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Manifesto: La ricetta utilitarista di Nicolas Sarkozy

FRANCIA Ridurre le spese e investire in eccellenza

29/12/2009
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il manifesto

Anna Maria Merlo

PARIGI
Il malcontento serpeggia nelle università francesi, anche se l'ampiezza delle proteste e delle manifestazioni dell'anno accademico 2008-2009 sono solo un ricordo. L'ultima giornata di protesta è stata il 15 dicembre scorso, ma è stata poco seguita. Quest'anno, la mobilitazione si è cristallizzata attorno al rifiuto della riforma del cursus universitario obbligatorio per diventare insegnanti. Per poter accedere al concorso per un posto di maestro delle elementari o di insegnante nelle scuole secondarie, ormai sarà obbligatorio avere un master (cioè 3+2), invece della sola licenza univeristaria.
Le proteste si attenuerebbero se la riforma volesse dire avere una migliore preparazione. Ma gli studenti, i professori, i sindacati, gli specialisti del settore, tutti sottolineano che, malgrado i due anni in più, la formazione dei futuri insegnanti sarà più scadente. Difatti, l'anno di stage in classe, che finora faceva parte integrante della fornmazione degli insegnanti, verrà sostituito da brevi periodi sul campo. Il ministro dell'Educazione nazionale, Luc Chatel, non intende cedere alle proteste, soprattutto perché la riforma, dietro il master obbligatorio, nasconde un obiettivo di risparmio della spesa pubblica: l'anno di stage era difatti retribuito (1350 euro al mese) per i circa 20mila insegnanti debuttanti che finora si affacciavano alla professione ogni anno, mentre con la riforma lo stipendio sparisce. I sindacati della scuola denunciano un ricatto economico, che finirà per favorire solo chi può permettersi due anni in più di studi. Inoltre, i concorsi, aboliti gli stage pratici, diventano sempre più teorici. I giovani insegnanti temono di trovarsi così sprovveduti di fronte alla loro prima classe.
Sarkozy ha grandi progetti per l'università francese, benchè anche per questo settore valga il principio applicato a tutto la funzione pubblica di non sostituzione di un dipendente su due che va in pensione. Una decina di giorni fa, nel presentare i contenuti del «grande prestito» che lo stato francese ha deciso di mettere in campo per favorire l'uscita dalla crisi, su 35 miliardi di euro di investimenti previsti, 18 andranno alla ricerca e all'università. Nessuno ha contestato questa scelta di fondo. Ma le critiche si sono concentrate sull'idea che sta dietro questo consistente investimento: Sarkozy vuole che in Francia si creino dei «centri di eccellenza» universitari, capaci di attrarre studenti da tutto il mondo e di venire classificati ai primi posti dalle graduatorie internazionali tipo Shanghai. Il presidente francese vuole cioè che le università collaborino più strettamente con l'industria. Che usino l'autonomia che è in corso di concretizzazione, per cercare sponsor e mecenati, per mettere gli atenei in concorrenza tra loro.
Per il momento è stato individuato il sito di Saclay, come primo «centro di eccellenza». Altri seguiranno. Gli sforzi verranno concentrati nel settore scientifico. Sarkozy ha sottolineato, nel discorso di presentazione degli obiettivi del «grande porestito», che, benchè la ricerca francese abbia buoni risultati, poi ci sono problemi nella loro traduzione in brevetti, utilizzabili dall'industria. Da quando è entrato all'Eliseo, Sarkozy ha più volte polemizzato con gli studi umanistici. Aveva affermato l'inutilità degli studi di archeologia, per esempio. Dopo che si era pubblicamente chiesto a che cosa poteva servire aver letto La princesse de Clèves per sostenere un concorso nella pubblica amministrrazione, questo libro di Madame de Lafayette è diventato il simbolo della resistenza della cultura di fronte a una concenzione solo utilitaristica dell'università. Studenti e professori temono che, con la messa in atto dei «centri di eccellenza», si instauri un sistema a due velocità nelle università francesi. Già ora, nei fatti, le differenze di livello tra diverse strutture sono una realtà.
Le università insediate nelle periferie delle grandi città, Parigi in testa, sono penalizzate, a cominciare dal fatto che sono frequentate da un rilevante numero di studenti con problemi economici, a favore dei quali le borse di studio non sono distribuite sufficientemente. Con i «centri di eccellenza» questo fenomeno è destinato ad accentuarsi, ampliando la doppia frattura tra università ricche e povere e tra facoltà scientifiche ed umanistiche. Lo stesso criterio sottende il progetto di trasformare in materie facoltative la storia e la geografia nell'ultimo anno del liceo S (scientifico), quello che raccoglie l'élite (sia i più bravi che i figli delle classi più abbienti, perché apre tutte le porte): una volontà di anticipare la specializzazione, in nome dell'efficienza e a scapito del pensiero critico.


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