato, sono stati i modelli che hanno permesso di interagire positivamente con il fenomeno dell'immigrazione, consentendo la nascita della scuola dell'accoglienza.
Cosa ha caratterizzato quel modello di scuola e quali sono gli elementi che riteniamo importante riproporre oggi:
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tempi distesi e non compressi per lo sviluppo della relazione educativa;
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capacità, e quindi preparazione, dei docenti a individuare obiettivi e strategie in sintonia con la realtà socialedel territorio in cui è inserita la scuola;
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un'organizzazione del lavoro in cui il team dei docenti, e non il singolo docente, è punto di riferimento essenziale per la programmazione delle attività e la definizione degli obiettivi da raggiungere;
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una didattica in cui la lezione frontale è affiancata e a volte sostituita da quella per laboratori;
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la capacita della scuola di essere parte integrante del territorio e quindi di operare in sinergia con EE.LL, associazioni professionali e di genitori, quartieri.
Tutto questo ci porta a dire che sarebbe necessario, per costruire realmente la scuola dell'accoglienza:
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un piano di formazione seria e diffusa di tutto il personale che riguardi tutto il team che opera nella scuola (ata, docente, dirigenza scolastica) a partire dalle realtà dove è più alta l'immigrazione, utilizzando formatori competenti e non scollegati dalla specifica realtà territoriale;
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una formazione mirata, in particolare, alla costruzione di una mentalità e di una didattica interculturale;
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istituzione della L2, definendo a tal fine risorse aggiuntive di organico anche se non necessariamente ancorate ad una singola scuola;
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un rapporto organico con tutte le istituzioni del territorio, al fine di ottimizzare le risorse a disposizione e migliorare la qualità degli interventi;
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costruire reti permanenti di soggetti (associazioni culturali, EE.LL., Asl, mediatori linguistici, orientatori, genitori, ecc.) che a diverso titolo e anche con vario ruolo, si occupano di immigrazione e integrazione;
Oggi l'immigrato non deve essere vissuto come un problema; oltre alle problematiche dell'alfabetizzazione e dell'apprendimento della lingua, infatti ci troviamo, spesse volte, anche di fronte ad allievi che esprimono e raggiungono gradi e livelli di eccellenza che vanno assolutamente valorizzate sia per il fatto in sé, sia perché sempre più spesso famiglie di immigrati nutrono progetti ed aspettative alte di istruzione e quindi chiedono e giustamente pretendono che l'istruzione ed il diritto a fruirnediventi strumento di integrazione sociale.
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14:50
Si prosegue con l'illustrazione dei lavori del secondo gruppo che si è occupato dell'infanzia e primaria presentata da Epifani Patrizia, maestra elementare Umbria.
Il nostro segretario Panini haaperto il suo intervento citando “ Nessun dorma”...
Le insegnanti della scuola dell0Infanzia e Primaria non vogliono assolutamente dormire e sperano che si moltiplichino le iniziative di protesta contro il Decreto Gelmini.
E' insufficiente la manifestazione del 27 settembre. E' importante che le proteste vengano da tutti i Collegi Docenti, dalle organizzazioni dei genitori, dalle Istituzioni che credono nella scuola come luogo dell'inserimento e della mobilità sociale. La F.L.C, le sedi provinciali della C.G.I.L devono essere vicine alle proteste delle scuole in questo momento drammatico per il futuro delle pratiche migliori della scuola italiana.
I tre gruppi hanno discusso con immutato interesse le problematiche suscitate dall'interessante convegno.
Abbiamo letto i numeri dell' inserimento dei bambini con cittadinanza non italiana: spesso le medie delle percentuali non rendono evidente la grandezza del problema. All'interno delle Regioni con inserimenti oltre il 10% si trovano scuole con percentuali che sfiorano e passano il 50%.
Lavorare in queste scuole diventa assai più complesso e chiediamo al sindacato di approfondire le problematiche relative a questo aspetto.
Noi pensiamo che si debba lavorare in sintonia con il territorio: circoscrizioni, Comuni, Regioni.
La scuola da sola non può affrontare problemi così vasti e complessi che richiedono necessariamente scelte politiche e capacità di analisi complesse e sinergiche.
Rientrano in tali scelte complesse le politiche abitative che incidono nei successivi inserimenti scolastici. Nelle città l'edilizia popolare ha portato inserimenti continui di bambini e bambine con conseguenti problemi di integrazione. Molte scuole si sono trovate ad inserire prima i figli degli immigrati italiani e poi i figli degli immigrati stranieri. Per i primi c'è stato un lavoro sinergico che ha permesso a questi cittadini di inserirsi ora vorremmo che la stessa disponibilità ci sia per i bambini migranti.
Le scuole comunque hanno sempre lavorato sull'inclusione e tutt'ora continuano a lavorarci con grande passione.
Nelle scuole Primarie sono stati attivati Progetti d'accoglienza. Insegnanti con distacchi e insegnanti con Funzione strumentale hanno attivato percorsi di sostegno per gli alunni inseriti durante l'anno scolastico senza la minima conoscenza della lingua italiana.
Sono state allestite biblioteche multiculturali con testi in più lingue. Biblioteche aperte atutti i bambini e alla cittadinanza. Le storie di altri paesi sono da stimolo per iniziare ad affrontare punti di vista diversi e capirsi meglio.
I Progetti d' Accoglienza attivati sono sempre rivolti a tutti i bambini. I diritti di cittadinanza sono e devono essere gli stessi per tutti.
Importanti sono i Protocolli d' accoglienza: le scuole con alti inserimenti di bambini migranti li hanno già approvati nei Collegi, ma la loro applicazione non è sempre semplice; sarebbe importante formare il personale delle segreterie che si trovano a fare la prima accoglienza dei bambini e delle loro famiglie.
Esperienze importanti sono quelle rivolte al sostegno della genitorialità ed in particolare l'insegnamento dell'italiano come L2 alle mamme arabe.
Interessante è il lavoro in rete che alcune scuole ( Pinarolo e comuni vicini) hanno svolto per ottimizzare sia le risorse economiche che umane.
Tutti gli insegnanti che si sono trovati a discutere nel gruppo si sono trovati d'accordo nel volere :
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una scuola di qualità;
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una scuolaper tutti;
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una scuola per il futuro.
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14:30
Puntualmente riprendono i lavori con l'illustrazione della relazione del primo gruppo di lavoro che ha affrontato il tema: " Diritti di cittadinanza - Educazione degli adulti - Formazione Professionale" presentata da Bice Tanno della CGIL Lazio.
A chi di noi aveva partecipato all'incontro di Reggio Emilia solo pochi mesi fa sembra che sia passato un tempo lunghissimo. C'era già stata la vittoria elettorale del centro destra, ma forse non avevamo la consapevolezza di ciò che questo governo reazionario e fascista sarebbe stato capace di fare in cosi breve tempo. La concezione aziendalista e classista della Ministra Gelmini e del governo sono evidenti nell'attacco senza precedenti alla scuola pubblica e ai diritti fondamentali di tutti i cittadini di questo paese come quello all'istruzione e alla formazione per tutto l'arco della vita. La CGIL e la FLC, insieme con i lavoratori, le amministrazioni democratiche, la società civile hanno il compito di contrastare su tutti i terreni le politiche di questo governo e di questo Ministro perché sono a rischio i principi della Costituzione Italiana e i diritti fondamentali per i vecchi e i nuovi cittadini di questo paese. Al nostro lavoro di gruppo hanno partecipato 22 compagni e compagne dando luogo a un dibattito interessante e produttivo.
I temi affrontati:
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La natura degli interventi della Gelmini, il taglio agli organici e uno studio dell'Isfol su “Livelli di istruzione della popolazione italiana” - su dati forniti da Forze di Lavoro - evidenzia che il 7,1% della popolazione attiva non ha alcun titolo di studio e il 21% solo quello della scuola elementare. I migranti che frequentano i CTP vengono penalizzati più degli altri corsisti perché diminuiscono gli spazi per l'insegnamento della lingua ma soprattutto quelli delconfronto e dell'interazione.
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Istruzione e formazione per tutto l'arco della vita come diritto di cittadinanza. Il ruolo fondamentale della scuola e dell'EdA per la costruzione di una società interculturale, dove le persone che vivono nel nostro paese a prescindere dal luogo dove sono nati, abbiano pari dignità e possano confrontarsi a partire dalla diversità culturale – religiosa – sessuale di cui sono portatrici come recita l'art. 3 della Costituzione e lo statuto della CGIL.
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Obbligo scolastico a 16 anni – non doppio canale. La formazione professionale ha un ruolo importante nel promuovere e svolgere corsi riguardanti il mercato del lavoro, i post diploma, la formazione lungo tutto l'arco della vita. (in Piemonte il 6,6% di allievi migranti si rivolge alla formazione professionale). Fondamentale è promuovere reti di scuole CTP/FP per garantire percorsi formativi che diano risposte alla aspettative e ai bisogni dei corsisti.
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Necessità del riconoscimento del titolo di studio per i ragazzi e gli adulti migranti presenti nel nostro paese (che a parità di condizioni di lavoro risultano spessissimo avere titoli di studio superiori a quelli dei lavoratori italiani).
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La Regione Lazio ha emanato una buona legge regionale sui diritti dei cittadini migranti stanziando significative risorse per l'istruzione e la formazione e università: il gruppo di lavoro ritiene importante promuoverne la conoscenza e aprire un confronto perché le altre regioni con governi democratici facciano leggi analoghe.
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Necessità che le agenzie formative presenti sul territorio facciano una formazione mirata al lavoro e una indagine puntuale e scientifica sul mercato del lavoro per favorire l'incontro tra domanda e offerta.
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Si è discusso del problema dell'Italiano L2 come lingua dello studio e non tanto della lingua della comunicazione che i migranti imparano piuttosto facilmente.
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Proposta di contrattare con le aziende a fianco dei corsi obbligatori sulla 626 moduli di lingua italiana come linguaggio settoriale.
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Formazione di insegnati “interculturali”.
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E' stato posto il problema dell'utilizzazione dei giovani docenti formati nella SIS come docenti di italiano L2.
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13:00
I lavori della mattinata sono sospesi e riprenderanno alle 14.30 con l'illustrazione delle relazioni dei gruppi di lavoro tenutosi nel pomeriggio di ieri e delle conclusioni di Donata Canta Segretaria della Camera del Lavoro di Torino.
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10:15
Inizia la Tavola rotonda coordinata da Salvatore Tripodi, Flc Cgil Nazionale.
Il primo gruppo di interventi riguarda la politica, o meglio di come le Amministrazioni Locali coniugano i loro problemi con l'obiettivo di favorire l'integrazione dei cittadini stranieri. L'imput viene dato dal moderatore che racconta:
" Io sono arrivato ieri dal Marocco e' ho assistito a scene terrificanti di ragazzi nascosti tra le macerie del porto di Tangeri pronti per saltare su qualche camion disposti a morire per attraversare il confine. Qui si tratta di affrontare la morte per la sopravvivenza: nessuna legge nessuna normativa può fermare questo."Passo la parola ad Andrea Ferrazzi, Vice Presidente e Assessore all'Istruzione della provinca di Venezia:
"Ringrazio tutti e ringrazio gli organizzatori per l'invito che mi consente di confrontarci su questo tema.
Io sono arrivato qui dal centro di Torino in taxi e alla domanda fatta al conducente come si vive a Torino lui mi risponde bene se non fosse per gli immigrati.
Questa è una cultura che si sta diffondendo in tutta Italia e nel Veneto è ancora più forte.
Due parole su quello che è il dato veneziano: esiste una presenza di immigrati nelle scuole al 9,3 % con picchi a Mestre del 12% e nel centro storico al 8% però bisogna tenere in considerazione che sono aumentati in 4 anni del 700%.
La nostra posizione non deve essere immaginare l'italianità come una cultura millenaria da preservare come qualcuno sta dicendo - le grandi culture sono state quelle che sono riuscite a trasformare le differenze in ricchezze - ma non deve essere nemmeno una posizione irenistica in quanto la vera integrazione non nasce da sola.
Una azione politica responsabile non può prescindere da una lettura della realtà , del contesto.
Cosa si sta cercando di fare?
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È stato creato un osservatorio permanente sull'immigrazione con l'inserimento di un grande progetto dal nome “Intercultura”;
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è stato rafforzato il ruolo del mediatore interculturale che diventa non solo strumento per l'integrazione dell'allievo all'interno della classe ma anche di integrazione della famiglia all'interno della società. Noi riusciamo a rispondere al 60 % delle domande. Questo perché? Perché la Regione Veneto non ha messo 1 euro sull'integrazione.
E come l'abbiamo finanziata non essendo una competenza provinciale? Facendoci cofinanziare dalla Fondazione bancaria di Venezia e creando una rete economuca tra i comuni.
La questione dell'integrazione nelle scuole va parallelamente a tanti altri progetti. Esiste un disimpegno dell'amministrazione in campi non di competenza, ad esempio partecipazioni in autostrade, per liberare risorse e reinvestirle nella scuola.
L'idea che sta passando è vedere la scuola come centro di sperpero. Per combattere questa ideologia dobbiamo essere in grado di proporre e non di difenderci in trincea. Oggi stiamo scontando altri momenti in cui non abbiamo avuto coraggio."
Interviene ora Ilda Curti, Assessore alle Politiche per l'integrazione del Comune di Torino.
"Torino è stata considerata città pioniera per quanto riguarda le politiche sociali a favore degli immigrati ma oggi l'approccio ad hoc presenta evidente debolezze:
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una scarsa integrazione tra diverse politiche
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una frammentazione di progetti ed iniziative, che oltretutto subiscono i tagli della spesa pubblica
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l'idea che gli immigrati rappresentino un unico target di riferimento che necessitano di un unico stadard di servizi
L'ingresso nella fase adulta per la città di Torino che da metà del 2006 ha istituito un nuovo assessorato con delega di “coordinamento delle politiche di integrazione dei nuovi cittadini e della rigenerazione urbana” significa riconoscere che la città oggi ha identità plurali, che gli immigrati non sono un unico target di popolazione e che esprimono bisogni plurali e differenziati.
Nel pensare alla città di domani oggi si tratta di mettere in atto percorsi differenziati, flessibili, capaci di dare risposte plurali ai bisogni plurali che i nuovi cittadini esprimono.
E' indispensabile sul tema dell'immigrazione superare la fase emergenziale e la sindrome di Penelope (fa di giorno e distrugge di notte) anche se io penso che ormai abbiamo la sindrome del cavallo di Troia (incunearsi e poi radere al suolo).
Quali sono le prospettive di lavoro su cui l'amministrazione scommette?
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Politica della prima accoglienza:fa riferimento all'attenzione posta ai nuovi arrivati, alle persone in situazione di irregolarità o regolari, che non si insedieranno necessariamente in modo stabile nel territorio urbano;
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politica di accoglienza specifica: interventi puntuali e necessari per assicurare l'adeguato insediamento delle nuove popolazioni nel nostro ambiente
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politiche di normalizzazione che prevedono la necessità di rendere universalmente accessibili i servizi in modo che la dimensione interculturale diventi prassi di normalità.
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Politiche volte al cambiamento culturale favorendo la vita in comune in un quadro sociale, culturale e etnico molteplice.
Investire sulla seconda generazione come risorsa fondamentale per costruire un futuro. La seconda generazione è parte della società italiana è indispensabile costruire politiche che consentano di valorizzare il loro essere ponti che collegano e non ponti sospesi tra due mari.
Questi sono ragazzi che vivono però una precarietà giuridica per il solo motivo di non avere la cittadinanza.
Le società vincenti sono quelle che investono sulle tre T: tecnologia, tolleranza e talenti.
Non so sulla tecnologia ma sicuramente sulla tolleranza e sui talenti noi dobbiamo maggiormente investire.
La scuola pubblica deve essere un luogo ad accesso universale dove le diversità culturali interagiscono.
Prosegue e termina il gruppo di interventi degli Amministratori Luigi Saragnese, Assessore alle risorse Educative del Comune di Torino.
"Confesso la difficoltà ad affrontare questo argomento nel quadro politico e economico in cui ci stiamo muovendo.
Questo perché è difficile pensare quali possono essere le azioni che un ente locale possa fare per l'integrazione quando siamo costretti a subire tagli come quello dell'Ici.
Bisogna smettere di pensare che l'immigrazione sia un processo non solo controllabile ma addirittura eliminabile.
A Torino nella scuola primaria in 3 anni è diminuito di 800 unità il numero di bambini con genitori italiani ed è aumentato nel contempo di 1000 unità il numero di bambini con genitori stranieri.
Questi cambiamenti ci impongono di costruire interventi elastici capaci di cogliere i bisogni emergenti e di dar loro risposte in tempi brevi e per far ciò bisogna assicurare condizioni di basequali accoglienza, corsi di italiano L2, mediazione, rinforzo e sostegno all'apprendimento, materiali tradotti in più lingue.
E' necessario che a livello regionale, provinciale, comunale si lavori di più per coordinare le risorse con cui sostenere il lavoro delle singole scuole autonome.
Quali sono i nodi critici?
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questione dei nidi: ampliamento dei nidi della città con un servizio universale che tenga conto, nella formazione delle graduatorie, dei bisogni educativi dei bambini e delle condizioni lavorative dei genitori;
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scuole e presenza di bambini stranieri: a Torino abbiamo una presenza del 20% e in alcune circoscrizioni abbiamo già superato il 30% quindi proposte di quote del 10% non tengono conto della realtà. Si tratta di intervenire per rendere più accoglienti tutte le scuole e non di spostare i bambini da una scuola all'altra;
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mediazione culturale: continuiamo ad avere grande difficoltà con le famiglie che non conoscono la lingua e quindi dobbiamo costruire delle relazioni permanenti sul territorio.
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insuccesso scolastico: gli alunni stranieri delle medie respinti sono quasi il doppio, in percentuale, rispetto ai ragazzi italiani riproponendo fenomeni che Torino ha già vissuto al tempo della grande ondata migratoria dal Sud degli anni '60.
Ora la parola passa alle associazioni professionali e sindacali. Si inizia con Lamine Sow, Responsabile immigrazione Camera del Lavoro di Torino.
“Il mondo del lavoro e il mondo della scuola sono gli unici luoghi dove gli stranieri trovano occasioni di partecipazione, dove hanno diritto di esprimersi partecipando all'elezione dei loro rappresentanti (RSU, rappresentanti di classe, di istituto, ecc...). Votare non significa solo partecipare, ma anche assumere un coinvolgimento più cosciente.
Il problema vero si pone quando escono da questi mondi, gli stranieri sono accolti solo in quanto lavoratori o studenti, la società non garantisce loro diritti di cittadinanza.
La convivenza è possibile solo tra uguali, se non vengono garantiti i diritti di cittadinanza la condizione di vita è quella della precarietà.
Il sistema dei diritti di cittadinanza non è un bene che venga garantito una volta per sempre: occorre mantenere la vigilanza sulla tenuta dei diritti acquisiti.
La scuola deve fornire strumenti ai nuovi arrivati per avviare percorsi di integrazione”.
Si prosegue con Carlo Mini, della Segreteria regionale FLC Piemonte, che Interviene sugli ambiti e sul merito della contrattazione di secondo livello con la Direzione Regionale.
“A livello regionale gli spazi di contrattazione su questa materia sono limitati all'art. 9del CCNL(Scuole a rischio e ad alto processo migratorio) ed alle risorse ad esso destinate.
La grande vivacità della scuola piemontese sulla questione dell'integrazione degli alunni stranieririchiederebbe un maggior volume di risorse, di investimenti e di organico dedicato.
A livello regionale si è ottenuto:
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Il consolidamento per l'a.s. di un organico di diritto di 10 posti (che ora giungono a 17 a livello regionale) su progetti per l'inserimento di alunni stranieri nella scuola primaria. Quest'anno vi è stato il tentativo di destinarli ad un'altra funzione.
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Con le risorse previste dall'Art. 9 per le “scuole a rischio e ad alto processo migratorio” fino all'a.s. 2006/07 erano a disposizione 2 milione di Euro; grazie al coinvolgimento della Regione Piemonte per l'a.s. 2008/2009, con un esborso pari a quello Ministeriale si è passati ad un a disponibilità di 5 milioni.
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Vengono finanziate cinque azioni tutte destinate alle fasce deboli nell'ambito di queste sono stati stanziati poco meno di 1 milione e mezzo di Euro da destinare alle scuole che hanno più del 5% di alunni stranieri; e stato attivato un monitoraggio sulle azioni da esse attivate e richiesto alle scuole il loro protocollo di intervento. Questo al fine di arrivare all'individuazione di uno o più protocolli da diffondere nelle scuole della Regione.
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Oggi la Regione Piemonte ha consolidato, nel piano triennale connesso alla Legge sul diritto allo Studio, le risorse per queste cinque azioni garantendo una stabilità nel tempo.
Se passerà il piano di tagli previsto dall'attuale governo non sarà possibile garantire gli attuali livelli qualitativi e quantitativi della scuola piemontese con grave pregiudizio anche di queste azioni.”
Dopo il sindacato la parola passa alle associazioni professionali con Domenico Chiesa, rappresentante CIDI.
“Per la scuola è giunto il tempo del fare.
Alcuni punti di riflessione:
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Sarebbe un fatto gravissimo se la scuola italiana facesse un passo indietro; non è sufficiente chiudersi alla difesa dell'esistente, bisogna progettare processi di innovazione.
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Alla fine del 2007 il Ministero della Pubblica Istruzione aveva pubblicato un volume intitolato “La via Italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni stranieri” che fine hanno fatto oggi quei propositi?
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Se la scuola italiana è riuscita a rispondere alla sfida dell'inserimento e dell'integrazione degli alunni stranieri, nella società è difficile che essi superino la loro connotazione di “stranieri”
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I ragazzi stranieri nelle nostre scuole saranno presto 20 milioni, dovranno diventare cittadini italiani conservando la loro specificità perchè essi costituiscono una grande risorsa.
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Il problema dell'integrazione dei cittadini stranieri non può essere affrontato da solo deve essere parte di un progetto complessivo di qualità della scuola.
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Necessità di sinergia, la scuola da sola non ce la può fare il Territorio deve condividerne le responsabilità.
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La scuola è la prima espressione di Stato che i bambini incontrano.”
Nunzia Del Vento, rappresentante ASAPI (associazione scuole autonome Piemonte), chiude gli interventi delle associazioni:
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L'integrazione è un atto culturale, politico attivo e concreto.
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Esiste un grande scollamento tra l'operare concreto della scuola e e il terreno politico e istituzionale.
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E' necessario intervenire sul terreno politico sul tema dell'acquisizione e della garanzia dei diritti di cittadinanza.
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Se la scuola non fosse stata puntuale nell'agire il tessuto sociale sarebbe già sfasciato.
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A Torino vi sono scuole che superano il 70% di alunni stranieri, la maggioranza dei quali di seconda e terza generazione con problemi diversi da quelli manifestatisi alcuni anni fa.
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La mediazione culturale è essenziale non solo per far dialogare i cittadini stranieri con gli italiani, ma anche di mettere in relazione i diversi stranieri tra di loro.
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A Torino esistono delle scuole di eccellenza, queste dovrebbero diventare dei Poli Culturali, dove devono essere investite risorse e dove debbono essere elaborati progetti di largo respiro e che garantiscano continuità nel tempo.
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E necessario pervenire ad una dimensione sistemica nell'affrontare la questione.
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E' necessario avviare politiche rivendicative adeguate che garantiscano alle scuole finanziamenti e risorse in tempi certi.
Prosegue Fernandez Silva Mabel, Presidente associazione “ALOUAN”, : "Il centro Alouan è nato nel 1998 è un centro di aggregazione e informazioni per giovani migranti e nativi, è attiva sul territorio torinese per:
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favorire l'acquisizione del diritto di cittadinanza ai cittadini stranieri;
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valorizzare le radici culturali degli stranieri;
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proporre attività interculturali.
L'attività è svolta da mediatori culturali che hanno collaborato e collaborano con le scuole di Torino e il suo interland.
La scuola riveste un ruolo molto importante come luogo di valorizzazione delle radici culturali dei giovani stranieri.
La qualità della convivenza e della società futura dipende dalle opportunità di crescita e formazione che i giovani trovano nella scuola.
L'intervento si conclude con un appello affinché gli stranieri possano diventare cittadini italiani a tutti gli effetti senza dimenticare le loro radici.
L'ultimo ad intervenire è Giovanna Pentenero, Assessore Istruzione e Formazione professionale – Regione Piemonte
"Motivo ricorrente di gran parte degli interventi è stato il tema del lavoro di rete tra tutti i soggetti che operano per l'inserimento e l'integrazione degli alunni stranieri.
Rete significa sinergia, far dialogare le politiche di tutti i soggetti mettendo al centro la questione del diritto alla cittadinanza.
La Regione Piemonte ha un piano triennale di intervento che fa riferimento alla Legge sul Diritto allo Studio; è un punto di partenza importante.
Nel piano sono previsti:
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Conferenza sul diritto allo studio con l'intervento di 70 soggetti che lavorano nel settore;
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Finanziamento di cinque azioni rivolte alle fasce deboli in cui si prevedono risorse a favore dell'inserimento scolastico degli alunni stranieri
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Integrazione da parte della Regione Piemonte delle risorse previste dall'art. 9 del CCNL a favore delle scuole a rischio e ad alto processo migratorio con lo stanziamento di una somma pari a quella messa a disposizione del Ministero.
Il Governo non costituisce in questo momento un referente che possa garantire continuità a questi investimenti. La politica governativa è orientata unicamente a contenere la spesa pubblica operando drastici tagli sia nel trasferimento di fondi agli enti locali sia nel settore della scuola pubblica.
Se non verranno ritirati i provvedimenti previsti da DL n.137 relativi al ritorno dell'insegnante unico e alla riduzione a 24 ore dell'orario scolastico nella scuola primaria, la scuola si vedrà privata di risorse irrinunciabili non solo nell'azione di inserimento e integrazione di alunni stranieri.
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09:50
Interviene Enrica Valfrè, Segreteria Camera del Lavoro di Torino, che spiega il senso del coinvolgimento e del ruolo della camera del lavoro e della CGIL sul tema dell'immigrazione.
La presenza di studenti stranieri nelle nostre scuole è in continuo aumento e cambia la loro caratterizzazione, a Torino vi sono scuole che superano il 50% di presenze di stranieri e alcune che sfiorano il 90%.
Per l'inserimento degli alunni stranieri vi è un grande investimento non solo di risorse, ma anche in termini di progettazione e di lavoro all'interno delle strutture educative e di accoglienza.
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E' necessario che queste buone pratiche assumano un carattere di sistematicità.
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E' necessario che le risorse siano spese nei modi più opportuni e adeguati.
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E' necessario avere una regia che dia un'ispirazione unitaria a tutti gli interventi.
Fornisce alcuni spunti di riflessione:
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Il Governo affronta la questione dell'immigrazione come un'emergenza.
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Il modello di immigrazione che si vuole proporre è quello di un'immigrazione temporanea (questo non solo da parte del Governo, ma anche da parte di Istituzioni Locali)
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Se l'immigrazione è pensata come un'emergenza o come fenomeno temporaneo si tende a dimenticare coloro che vivono stabilmente nel nostro paese e si colpiscono i loro diritti di cittadinanza
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Gli stranieri diventano il luogo dove si sfogano le nostre paure (insicurezza, precarietà, nuove povertà, ecc...)
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E' necessario attivare grandi campagne culturali.
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I tagli del governo producono l'effetto contrario di tutto ciò di cui abbiamo bisogno, i tagli nella scuola sono destinati a creare fenomeni di emarginazione.
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Il Governo taglia il finanziamento agli Enti Locali (9 miliardi negli ultimi 3 anni) questo significa colpire i servizi essenziali e il diritto stesso di cittadinanza dei più deboli.
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Complessivamente la politica del governo procede verso un impoverimento complessivo della nostra società, non solo impoverimento economico, ma anche del tessuto delle relazioni sociali.
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Importanza nel ribadire che i diritti fondamentali della persona (salute, formazione, assistenza, ecc...) devono essere garantiti e gestiti dal Pubblico
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Il Sindacato non deve solo difendere il modello delineato dalla nostra Costituzione, deve anche sapere fare proposte
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Il compito del sindacato è quello di contrattare i diritti di cittadinanza, con scuola, amministrazioni pubbliche, associazioni presenti sul territorio, in modo da procedere verso la creazione di una scuola e di una società più accogliente per tutti.
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09:40
Vai alla web cronaca della prima giornata
Con un "pizzico" di ritardo, riprendono i lavori della seconda giornata del convegno "Immigrati, scuola e diritti di cittadinanza" a Collegno. Il programma prevede nella mattinata l'intervento di Enrica Valfrè della segreteria della Camera del Lavoro di Torino e, lo svolgimento della tavola rotonda coordinata da Salvatore Tripodi (Flc Cgil Nazionale). Nel pomeriggio verranno illustrate le relazioni dei lavori gruppo, e le conclusione saranno svolte da Donata Canta, segretaria generale della Camera del Lavoro di Torino.
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