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Stato giuridico dei docenti: la protesta delle Università

Documento relativo all'Assemblea della Facoltà di Agraria dell'Università della Tuscia

10/11/2004
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Documento relativo all'Assemblea della Facoltà di Agraria dell'Università della Tuscia

Documento relativo all'Assemblea della Facoltà di Agraria dell'Università della Tuscia del 10 Novembre 2004 (firmato da circa 100 persone, tra
docenti, personale tecnico-amministrativo, studenti, dottorandi, assegnisti di ricerca, collaboratori a vario titolo, afferenti alla Facoltà di Agraria).

In occasione dell'assemblea, si sono riunite diverse componenti della facoltà di Agraria dell'Università della Tuscia, per discutere in merito al DDL Moratti e al DM 509/99 modificato. Erano presenti sia i docenti appartenenti alle attuali tre fasce, che rappresentanti del personale
tecnico-amministrativo e numerosi studenti, prestatori d'opera, borsisti e assegnisti di ricerca.

Sono stati discussi i probabili scenari che si verrebbero a realizzare nel caso che il DDL Moratti divenisse effettivo. L'Assemblea ritiene che la
"qualità" della didattica e della ricerca offerti dall'Università pubblica venga messa in crisi dalla normativa proposta, contravvenendo ai suoi stessi principi ispiratori, elencati nell'Art. 1.

Come si può pensare infatti di aumentare la "qualità", quando il ruolo degli attuali ricercatori, grazie ai quali si è potuta realizzare la riforma degli ordinamenti didattici, viene disconosciuto, messo ad esaurimento, e sostituito dal ruolo del "professore aggiunto" per il quale sono chiari i doveri, ma non altrettanto i diritti, né i riconoscimenti economici? Quando vi sono dei meccanismi di reclutamento dei docenti a tempo determinato regolati da meccanismi non necessariamente basati sul merito? Quando il dottorato di ricerca viene incentivato a parole, ma di fatto non viene richiesto per l'accesso alla carriera universitaria, anzi, viene addirittura computato negli anni di precariato, oltre i quali non è più possibile esercitare attività didattica e di ricerca? Quando i pareri delle Università, delle organizzazioni culturali, del CUN e della CRUI, nonostante numerosi e continuamente ribaditi, non vengono minimamente tenuti in considerazione? Quando viene approvata una nuova riforma dell'ordinamento didattico (il cosiddetto percorso a "Y"), mentre ancora non è stata fatta una valutazione dell'attuale? Quando viene abolita la distinzione tra tempo pieno e tempo parziale, di fatto disincentivando l'impegno accademico e di ricerca?

Tutto ciò è fortemente negativo per chiunque decida di iscriversi ad una qualsiasi Facoltà Universitaria e per coloro che vogliano intraprendere la
carriera Universitaria, a meno che non abbiano situazioni personali che possano far loro permettere di rischiare di arrivare a più di 40 anni (nel
caso di una carriera lampo...) senza avere una posizione soddisfacente, e non per demeriti, ma magari perché in quel momento non vi è la
disponibilità finanziaria! E inoltre, ci chiediamo: quale sarà il destino degli attuali ricercatori precari (assegnisti e collaboratori a vario titolo)? Quale sarebbe lo scopo della propria permanenza all'Università quando il ruolo al quale hanno ambito per anni scompare? Senza contare il disincentivo per coloro che finora hanno dedicato tutta la propria vita lavorativa al compimento dei propri compiti istituzionali, oltre che morali; per coloro che hanno lavorato duramente per rendere fattibile l'attuale riforma dell'ordinamento didattico, per poi scoprire che bisogna ricominciare daccapo, senza che nessuno si sia posto il problema di valutare se funzionasse o meno!

E' per questo che ribadiamo il nostro dissenso sia al DDL Moratti, sulla riforma dello stato giuridico della docenza universitaria, che al DM 509/99 modificato, sulla ennesima riforma dell'ordinamento didattico, e auspichiamo che le motivazioni qui riportate vengano prese in considerazione.

10 novembre 2004