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Contrari all'aumento dell'età pensionabile delle donne

Comunicato stampa dei Segretari generali Carlo Podda, FP Cgil, e Domenico Pantaleo, FLC Cgil.

29/01/2009
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Il Governo Berlusconi continua ad attaccare le lavoratrici ed i lavoratori del pubblico impiego: ora vuole cancellare il diritto per le donne alla pensione di vecchiaia a 60 anni e ridurre i coefficienti di calcolo.

Roma, 29 gennaio 2009
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Comunicato stampa
dei Segretari Generali
Carlo Podda - Funzione Pubblica Cgil
Domenico Pantaleo - FLC Cgil

L’attacco alle condizioni lavorative nel Pubblico impiego sono ormai una costante in tutti gli atti del Governo Berlusconi.
Il blocco delle assunzioni e il conseguente licenziamento di migliaia di precari, i provvedimenti della Gelmini su scuola università, ricerca e Afam, l’emanazione dei primi regolamenti attuativi relativi alla scuola, la legge 133/2008 che toglie diritti ai lavoratori e taglia drasticamente le risorse in tutti i comparti della conoscenza, la firma separata dell’Accordo quadro per il rinnovo del contratto del Pubblico impiego e gli accordi separati dei contratti nazionali dei ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici, sanità privata, scuola e università e per ultima l’intesa sulle nuove regole contrattuali, senza la firma della CGIL, che sancisce l’indebolimento del contratto nazionale, la riduzione delle retribuzioni e il drastico ridimensionamento del potere contrattuale del sindacato e delle RSU, evidenziano il tentativo di mortificare la funzione e la dignità dei dipendenti pubblici per poter privatizzare i beni comuni.

In tale contesto il Governo intende ora cancellare il diritto per le donne alla pensione di vecchiaia a 60 anni per cui dovrebbero andare in pensione di vecchiaia come gli uomini a 65 anni.

A ciò si aggiunge l’intenzione di rivedere i coefficienti che determinerà una drastica riduzione del valore delle pensioni che colpirà pesantemente soprattutto i giovani precari che avranno in futuro, se mai riusciranno a raggiungere i requisiti contributivi, pensioni di fame.

La presunta parità che si affermerebbe con l’elevazione a 65 anni dell’età pensionabile delle donne è una mistificazione inaccettabile perché da oltre 30 anni le lavoratrici italiane hanno la piena libertà di optare di prolungare l’attività lavorativa fino ai 65 anni come i loro colleghi uomini.
La verità è che il Governo punta esclusivamente a ridimensionare lo stato sociale, in perfetta coerenza con i contenuti del Libro verde di Sacconi e allo stesso tempo recuperare risorse da destinare ancora una volta al sostegno della finanza e dell’impresa.

Tutte le misure del Governo in materia di lavoro e stato sociale sanciscono nei fatti un’ulteriore discriminazione nei confronti delle donne, di negazione della loro dignità, soggettività e delle pari opportunità nell’accesso al lavoro e nei percorsi di carriera.

Per queste ragioni siamo radicalmente contrari all’aumento dell’età pensionabile delle donne e chiediamo interventi che facciano crescere le retribuzioni e le prestazioni pensionistiche.

Roma, 29 gennaio 2009