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Repubblica-Tranquilli, va tutto bene se non fosse per la lingua

L'INTERVENTO Università declassate, scuole in crisi. E l'italiano ne risente? Tranquilli, va tutto bene se non fosse per la lingua Sul vocabolario scopro la mia ignora...

02/01/2004
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la Repubblica

L'INTERVENTO
Università declassate, scuole in crisi. E l'italiano ne risente?
Tranquilli, va tutto bene se non fosse per la lingua
Sul vocabolario scopro la mia ignoranza biologica: ora esistono le vongole voraci
Da un testo per le medie: "I cavernicoli si difendevano dalle fiere usando lo spiedo"
UMBERTO ALBINI


È tutto a posto, ormai? Certo, per molte ore era mancata la corrente elettrica, però è successo anche negli Stati Uniti e in Danimarca, e la colpa è della Svizzera o magari della Francia. Comunque il Consiglio dei Ministri ha prontamente approvato un duro decreto antibuio. Forse l'emergenza, impaurita, si è dissolta. Ma esiste in Italia un altro buio, minaccioso e preoccupante, quello culturale e intellettuale.
Tralascio di parlare di fenomeni macroscopici come la riduzione di certe Facoltà a superliceo, l'Università a livello rinascimentale per nepotismo, la fuga dei cervelli verso centri di ricerca (e di assunzione) stranieri, l'imbavagliamento di voci televisive fastidiose o fuori dal coro. Vorrei invece soffermarmi su alcuni aspetti minori e spiacevolmente ridicoli della crisi in atto. Essi toccano vari settori e coinvolgono editoria, televisione, scuola.
Prendiamo i vocabolari, per esempio. Da due di essi ho appreso con addolorato stupore la mia ignoranza biologica. Credevo che le vongole si distinguessero in vongole comuni e vongole veraci (quelle con le cornine, per intenderci), invece in ben quattro voci un dizionario italiano francese e uno italiano tedesco specificano che esistono vongole comuni e vongole voraci.
Dobbiamo pensare a un refuso tipografico perversamente continuato? Eh, no. E io, sgomento all'idea di un digrignante sbattere di valve avide, ho deciso di rinunziare per prudenza agli spaghetti con le vongole. Non si sa mai.
Detto fra noi, ho sempre simpatizzato con i cavernicoli, che abbondano anche nella nostra epoca. Mi fanno tenerezza. Ma ignoravo, lo giuro, ignoravo che, bloccati nelle grotte, si difendessero dalle fiere con lo spiedo. È quanto mi rivela un testo per le scuole medie con balda sicumera in una frase da tradurre dal latino. Chissà se le tigri infilzate sul girarrosto costituivano un pranzo succulento.
Ma il black out cerebrale investe anche i nostri ineffabili politici. Con profonda saggezza uno di essi ha affermato in televisione di essere nemico delle previsioni, soprattutto del futuro. In effetti ha ragione, sono molto più attendibili le previsioni sul passato. E dalla soave bocca di un economista è uscita la massima "Questo deve tradursi in dei fatti". Cosa si intende con "dei fatti"? Delle divinità drogate?
Con rammarico ho constatato di essere un retrogrado in fatto di accenti. Ho sentito, sempre da un big della comunicazione, che "tutte queste sono ignominìe", con l'accento calcato sulla i, forse per sottolineare con un suono sorprendente e mirabile tutta la gravità di una critica insolente. Non molto tempo dopo, uno noto giornalista ha inferto un altro fiero colpo alle mie stolte convinzioni. Egli ha stigmatizzato la codàrdia di un politico. Certo la parola sdrucciola è più sinuosa e perfida che non il termine piano codardìa. Ma esito a aggiornarmi, cercherò, per prudenza, d'ora in poi di usare un vocabolo neutro come viltà.
Ma la regina della notte (tanto per richiamarmi a Mozart) resta la Ministressa della Cultura. Con la sua bacchetta magica accorpa e discorpora classi, docenti, materie in oscuri grovigli. E, zac! trasforma gli allibiti presidi in manager, con il compito non di curare la didattica, ma di reperire fondi per il buon funzionamento del proprio istituto. Lo ha recentemente ribadito qui a Genova un ingegnere, ispettore ministeriale, settore propaganda. Ma io se avessi avuto capacità manageriali mica facevo il professore. E tanto meno il preside.
Potrei continuare in questa antologia di fior da fiore, ma mi limito a auspicare fortemente che il nostro amato Presidente del Consiglio, tra un'emergenza e l'altra, si occupi, oltre che di un pio decreto salvaFede, di un decreto salvapatrimonio, naturalmente intellettuale e culturale.


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