FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3829329
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Repubblica: Una democrazia senza consenso

Repubblica: Una democrazia senza consenso

È ciò che stiamo diventando, un giorno dopo l´altro. Senza che si colga uno scatto, una reazione. O almeno un segnale di allarme.

18/12/2006
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

ILVO DIAMANTI

UNA democrazia senza consenso. È ciò che stiamo diventando, un giorno dopo l´altro. Senza che si colga uno scatto, una reazione. O almeno un segnale di allarme. Assuefatti, quasi fosse normale. Talora, perfino utile, in base a calcoli di opportunità. In questo Paese, dove il consenso è diventato una merce inesistente, più che rara. Il caso della sfiducia nei confronti del governo, rilevata da numerosi sondaggi negli ultimi mesi, è solo l´esempio più eclatante, ma non l´unico. Né, forse, il più grave. Anche perché da sempre, in tempi di finanziaria, il malessere dei cittadini, nei confronti del governo e della maggioranza politica, cresce.

Tuttavia, più del dissenso, più della sfiducia in sé, ciò che dovrebbe preoccupare il governo è l´assenza di un bersaglio specifico, sul quale si concentrino le critiche di cittadini. Il fatto che non vi sia una categoria sociale e professionale che si senta, più delle altre, danneggiata. O favorita. Segno che questa finanziaria non esprime una "missione". Oppure, almeno fino ad oggi, non è riuscita a comunicarlo. E quando ha tentato, lo ha fatto male. In modo contraddittorio. Senza riuscire credibile.
Tuttavia, l´opposizione di destra, quand´era al governo, non godeva di maggiore consenso. Berlusconi, che oggi mobilita il popolo della destra contro la finanziaria, quand´era al governo lui, l´anno scorso, mostrava un indice di fiducia non molto diverso da quello di Prodi, in questa fase. Molto più basso, comunque, rispetto agli altri leader alleati. Perché, ormai, il "consenso" è una risorsa scarsa. E agli attori politici conviene, assai più, agire sul dissenso, sulla sfiducia, sulla paura. Nei confronti dell´altro. Per cui cercano di fare l´opposizione, anche quando sono al governo. Come ha fatto Berlusconi, nell´ultimo mese di campagna elettorale. Alimentando la "paura" del futuro, in mano ai comunisti-statalisti, che, appena arrivati al potere, avrebbero agito sulla leva fiscale, senza freni. Ha rimpiazzato la delusione verso il passato con la paura del futuro. E oggi, naturalmente, segue la stessa rotta. Mobilita il popolo della destra, riempie le piazze. Alimenta il dissenso. Che, tuttavia, non lo risparmia. Visto che la sfiducia nel governo, fra gli elettori, non supera di molto, per livello, quella verso l´opposizione. Visto che l´Udc, secondo le più recenti stime elettorali (Polimetro di Ipsos), sembra quasi recuperare consensi. Beneficiata dalla sua doppia opposizione: al governo; e all´opposizione. Contro Prodi e contro Berlusconi. Essere contro. Paga.
Questa democrazia senza consenso. Affaticata dalla sfiducia che corrode le istituzioni. Perdono credito tutti i riferimenti, pubblici e privati, politici e sociali. Senza riserve. Lo Stato e la borsa. La magistratura e i sindacati. Le Regioni e le banche. La scuola pubblica e quella privata. Il Presidente della Repubblica, i Governatori e i sindaci. Il Nord e il Sud. L´indice di fiducia nelle istituzioni pubbliche (Indagine su "gli Italiani e lo Stato", Demos per "Repubblica"), dopo essere cresciuto fino al 2005 (media: 41%), nell´ultimo anno subisce un calo di 3 punti percentuali (38%).
Mentre la fiducia nelle rappresentanze economiche e nelle istituzioni finanziarie e di mercato, dal 2001 ad oggi, è crollata: dal 27% al 19%. Per sottolineare che il gioco della fiducia non è a somma zero. Perché non c´è qualcuno che beneficia di questo crescente flusso di sfiducia. Qualcuno che guadagna il consenso perduto dagli altri. Ci rimettono tutti. Ne soffrono anche le relazioni tra le persone. Visto che metà degli italiani ritiene che sia meglio "non fidarsi degli italiani" (Ipsos, novembre 2006). Questa sfiducia nello Stato, nella politica, nel mercato, nella società. È tanto diffusa, assimilata, che non è più considerata un problema. Ma un dato.
Talora perfino una risorsa. Tanto che, talora, viene riprodotta ad arte. Usata come un´arma: all´interno della società e del mercato; ma anche, soprattutto, della politica e dello Stato. Come dimostra, per ultima, la vicenda del riconteggio delle schede elettorali, deciso dalla Giunta parlamentare per le elezioni (dove l´Unione è in maggioranza). Riguarda le schede bianche di alcune Regioni, per il Senato. Mentre per la Camera coinvolge un campione di 6mila seggi elettorali di tutta Italia: ovvero 4 milioni di schede. Con il risultato, automatico, di confermare la fondatezza delle accuse di broglio lanciate prima da Berlusconi, all´indomani delle elezioni; poi, nelle ultime settimane, dal "Diario". Per "fare chiarezza", in realtà, si finisce per produrre l´effetto opposto. Si moltiplicano i sospetti sul voto; se ne delegittima l´esito. E, in fondo, si mina la credibilità delle istituzioni espresse dal voto: il Parlamento e il Governo, gli organismi pubblici. Ma si delegittimano, insieme, le decisioni che essi hanno preso fino ad oggi e che prenderanno, fino all´esito dei controlli. Che, a nostro avviso, non sarà mai definitivo, né immune da sospetti. Vista l´esiguità della distanza fra le coalizioni; e l´arbitrarietà che contrassegna, in molti casi, le scelte di convalida oppure di annullamento, effettuate dalle commissioni di seggio.
Vista la difficoltà di realizzare, davvero, questi controlli. Ad esempio: come verranno campionati i seggi? Chi li campionerà? Con quali criteri? Quale "scostamento" rispetto ai dati attuali verrà ritenuto significativo, per ritenere sospetto l´intero scrutinio? Se ciò avvenisse, quanti anni dovremo attendere prima che vengano scrutinati gli altri 35 milioni (e oltre) di schede? E, fino ad allora, con quale legittimità proseguiranno la loro opera le Camere e il governo?
Il fatto è che le elezioni costituiscono il nucleo fondativo della democrazia. Perché la "democrazia minima", formale, spogliata da altri criteri di "qualità" e di sostanza, si riassume nella competizione elettorale: libera e aperta, attraverso la quale i cittadini "decidono chi deciderà al posto loro". La rappresentanza. È il filo (il mito) della volontà popolare. Se si spezza, se solo si logora, è la democrazia stessa ad essere spezzata, logorata. Il dito e la luna. Per guardare la luna, proiettare in essa le nostre ombre, si preferisce spezzare il dito che la indica.
In questo Paese, dove il governo compete con l´opposizione sul terreno del malessere; dove nessun attore politico, ormai, si azzarda a tentare la strada del consenso, troppo aspra e difficile; dove le istituzioni pubbliche suscitano sfiducia in misura inferiore solo a quelle private; dove gli italiani diffidano dello Stato, ma anche degli altri italiani. Dove per rimettere in discussione il risultato elettorale, a proprio vantaggio (la luna), si delegittima il metodo democratico (il dito). In questa democrazia senza consenso: il 55% degli italiani (Demos per "Repubblica", novembre 2006) ritiene che «c´è troppa confusione, ci vorrebbe un uomo forte a guidare il Paese» (6 punti percentuali più di due anni fa). Certo, non bisogna attribuire troppo peso ai sondaggi. Spesso sbagliano. E poi, un uomo forte, in Italia, dove lo trovi? Però, di questo passo, qualcuno potrebbe anche farci un pensiero.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33
Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL