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Unità: «Ricercatori tornati dall’estero: contratto prorogato di un anno»

Il sottosegretario Modica sui «cervelli» che rientrano: «Presto nuovo concorso»

18/08/2006
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l'Unità

di Gianni Parrini / Roma

FAR RIPARTIRE il programma per il ritorno dei cervelli e rinnovare di un anno il contratto di quelli che già lavorano nel nostro Paese. Il sottosegretario Luciano Modica illustra i prossimi provvedimenti del Ministero dell’Università e della Ricerca e risponde alla po-

lemica sollevata ieri su l’Unità dai quasi 500 studiosi, che dopo essersi specializzati all’estero, sono rientrati in Italia, chiamati direttamente dai nostri atenei per seguire progetti finanziati dallo Stato. «Le porte delle Università italiane sono aperte. - spiega Modica - Cercheremo di far venire nel nostro Paese i migliori cervelli e di far rimanere i più meritevoli come professori a tempo indeterminato». Questo esercito di ricercatori di alto livello - giunto in Italia a partire dal 2001, grazie ad un decreto del governo di centrosinistra che aveva invertito la famigerata «fuga dei cervelli» - rischia però di rimanere con un pugno di mosche in mano. Per tutti loro la speranza era quella di restare a lavorare stabilmente nei nostri atenei, ma la scarsità di risorse dopo il quinquennio Moratti e le logiche che muovono i meccanismi accademici, sembrano disegnare scenari plumbei. A far crescere la loro preoccupazione c’è una delibera emanata del Consiglio universitario nazionale (Cun) nello scorso luglio, in cui si delinea un orientamento ben preciso: le università potranno assumere come professori ordinari solo docenti che sono già di ruolo nelle università straniere. La linea sposata dal Cun sembra addirittura scontrarsi con la legge Moratti, che invece autorizza l’assunzione come ordinari di questi docenti, dato che il requisito dell'idoneità accademica di pari livello non è applicabile per le ovvie difformità dei sistemi universitari dei vari paesi.

Il sottosegretario Modica cerca di fare chiarezza sulla situazione: «Siamo di fronte a due questioni distinte. Il programma varato nel 2001 dal ministro Zecchino aveva lo scopo di far arrivare nel nostro Paese i migliori cervelli, italiani o stranieri che fossero, per seguire dei progetti di ricerca della durata di 3-4 anni. Il decreto ministeriale parlava di contratti a tempo determinato, che non prevedevano un inserimento automatico nelle università. Questo provvedimento nel febbraio scorso è stato interrotto, perché la Moratti destinò i fondi ad altre voci di spesa. A settembre il ministro Mussi ha intenzione di farlo ripartire. Dobbiamo dare una risposta a quanti avevano già presentato domanda per venire nel nostro Paese e a quelli che sono qui da qualche anno e chiedono il prolungamento di un anno del contratto».

Ma la questione è spinosa. I ricercatori, infatti, sostengono che la posizione assunta dal Cun è pretestuosa e volta a mantenere in vita un sistema che non sempre premia i migliori. I cosiddetti «cervelli», infatti, per arrivare nel nostro Paese hanno superato severe selezioni e non ritengono giusto dover ripartire da zero per ottenere un posto da docente ordinario. «La delibera del Cun è assolutamente preventiva - spiega Modica - credo che ci siano i margini per mediare questa posizione. Oltretutto la legge Moratti sembra consentire l'assunzione di questi ricercatori, ma se dovesse essere necessario siamo pronti a rivederla».

Il rettore dell’Università di Torino, Ezio Pelizzetti, non condivide le accuse mosse al sistema universitario italiano dai «cervelli»: «Non capisco perché questi studiosi non possono partecipare ai concorsi come fanno tutti gli altri. In realtà si continua a dire che il nostro sistema universitario è vittima di baronismi e patronati che non premiano i meritevoli. Quello delle università è un mondo verso il quale anch’io sono stato spesso critico, ma non si può sempre ragionare in termini di nepotismo. Credo che una soluzione per risolvere la questione potrebbe essere quella di destinare delle quote aggiuntive a questi studiosi formatisi all’estero, per inserirli nel nostro mondo accademico. Bisogna rendersi conto che è nel nostro interesse valorizzare e trattenere le persone più valide».


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