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Riformista-All'Università, più autonomia, più meritocrazia (e più soldi)

VESPAIO. PER LUIGI BERLINGUER L'APPELLO DEL RIFORMISTA E DI MAGNA CARTA È UN PASSO IMPORTANTE All'Università, più autonomia, più meritocrazia (e più soldi) "Sono convinto anche più d...

31/03/2005
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Il Riformista

VESPAIO. PER LUIGI BERLINGUER L'APPELLO DEL RIFORMISTA E DI MAGNA CARTA È UN PASSO IMPORTANTE
All'Università, più autonomia, più meritocrazia (e più soldi)

"Sono convinto anche più dei firmatari dell'appello che si debba entrare nel merito di proposte concrete per l'università. Ogni riforma provoca delle scosse che bisogna avere il coraggio di affrontare. D'altronde, un paese in cui non si protesta non è un paese democratico. Ma un paese dove si protesta e basta, è destinato al fallimento". Sull'appello per l'università accolto dal Riformista e dal sito della Fondazione Magna Carta, interviene anche l'ex ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer. Uno che per sua stessa ammissione ha "provato sulla propria pelle" cosa vuol dire impegnarsi per un tentativo di riforma nell'istruzione e nell'università.
Un terreno minato perché, aggiunge il consigliere del Csm, "il tema delle riforme provoca proteste proprio perché va a toccare interessi consolidati e culture del passato". Nonostante "sia facile per tutti essere d'accordo sul metodo, l'appello che il Riformista ha lanciato è senz'altro un passo importante", ammette Berlinguer. Che, comunque, non rinuncia a rincarare la dose sul problema dei finanziamenti pubblici alla ricerca. "Tutti i leader politici che insistono con gli slogan "più innovazione, più competitività" e via dicendo, puntualmente non trovano i soldi per la ricerca. Ma è da questa che dipende tutto il resto. Abbiamo bisogno di ricercatori giovani, bravi e volenterosi. Per questo, anche se sembra una banalità, servono i soldi". Per l'università italiana, l'uscita dal vicolo cieco è possibile - secondo Berlinguer - solo con la ricetta "più autonomia, più meritocrazia, più verifica", da applicare tanto ai docenti quanto agli studenti. "All'autonomia dell'università deve necessariamente corrispondere una maggiore responsabilità dell'università stessa. Proprio a causa dell'assenza di responsabilità degli atenei, molti riformisti si sono riconvertiti al neocentralismo, immaginando che ci siano dei monarchi illuminati in grado in grado di governare l'università. Ma questi monarchi non esistono". C'è anche bisogno di "più laureati, e la strada di porre ostacoli all'ingresso non è giusta e non funziona. La selezione va fatta durante i cicli di studio, stimolando le vocazioni di ciascuno". La stessa valutazione meritocratica, aggiunge Berlinguer, "va fatta sui docenti".
I fondi alla ricerca sono necessari ma serve coraggio. Uno degli ostacoli, e su questo Berlinguer è sulla stessa linea dei firmatari dell'appello, sono "i conservatori che si oppongono a qualsiasi cambiamento. Sono pochi ma monopolizzano il clamore e, di conseguenza, riescono a influenzare la politica. Ma non possiamo dimenticare le migliaia di studiosi che vogliono le riforme. Gente che lavora e non parla".
La strada verso un dialogo prosegue, le sottoscrizioni arrivano a decine. Anche le voci contrarie cominciano a farsi sentire. Flaminia Saccà, già responsabile università dei Ds, ha bollato il documento come "un generico appello alla moderazione". Dal coordinamento dei ricercatori universitari, Marco Merafina ha detto che "quello apparso sul Riformista è chiaramente un tentativo di chiedere una delega in bianco al mondo universitario da parte di docenti che tra l'altro hanno sempre avuto grande visibilità sulla stampa italiana" dietro cui non ci sarebbe altro che "un'operazione di potere che tende a ostacolare un reale cambiamento all'interno dell'Università". Ancor più duro Nunzio Miraglia, dell'Associazione nazionale docenti universitari. Secondo lui l'appello non è altro che "una vera operazione lobbistica intrapresa da potenti accademici".


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