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La strana classifica dove l’ateneo privato batte le grandi facoltà

Università. Le graduatorie dell’Anvur. I dubbi sull’agenzia chiamata a stabilire la meritocrazia nella ricerca Fuori dai fondi ministeriali scienziati da Nobel e istituti di eccellenza Criteri discutibili e risultati paradossali

06/01/2018
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la Repubblica

ANNA MARIA LIGUORI,

ROMA

Sconfiggere i baroni, far crescere l’eccellenza negli atenei, stabilire criteri meritocratici. L’Anvur, Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca, nasce così, sull’onda delle campagne di stampa contro i prof pigliatutto e i concorsi truccati.

Nel 2010, mentre i ricercatori salgono sui tetti e gli studenti manifestano in strada, viene varata la Riforma Gelmini che assegna ampi poteri all’Agenzia istituita nel 2006. In particolare un potere assoluto sulla valutazione della ricerca, per poi decidere a chi vanno i finanziamenti, e quello dei “criteri e parametri”, con cui mettere fine all’arbitrio a agli interessi pilotati nelle procedure di reclutamento e promozione dei docenti.

«Una valutazione accurata, rigorosa e imparziale della ricerca svolta nelle università» afferma Sergio Benedetto, responsabile della Valutazione di qualità 2011-2014, pubblicata a febbraio 2017, «basata su dati attendibili e affidabili».

Eppure nelle classifiche Anvur, anche agli occhi dei meno esperti, non tutto torna. Come mai i due Politecnici del Nord vengono superati dall’ateneo telematico UniCusano (e anche da Messina) in un’area come l’ingegneria industriale e dell’informazione?

Come mai non viene premiato nemmeno un ateneo o un dipartimento che ha raggiunto risultati unici? E come vengono distribuiti i fondi statali per gli atenei migliori che ammontano quasi a un miliardo e mezzo in 5 anni? Perché l’Anvur conferisce la corona d’alloro a questa o a quella università, non valutando l’istituzione nel suo complesso ma decidendo in base alla qualità delle pubblicazioni dei docenti.

Il metodo è semplice: si fa la media delle votazioni avute dai ricercatori, date dallo stesso Anvur. Due lavori a testa. Così, una facoltà con un docente di spicco e due che non hanno pubblicato niente di rilevante risulta inferiore rispetto a quella che ha tre docenti con valutazione totale media.

Risultato: l’eccellenza scompare e viene fuori una strampalata classifica lontana dalla realtà.

Giuseppe De Nicolao, professore dell’Università di Pavia e redattore del blog Roars spiega questo meccanismo paradossale: «Nella classifica Anvur del febbraio 2017, Area 9 – Ingegneria industriale e dell’informazione, all’università privata Roma UniCusano viene assegnato il “voto medio normalizzato” 1,21; al Politecnico di Milano 1,04 e al Politecnico di Torino 1. Ed ecco i posti nella graduatoria: Roma UniCusano al 6° posto, Politecnico di Milano al 24°, Politecnico di Torino al 30°».

Ancora: con i criteri Anvur è prima in classifica per la Fisica la Kore, università privata di Enna, che non ha però la facoltà di Fisica. Ma ha soli tre docenti, la cui media ha elevato il punteggio della facoltà fino a portarla in cima. All’opposto invece c’è il dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma con il laboratorio di ottica quantistica in cui si studiano le proprietà dei fotoni: ci lavora Giorgio Parisi che nel 2011 ha vinto la medaglia Planck, il più importante riconoscimento per la fisica dopo il Nobel. Alla Sapienza l’Anvur non ha assegnato fondi per i più meritevoli, il super laboratorio è finanziato solo dai fondi europei.

In aiuto dei fisici italiani c’è tutta la comunità scientifica internazionale che “sconsiglia” questa metodologia di valutazione: la Fondazione Nobel, la Physician European Society, l’Agenzia di valutazione inglese, e tre premi Nobel per la Fisica Takaaki Kajita, Kip S. Thorne e Rainer Weiss che hanno scritto alla ministra Valeria Fedeli denunciando un paradosso: gli scienziati italiani a capo della missione Lisa dell’agenzia spaziale italiana, gli stessi che hanno reso possibile la rilevazione delle onde gravitazionali – una scoperta che è alla base del Nobel per la Fisica 2017 – per l’Anvur non sono da prendere in considerazione.

«L’Agenzia conosce il problema di alcuni settori della Fisica, e li ha già segnalati più di un anno fa. Si stanno cercando delle soluzioni» ammette il presidente uscente Andrea Graziosi (lunedì 8 gennaio si insedierà Paolo Miccoli, sotto accusa per aver fatto copia-incolla nel suo report di presentazione del programma). «Altro è la pubblicazione della valutazione di soli tre ricercatori come accade a volte. Questo non è opportuno perché si creano graduatorie irreali. Bisognerebbe cambiare la norma».

Ma non è solo la fisica sotto accusa. Uno dei casi più clamorosi è quello del dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia: il professor Michele De Luca dirige il Centre for Regenerative Medicine Stefano Ferrari e, insieme a Graziella Pellegrini, ha usato le sue staminali per guarire un “bimbo farfalla” malato di epidermolisi bollosa. Nell’elenco dell’Agenzia questo dipartimento è “mediocre” visto che galleggia a metà classifica. Michele De Luca non ci sta: «L’Anvur deve spiegare perché il nostro gruppo, punto di riferimento mondiale per la medicina rigenerativa con le staminali epiteliali, è considerato mediocre. Ma lo so già. Perché usa valutazioni completamente inappropriate. La ministra Fedeli si è congratulata con me.

Dall’Anvur niente».Un’altra nota dolente sono i docenti in pensione a cui è preclusa la possibilità di far conoscere il proprio lavoro scientifico. È il caso di Maria Salanitro, ricercatrice di Letteratura latina in pensione, grande esperta di Petronio: «Mi sono vista bocciare due lavori, hanno avuto una valutazione assurda dall’Anvur. In più non hanno letto le parti in greco, visto che che chi mi stava giudicando ha ammesso di non conoscerlo».


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