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Manifesto: La guerra bipartisan contro la materia grigia

In quella «Guida Monaci» che è diventata la finanziaria, all'università, così come anche alla ricerca, sono dedicate poche voci. E quasi tutte annunciano un pessimo futuro

31/12/2006
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il manifesto

BenOlds

In quella «Guida Monaci» che è diventata la finanziaria, all'università, così come anche alla ricerca, sono dedicate poche voci. E quasi tutte annunciano un pessimo futuro. Il 2007 sarà pessimo per docenti, ricercatori precari e soprattutto per gli studenti. Il governo di centrosinistra ha, infatti, scelto la strada nota di un sostanziale disinvestimento per l'università e la ricerca, fino al paradosso che parte dei finanziamenti destinati all'università pubbliche - circa 100 milioni di euro - previsti in una delle precedenti release della finanziaria sono stati smistati a quelle private. Con buona pace dei riformisti, dei «radicali» dell'Unione e sopratutto del ministro competente Fabio Mussi. Ma con grande soddisfazione di quegli opinion makers (da Giavazzi a Panebianco, da Martinotti a Ichino) che da tempo hanno puntato l'indice contro gli atenei italiani, spacciando per toccasana le loro chiacchiere da bar dello sport sulla bontà del libero scambio e sulla concorrenza tra università pubbliche e e private. Questa finanziaria è un nuovo atto di una guerra bipartisan contro la «materia grigia». In alcune recenti inchieste condotte negli atenei italiani emerge un panorama contraddittorio, ma le cui tonalità dominanti sottolineano il degrado delle università italiane. E se negli anni scorsi, la tendenza prevalente tra gli universitari era di fuggire il più presto da una «fabbrica del sapere» che impone ritmi infernali per un un sapere sempre più serializzato. Ora gli studenti vorrebbero la traduzione effettiva di un diritto alla formazione continua, così tanto sbandierato dalla propaganda ufficiale e così tanto disatteso. E senza attendere autorizzazioni, autorganizzano corsi di formazione, oppure rimangono all'università anche dopo aver conseguito la laurea triennale. Emerge poi un rapporto conflittuale con il mercato del lavoro conflittuale. La maggioranza degli studenti è già forza-lavoro. Non solo perché svolgono tanti «lavoretti» - va de sé precari e malpagati - che danno corpo a quell'autonomia economica dalla famiglia divenuta un valore irrinunciabile nella propria educazione sentimentale. Ma soprattutto perché già lavorano gratuitamente per le imprese negli stage e nei corsi di formazione previsti in molti corsi di laurea. Dichiarare il «3+2» un fallimento è una pacata adesione a un senso di realtà disatteso da questo governo, sia nelle sue componenti riformiste che in quelle «radicali». Così come sarebbe un atto di realismo che la materia grigia blocchi la «fabbrica del sapere».


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