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Unità-Finanziaria, via libera a tagli e nuove tasse

Finanziaria, via libera a tagli e nuove tasse di Bianca Di Giovanni Una Camera messa sotto tutela dal governo ha dato il via libera in nottata alla legge Finanziaria. Oggi tocca al Senato, dove i...

29/12/2004
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l'Unità

Finanziaria, via libera a tagli e nuove tasse
di Bianca Di Giovanni

Una Camera messa sotto tutela dal governo ha dato il via libera in nottata alla legge Finanziaria. Oggi tocca al Senato, dove il testo - riveduto e corretto dopo gli appunti di Corte Costituzionale e Corte dei Conti e sotto il pressing del Quirinale - dovrebbe sbarcare in Aula attorno alle 9 per essere votato 12 ore più tardi. Anche se il sottosegretario Giuseppe Vegas non esclude l'eventualità di evitare il voto di fiducia almeno a Palazzo Madama per la quarta lettura.

A Montecitorio invece per far passare i 593 commi dell'unico interminabile articolo riscritto dal Tesoro (con qualche incursione della maggioranza) è servita l'ennesima fiducia, passata con 330 voti favorevoli e 144 contrari. Era presente in Aula anche Silvio Berlusconi, che in Transatlantico ha escluso tenzioni con il presidente della Repubblica a seguito dei rilievi sulla manovra avanzati da Carlo Azeglio Ciampi. Si tratta del 17esimo voto "blindato" in 12 mesi. Il voto sulla fiducia è arrivato attorno alle 20,30, ma tutte le operazioni - compreso il consiglio dei ministri con la nota di variazione di bilancio - sono terminate verso mezzanotte. Una marcia forzata in un "Parlamento snaturato e con una maggioranza trattata da braccio esecutivo del governo". È questo l'allarme lanciato dal presidente dei deputati ds Luciano Violante nella dichiarazione di voto.

"C'è uno scivolamento silenzioso verso una repubblica maggioritaria, che non si cura degli interessi del paese,mentre il Parlamento viene trattato da semplice notaio di decisioni prese altrove: è una grave minaccia per la democrazia - aggiunge l'esponente della Quercia - La legge finanziaria dovrebbe costituire la carta fondamentale per decidere anno per anno il tipo di meta che si indica alle famiglie, ai singoli, e alle imprese, i tempi, i costi i vantaggi e i sacrifici. Il testo che abbiamo davanti non risponde a questi criteri".

Poi il parlamentare ds punta dritto al "cuore" della manovra, quegli "sgravi" (si fa per dire) fiscali tanto propagandati dalla maggioranza. "L'opposizione è tutt'altro che contraria all'abbassamento delle tasse - dichiara - tanto che noi abbiamo abbassato l'Irpef di 10mila miliardi di vechcie lire nel 2000 e di 20mila nel 2001. Ma con questa manovra non c'è affatto una riduzione complessiva della pressione fiscale.

Questa era indicata al 41,2% quando il testo è uscito dalla Camera dopo la prima lettura, cioè quando non c'era ancora l'emendamento sugli sgravi ire. Oggi è rimasta al 41,2%. Senza contare che nel Dpef si indicava per il 2005 a legislazione vigente una pressione al 40,8% del Pil, dunque inferiore a quella indicata in Finanziaria. Il fatto è che a fronte delle aliquote più basse, si insericono maggiori imposte indirette, tasse e tariffe. Abbiamo calcolato che si tolgono dalle tasche degli italiani circa 12 miliardi di euro, a fronte di una riduzione di sei miliardi: si è dato con una mano e si è tolto con due". Senza contare che si è tolto a tutti per dare ai più ricchi. Una manovra "divulgata" più nelle sedi televisive (dove manca il contenzioso), che in Parlamento. Una manovra per il Palazzo, non per il Paese. "Agite come figli di un Dio maggiore - conclude Violante - per questo non avrete la nostra fiducia".

Complessivamente la manovra è di circa 28 miliardi, di cui 24 di correzione del deficit, che nel 2005 passerà dal 4,4% del Pil al 2,7%, e altri 4 destinati agli sgravi fiscali, che per competenza "valgono" 5,8 miliardi. Ma parecchie incognite pesano sull'efficacia effettiva delle misure contenute nel testo. In altre parole, sono in vista parecchi "buchi" di bilancio. Prima di tutto quella regola del 2%, cioè il "tetto" di spesa imposto alle amministrazioni pubbliche che dovrebbe fornire 9,5 miliardi per la correzione del deficit. Per alcuni ministeri si tratta di vere e proprie stangate, difficili da rispettare. Insomma, un "cappio" sempre a rischio sgarro. Molto dubbie poi risultano le correzioni al testo apportate durante l'iter parlamentare. Nell'ordine: la cancellazione degli automatismi per la revisione degli studi di settore (tra 1 e 2 miliardi di euro), la vendita delle strade a Ispa (infrastrutture Spa) con il relativo esborso di pedaggio (che non risulta in nessuna tabella), la revisione del blocco del turn-over delle Regioni che dovrà essere concordato con le amministrazioni decentrate. Tutte "voci" che non sembrano tenere alla prova dei fatti. In più si sono destinati circa due miliardi finanziati a debito per ripianare il disavanzo delle Regioni del Servizio sanitario nazionale. Una mossa che fa aumentare quella distanza tra fabbisogno e indebitamento su cui ha puntato l'indice l'Europa.


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