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Tecnici laureati, dopo 5 mesi le legge è ancora inapplicata. Il provvedimento stabilisce il riconoscimento al ruolo di ricercatori per 3.000 persone.

Le università non hanno nemmeno stabilito chi ha i titoli per partecipare ai concorsi

26/05/1999
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di SABINA MINARDI

A giudicare dalle polemiche, doveva essere un vero cataclisma. Una novità destinata a travolgere assetti accademici consolidati. Invece, a cinque mesi di distanza, il varo della legge sui tecnici laureati non ha prodotto alcuna conseguenza. E di concorsi riservati, per il riconoscimento al ruolo di ricercatori di oltre tremila tecnici, non c'é neanche l'ombra. A confermarlo è un'indagine tra gli iscritti alla Filtu, la federazione laureati tecnici universitari, che ha "fotografato" e diffuso on line lo stato di applicazione della legge 4/99 nei principali atenei italiani. Da Pavia a Perugia, da Ferrara a Sassari, la situazione è praticamente identica: ostilità dei rettori, nel migliore dei casi qualche impegno verbale. Troppo poco per poter ritenere applicata la legge. Che, pur con una formulazione frutto di stralci ed elaborazioni successive, modificava in maniera esplicita la materia, attraverso una serie di passaggi successivi.

Innanzi tutto, i presidi di facoltà avrebbero dovuto attestare l'attività di ricerca svolta dai tecnici, in modo da individuare gli aventi diritto alla partecipazione al concorso. Subito dopo, il rettore, coinvolgendo gli organi accademici chiamati a esprimersi sia sulla copertura finanziaria che sulle necessità di didattica e di ricerca, avrebbe dovuto bandire i concorsi interni. Tutto nel giro di cinque anni. "Si prevedono tempi applicativi lunghi, con concorsi centellinati e scaglionati lungo i cinque anni previsti dalla legge", commenta un ricercatore di Ferrara su una pagina del sito Filtu.

Restano, dunque, ancora in sospeso gli aventi diritto al concorso. Una sanatoria, contro la quale si erano scagliati tutti, dai dottori di ricerca alla Conferenza dei rettori. Ma i tecnici avevano difeso il provvedimento: noi non vogliamo alcun automatismo, avevano spiegato, ma solo concorsi ad accesso riservato in favore di una categoria che di fatto, da anni, svolge, all'interno delle università, incarichi professionali ulteriori rispetto ai propri compiti. Al di là delle polemiche, resta il fatto che la scelta di affidare l'applicazione della legge ai singoli atenei sta portando ad un nulla di fatto. Proprio come denunciato a suo tempo dall'Anaftu, l'associazione dei funzionari tecnici, che lamentava la mancanza di certezza sul numero di posti messi a disposizione dagli atenei, a fronte di tutti gli aventi diritto. E a rallentare ancor di più le cose potrebbe aggiungersi l'altra questione che, sin dall'inizio, fa da contrappunto a questa vicenda: la soluzione normativa per i ricercatori. L'istituzione della terza fascia dei docenti, ormai in dirittura d'arrivo, potrebbe essere il tassello mancante di un mosaico che non ha ancora la sua cornice: la definizione dello stato giuridico della docenza.