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«Pochi compiti a Natale»: il regalo di Bussetti

E lo ha detto con qualche goffaggine sintattica il ministro laureato in Scienze Motorie, già docente di educazione fisica, allenatore di basket e dirigente al Provveditorato di Milano.

11/12/2018
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Il Messaggero

Marina Valensise
Ci voleva solo il regalo di Natale del ministro Bussetti perché il governo del cambiamento sfiorasse il culmine dell'autolesionismo. Nel corso di un incontro con il Garante per l'Infanzia, il ministro dell'istruzione, Marco Bussetti, ha infatti annunciato una prossima circolare per diminuire i compiti scolastici durante le vacanze. «Compiti che gravano sugli impegni delle famiglie e quindi vorrei dare un segnale», ha detto.E lo ha detto con qualche goffaggine sintattica il ministro laureato in Scienze Motorie, già docente di educazione fisica, allenatore di basket e dirigente al Provveditorato di Milano.
«Penso a questi giorni di festività e ai ragazzi e alle famiglie che vogliono trascorrerle insieme», e perciò meglio giocare al mercante in fiera, cimentarsi con la tombola, anche se i più piccini forse avranno qualche difficoltà a riconoscere sulla tabellina il numero estratto, e addio ai sussidiari, alla grammatica, al latino, e non parliamo di qualche libro superstite alla morte della cultura e all'agonia della scuola. 
Eh sì, perché di questa si tratta. Inutile girare intorno alle parole. Quando un ministro fa sfoggio dell'imperizia sintattica come se fosse una medaglia di virtù, quando persino a un premier, supertitolato sia pure con curriculum farlocco, cade sulla terza persona plurale del congiuntivo di un comunissimo verbo della seconda coniugazione, e infatti al professore, avvocato degli italiani, scappò detto scrivino sotto l'occhio delle telecamere, e quando un sottosegretario all'Economia liquida in tv con un «Questo lo dice lei» un luminare di quella scienza, noto internazionalmente per i suoi studi e la sua dottrina, che tentava pazientemente di spiegarle le conseguenze dell'aumento dello spread su banche e mutui, non potete stupirvi se il governo del cambiamento voglia apporre il suo marchio di qualità anche sulla scuola e decretare l'inutilità degli studi. 
Per carità, nessuno mette in discussione l'importanza della famiglia e la difesa del focolare domestico. Ma siamo sicuri di fare un favore ai nostri figli educandoli all'indolenza, all'ozio, e nemmeno creativo, raccomandando il niente compiti durante le vacanze?
Forse non è ben chiaro che i nati nel 2010 e anche i loro predecessori dovranno vedersela con una competizione di carattere planetario, e non più rionale o da cortile, come nella Napoli dell' Amica geniale. Forse è anche il caso di ricordare che in Cina, in Corea, in Giappone, e non parliamo delle grandi potenze del XX secolo, l'attenzione alla scuola e alla serietà degli studi è universalmente considerata la via maestra per garantire buone condizioni di vita ai singoli e il benessere dell'intera società.
Noi in Italia, invece, continuiamo a baloccarci con l'idea che la scuola non serve a niente, che conta solo l'intelligenza e la fortuna, meglio dire la furbizia e la raccomandazione, e i giovani che passano il tempo a leggere, a studiare, ad aprirsi la testa spingendo sempre più in alto la barra della conoscenza sono dei cretini, o dei secchioni, perché ormai si sa uno vale uno, la conoscenza inganna e in fondo il problema vero è la dignità. 
Molti sono convinti che il trionfo di quest'approssimazione da incolti e decerebrati sia un frutto guasto del nihilismo fuori tempo massimo della contestazione del 68, quando i figli della borghesia più ricca e fortunata nella storia dell'umanità, si rivoltavano cavalcando l'utopia dell'immaginazione al potere e la pedagogia antiautoritaria. Può darsi. Ma almeno all'epoca c'era ancora una solida base da distruggere... 
Predicare oggi il niente compiti nelle vacanze di Natale equivale a estendere la tabula rasa, seminando nel vuoto, seminando gramigne e piante infestanti che danneggiano le radici degli alberi da frutto. Se proprio non si vuole più riconoscere il merito, se non si è più capaci di incentivarlo con premi e ricompense, perché prevale l'insipienza digitale, dell'uno vale uno, del sapere come frode e della cultura come inganno, i ministri al governo lascino almeno in pace le famiglie, gli studenti, i professori, e si astengano dal danneggiare le nuove generazioni con direttive autolesionistiche, forse nemmeno utili a raccogliere voti.


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