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Le assemblee studentesche: un provvedimento restrittivo e illegittimo

La Direzione generale per le politiche giovanili ha emesso una nota (n. 1911 del 24 aprile) in cui si afferma che, se le assemblee studentesche incidono sui 200 giorni effettivi di lezione, occorre recuperarne tanti quanti sono necessari per il raggiungimento del limite previsto.

29/05/2003
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La Direzione generale per le politiche giovanili ha emesso una nota (n. 1911 del 24 aprile) in cui si afferma che, se le assemblee studentesche incidono sui 200 giorni effettivi di lezione, occorre recuperarne tanti quanti sono necessari per il raggiungimento del limite previsto.
La nota ministeriale è stata emessa su indicazione dell’Ufficio Legislativo a seguito della richiesta di parere dell’Ufficio scolastico regionale della Sicilia. Tale ufficio aveva recepito al riguardo un problema posto dagli studenti di un Istituto superiore di Palermo che chiedevano al loro Dirigente scolastico di considerare le assemblee come attività didattiche e di computarle dentro i 200 giorni di lezione.
Per ora la nota ministeriale è arrivata solo alle scuole dell’isola. Ma è inevitabile che identiche istruzioni vengano impartite anche agli altri istituti superiori del Paese.
Riteniamo tale nota sbagliata e illegittima.
Sbagliata perché tende a comprimere diritti sanciti degli studenti che il Legislatore dei Decreti delegati del ’74 aveva voluto come strumento di partecipazione e momento di crescita culturale e sociale.
Collocare i giorni di assemblea (una al mese, con l’eccezione dell’ultimo) fuori dei 200 giorni di attività didattica significa non riconoscere più il loro valore formativo e partecipativo e scoraggiarne l’uso.
Illegittimo perché tale diritto nel D.D. configura le Assemblee come attività didattica e quindi ne colloca lo svolgimento all’interno del calendario dei giorni di lezione. Nessun provvedimento amministrativo può limitare e comprimere diritti sanciti da una legge.
Riteniamo altresì che questa nota rappresenti un attacco all’autonomia delle scuole e affronti i problemi sottesi a tale intervento con un’ottica centralistica e antiquata.
Se l’obiettivo dell’Amministrazione è quello di evitare usi impropri e abusi di questi spazi (è un problema reale, anche se non certo drammatico, che le stesse associazioni studentesche si sono posti), lo strumento non può essere quello della soppressione o del contenimento di un diritto, ma quello di una sua collocazione e gestione dentro gli spazi suoi propri che sono quelli del progetto educativo di scuola e della sua autonomia organizzativa e didattica regolata dalle leggi generali dello stato.
O questo provvedimento vuole essere anche un ballon d’assai per vedere le reazioni del mondo della scuola in vista di provvedimenti analoghi per tutto il personale?

Roma, 29 maggio 2003

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