
Integrazione degli apprendimenti e apprendimento individualizzato: il Ministero da organo di motivazione del personale ad organo di confusione e divisione
Ancora una volta, come in altre occasioni, si è seguita la strada del non ascolto e della non mediazione che divide e confonde.


Il Ministero dell’Istruzione, in merito alle attività di integrazione degli apprendimenti e dell’apprendimento individualizzato previste dal DL 22/2020 e da successive ordinanze attuative, con una apposita nota emanata nella giornata di ieri 26 agosto, fornisce alle scuole una discutibile interpretazione secondo la quale tali attività sarebbero da collocarsi nell’alveo degli adempimenti contrattuali ordinari correlati alla professione docente e non automaticamente assimilabili ad attività aggiuntive da retribuire con il salario accessorio.
La nota si lancia in una impropria distinzione fra attività che possono e non possono essere retribuite, non sulla base della natura delle stesse ma sulla base del periodo in cui tali attività vengono svolte (non retribuite se svolte dal 1° settembre all’inizio delle lezioni, retribuite se svolte successivamente).
Si tratta di una distinzione arbitraria, che non si trova nelle norme esistenti, non si trova nel Contratto e non la si trova neppure, checché ne dica il Ministero, nel citato DL 22/2020.
Di quest’ultimo si dà un’interpretazione speciosa, attribuendo alla nozione di attività didattica ordinaria un significato “a tempo”, quando invece attività didattica ordinaria ha un significato univoco e permanente, sia che essa venga prestata nelle normali ore di lezione, sia in aggiunta durante il periodo di attività didattica da calendario scolastico, sia in aggiunta durante i periodi dell’anno scolastico antecedenti all’inizio e successivi al termine delle lezioni.
È sconfortante dovere assistere a misure che invece di motivare scoraggiano, invece di promuovere confondono.
Con l’aggravante che un tale atteggiamento proveniente dall’alto, poco rispettoso di norma e contratto, venga caricato sulle spalle dei dirigenti scolastici, ai quali si chiede di organizzare a costo zero attività di recupero e integrazione e dei docenti ai quali si chiede di lavorare senza corrispettivo economico, magari con l’argomento irricevibile e inaccettabile che essi vengono da un anno in cui “sono stati a casa per sei mesi”, dopo che, a partire dalla Ministra, non si è persa occasione di elogiare lo spirito di sacrificio dei docenti che hanno fatto la loro parte e hanno permesso alla scuola di funzionare al massimo delle possibilità consentite dalla situazione.
Ancora una volta, come in altre occasioni, non si potrà evitare che parta la giostra dei professionisti dei ricorsi che questa volta avranno buone ragioni di appellarsi alla norma e al contratto violati. Così come sarebbe più che comprensibile se molti collegi docenti, per evitare contenziosi, programmino le attività di recupero a partire dal primo giorno di lezione anziché dal primo settembre. Questa ultima soluzione potrebbe essere quella più diffusa, anche perché le scuole in questi giorni stanno ancora tentando di organizzare la riapertura con i mille problemi: banchi che non arrivano, spazi inadeguati, trasporti non garantiti, personale insufficiente, assenza di indicazioni chiare da MI sui lavoratori fragili.
Laddove invece le attività possano nonostante tutto partire prima, andranno ovviamente giustamente retribuite dal Mof tramite la contrattazione di Istituto.
Ancora una volta, come in altre occasioni, si è seguita la strada del non ascolto e della non mediazione che divide e confonde, in una situazione che invece richiede di convogliare in una sola direzione tutte le forze contro l’attuale drammatica comune difficoltà, da cui solamente tutti insieme si può uscire.
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