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«Università aperta il sabato, daremo precedenza a matricole e laboratori»

Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano e presidente dei rettori italiani: «Il nostro impegno è garantire agli studenti almeno la metà delle lezioni in presenza. Niente plexiglas»

10/06/2020
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Corriere della sera

Orsola RIva

«Da Nord a Sud, tutte le maggiori università italiane si stanno organizzando per riaprire dopo l’estate — dice Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano e presidente dei rettori italiani —. Con un occhio alle matricole, che devono avere la precedenza assoluta in aula, e un altro a chi non riuscirà a frequentare».
Parla dei fuori sede?
«Ora di settembre spero che non ci siano più difficoltà a venire a Milano o in Lombardia. Penso semmai agli studenti internazionali che al Politecnico sono il venti per cento del totale. Per loro abbiamo già predisposto una piattaforma per trasmettere le lezioni in diretta streaming».
E tutti gli altri studenti?
«Gli altri potranno seguire le lezioni direttamente in aula. A piccoli gruppi naturalmente, per via del distanziamento. Questo significa che dovremo fare dei turni e allungare gli orari. Noi, per esempio, terremo aperto dalle 8 alle 20 e pure il sabato».
Come dite voi in gergo, la didattica ripartirà sì, ma in maniera «blended»: con un mix fra attività in presenza e lezioni online.
«Ogni ateneo farà i suoi conti. Il Politecnico si impegna fin da ora a garantire almeno un cinquanta per cento dell’offerta in presenza. Daremo la precedenza alle matricole e ai laboratori. Le lezioni più teoriche resteranno online».
Plexiglas o mascherine?
«Non mi risulta che nessuno dei miei colleghi stia predisponendo dei divisori. Sulle mascherine ci atterremo alle disposizioni in vigore».
E se ci fosse una nuova ondata in autunno o anche solo qualche focolaio?
«In quel caso si chiude subito. Ma intanto bisogna riaprire perché l’università è un percorso di crescita che si fa in comunità: le lezioni a distanza non bastano».I soldi stanziati nel Decreto rilancio basteranno a frenare la temuta fuga delle matricole? Già così siamo maglia nera in Europa per numero di giovani laureati.
«In dieci anni, dalla crisi del 2008, abbiamo perso il 5% degli studenti, ma nell’ultimo biennio c’era stata un’inversione di tendenza. Con i 165 milioni stanziati per il 2020 si potrà allargare la platea degli studenti che non pagano le tasse fino a un reddito di 20 mila euro e fare sconti a chi si colloca entro i 30 mila euro. Poi ci sono 40 milioni in più per le borse di studio. L’importante ora è fare in fretta per evitare che questa nuova emergenza costringa le famiglie a rinunciare all’istruzione dei propri figli. Se c’è una cosa che abbiamo imparato dal coronavirus è che abbiamo un disperato bisogno di capitale umano qualificato».
Molti atenei intanto lamentano di non avere abbastanza soldi per pagare gli scatti dei prof sbloccati un anno e mezzo fa.
«Per ora ci accontentiamo di incassare i soldi destinati agli studenti, poi certo dovremo tornare a battere cassa».
Come ingegnere avrebbe qualche suggerimento anche per la riapertura delle scuole?
«Non mi permetto di dare consigli, sennò finisce che facciamo tutti i ct di calcio. Posso solo dire che ora è il momento di osare. Dalla scuola all’università, dalla salute all’industria, dobbiamo tutti insieme ridisegnare una società più attenta al cittadino. Se tiriamo a campare, altro che fuga dei cervelli: rischiamo di svuotare il Paese».


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