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Unità: «È discriminatorio, si torni alla legge Dini

intervista a Morena Piccinini - cgil

23/12/2008
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l'Unità

Di che parliamo? Già oggi le donne possono lavorare fino a 65 anni, ma si trascura di dirlo. Non a caso l’Unione europea non è mai intervenuta a sanzionare l’Italia, perché le pari opportunità sono rispettate. Rendere obbligatoria quella che oggi è una scelta, è a mio avviso una grande discriminazione. Corretto e auspicabile sarebbe tornare alla flessibilità in uscita che la Dini prevedeva con assoluta parità tra uomini e donne. Oggi le donne hanno un’età reale di pensionamento più alta degli uomini, perché cominciano a lavorare più tardi, perché non hanno un lavoro stabile o regolare per anni. La pensione a 60 anni è solo la prima delle possibilità di uscita. Costringerle a 65 è discriminatorio perché non è che nel corso della loro vita non abbiano fatto nulla: hanno avuto un lavoro discontinuo, al nero, hanno subito le irregolarità più disparate. In più avanzare questa proposta oggi, significa far pagare alle donne due volte il prezzo della crisi. Visto che sono le prime a rischiare il posto e che lavorano prevalentemente in settori meno protetti come i servizi, il commercio, le piccole imprese. Ammesso che ci sia un momento giusto per aprire il dibattito, non è certo questo. Parlarne oggi è criminale, è teorizzare in modo del tutto avulso dalle condizioni di lavoro. È una guerra santa, non importa a nessuno delle donne. La ratio di tutto questo, lo dice tra gli altri Lamberto Dini, è mettere le mani avanti su un possibile sforamento dei conti pubblici, rassicurare i mercati che l’eventuale buco verrà compensato dal grosso risparmio che si farà con questa operazione».