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Bologna in Piazza per il tempo pieno

Venerdì 16 marzo a Bologna si è tenuta una riuscitissima manifestazione sul Tempo Pieno.

19/03/2007
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Oltre 3.000 persone, rispondendo all’appello lanciato solo una settimana prima, si sono date appuntamento ed hanno sfilato per le vie della città ribadendo che a settembre 2007 deve essere garantito il funzionamento delle 102 nuove prime classi di Tempo pieno richiesto dai genitori e che devono essere assicurati tutti gli insegnanti necessari ed il rispetto del modello orario ordinamentale compresa, quindi, la compresenza.

Nette le critiche al Ministero e all’amministrazione scolastica regionale e provinciale che su questo punto non avevano dato garanzie di alcun tipo nei giorni precedenti.

Alla manifestazione hanno partecipato anche Enrico Panini, per la FLC Cgil, Francesco Scrima, per la Cisl Scuola, e Pino Turi, per la Uil Scuola.

Nella rassegna stampa del sito i nostri navigatori possono vedere come la stampa ha affrontato l’argomento.

Avevamo chiesto ad un insegnante, Arturo Ghinelli, da molti anni impegnato nel tempo pieno di raccontarci la manifestazione. Lui, considerato l’ampio risalto dato dai giornali agli aspetti di cronaca, ha ritenuto più utile fare un breve bilancio della sua esperienza.

I frutti del tempo pieno

Insegno continuativamente nella stessa scuola dal 1980, avevo già insegnato nel tempo pieno, ma c’era stata un’interruzione dovuta al mio distacco sindacale per due anni. Quando sono rientrato a scuola sono andato ad insegnare nella scuola ”Giovanni XXIII°” posta nel quartiere Madonnina della città di Modena.

Siccome dopo tanti anni c’è ancora chi mette in discussione il Tempo Pieno, ho provato a riflettere sulla mia esperienza, pensandomi come un contadino che da tanti anni semina piante i cui frutti raccolgono altri.

Ho catalogato le mie piante a seconda dell’età che hanno raggiunto: 35 anni, 30 anni, 25 anni, 20 anni, 15 anni, 10 anni. Sono tutte distanziate di cinque anni, che è appunto il periodo di tempo in cui io le curo prima che si spargano per il mondo. Mi ha sempre fatto imbestialire l’anatema lanciato dagli allievi della scuola di Barbiana a noi insegnanti: -Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno il tempo di piangere.-

Per questo ho sempre cercato di seguirne qualcuno per ogni classe, ma non ho certo potuto seguirli tutti (nemmeno il botanico ET. ce l’ha fatta) e perciò parlerò solo di alcuni. Si tratta quasi sempre di quelli che mi avevano stimolato di più e mi hanno aiutato a crescere nella mia professione.

35 anni: si tratta della prima classe in cui ho insegnato al mio arrivo nella scuola, con questi ragazzi ho lavorato solo due anni: la quarta e la quinta. Tra questi alberi c’è una pianta molto robusta G., affetto dalla nascita da tetraparesi spastica, ha proseguito gli studi fino alla seconda superiore. Ha dovuto abbandonare quando è andata in pensione la sua prof di lettere, l’unica che era disposta a dargli una mano. Le scuole superiori dell’epoca ignoravano l’esistenza dei disabili, Sergio Neri non era ancora riuscito a far passare la Circolare che ne prevedeva l’ingresso anche alle superiori.

G. non si è dato per vinto, lavora al computer in un ufficio commerciale ed è andato a vivere da solo con l’ausilio di un assistente.

30 anni: questa classe che ho avuto per tutti i cinque anni, è stata quella che più di altre ogni tanto mi invita a cena per ricordare i bei tempi. F.si è sposata pochi mesi fa e ha invitato al matrimonio mia figlia, con cui era diventata amica.

F. si è laureata e ha trovato un lavoro in banca, per questo può farsi una famiglia.

25 anni: in questa classe ho piantato il primo seme venuto d’altrove. J. era andato ad abitare in provincia e ci eravamo persi di vista. Poi ho saputo dal giornale che è diventato un campionee si allena nel campo di atletica vicino alla nostra scuola. Da allora ci sentiamo e ho saputo che si è diplomato perito, lavora e alla fine del turno si allena perché ha un grande sogno: partecipare alle Olimpiadi di Pechino.

20 anni: li credevo ancora bambini, poi ho saputo da sua madre, che A. sarà presto padre, studia all’Università di Bologna con Frabboni e sogna di diventare attore, come gli scrissi io sul diario per la bella interpretazione che aveva fatto durante uno spettacolo in inglese.

15 anni: avevano sperato che andassi con loro alle medie perché era stata approvata la legge Berlinguer che avrebbe permesso ai maestri di insegnare nelle ex medie. Invece con loro è andata la Moratti, in compagnia di Bossi e Fini e così L. e M. hanno dovuto lasciare le impronte per transitare dalla scuola media. Oggi resistono ancora alle superiori, naturalmente sono uno al professionale e l’altro al tecnico. Per M. vado io dai prof a sentire come va, col permesso del papà, che si è fatto convincere a continuare a mandarlo a scuola dopo le medie.

L. è stato promosso in seconda con un debito in italiano, M. una volta alla settimana va allo sportello aperto dal suo prof di lettere.

10 anni: H. e R. per quattro anni hanno potuto seguire il corso di lingua araba che abbiamo tenuto nella nostra scuola, mi sembra perciò che sapranno resistere meglio dei due ragazzi che sono già alle superiori, sono più orgogliose della loro lingua e della loro cultura, anche se cantano insieme agli altri, ritmando come tifosi allo stadio :”Arturo … alle medie….vieni con noi!” è più per gioco che per necessità.

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Roma, 19 marzo 2007

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