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Il pubblico in sciopero

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25/10/2001
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Il Manifesto
Il pubblico in sciopero
E' rottura tra governo e sindacati sugli aumenti degli impiegati pubblici. Già decisi vari scioperi, ma l'autunno caldo dei "travet" è soltanto iniziato
ANTONIO SCIOTTO - ROMA

Pubblico impiego, prima rottura con il governo sugli aumenti, partono gli scioperi. Tre milioni e mezzo di lavoratori, dalla scuola alla sanità, dall'università ai ministeri, scenderanno in piazza dopo l'8 novembre prossimo, in diversi scioperi di comparto che Cgil, Cisl e Uil devono ancora fissare. E, annuncia la Cgil, poiché in novembre dovrebbero essere avviate anche le trattative per i rinnovi dei contratti, se non venissero stanziate cifre sufficienti in finanziaria, si rischia un vero e proprio "autunno caldo". Nel frattempo, in polemica con i sindacati confederali, i sindacati di base (Rdb) della pubblica amministrazione hanno proclamato uno sciopero generale di 24 ore, per il 9 novembre.
La "rottura" con il governo si è consumata ieri, quando il viceministro dell'economia Baldassarri ha offerto ai sindacati un aumento dello 0,3%, a fronte di richieste ben più alte, del 2,2-2,3%, relative al recupero della differenza tra inflazione programmata e reale per il biennio 2000-2001. "E dire che abbiamo chiesto soltanto di adeguare gli indici", spiega Giampaolo Patta, segretario confederale Cgil. "I lavoratori, a causa dell'inflazione, hanno già perso circa 4 mila miliardi in due anni, che nessuno restituirà loro. Una scopertura ingiusta, che è necessario correggere almeno per gli anni a venire".
Il governo offre ai singoli lavoratori soltanto 8 mila lire lorde, anziché le 66-70 mila richieste dai sindacati. Con gli aumenti previsti per i prossimi due anni e l'andamento di settore, i sindacati, complessivamente, chiedono retribuzioni più alte del 6,5%, mentre il governo offre aumenti complessivi del 4,3%. "E inoltre - continua Patta - viene proposta una sorta di 'ammucchiata' tra il contratto nazionale e quelli integrativi, perché lo 0,3% offerto li comprenderebbe entrambi, mentre il recupero dell'inflazione riguarda il primo e i secondi si legano alla produttività di settore".
Il comparto dell'impiego pubblico, d'altra parte, ha subito negli ultimi 10 anni un netto ridimensionamento, con la spesa che si è ridotta di circa 50 mila miliardi, e che ammonta oggi al 10% del Pil, mentre prima raggiungeva il 12%. Ma il governo vuole tagliare sempre di più, e la via preferita sembra essere quella delle privatizzazioni. Importanti istituti come l'Istat, il Cnr, o l'Inail potrebbero diventare privati, senza che neppure il parlamento ci possa mettere bocca. "Non solo non siamo d'accordo nel merito - spiega il rappresentante della Cgil - perché verrebbero privatizzati istituti che dovrebbero basarsi proprio sulla imparzialità e sulla trasparenza per i delicati ruoli che svolgono, ma non ci va neppure il metodo che il governo vorrebbe usare per decidere sul loro destino: un semplice atto amministrativo. Per questo motivo, vogliamo che sia almeno il parlamento a fissare i paletti".
E poi le assunzioni e le esternalizzazioni, altro capitolo contrastato. I sindacati hanno già ottenuto che vengano tolti i vincoli statali su assunzioni e contrattazione integrativa negli enti locali, sbloccando il turn over, che però resta bloccato negli enti centrali. Le esternalizzazioni selvagge, invece, restano la minaccia più concreta, perchè non sono ancora chiari i limiti che vorrà fissare il governo. "Ben pochi, sembra - dice Patta - dato che rischiano di essere affidate a strutture esterne quasi tutte le figure della scuola, perfino gli insegnanti".
Tornando agli aumenti, il governo, quando ieri ha concluso l'incontro con i sindacati, ha detto ai rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil che "considererà le loro richieste". Insomma, uno spiraglio resta aperto, anche se non è stato fissato il nuovo incontro. I sindacati unitari, così, hanno deciso di proclamare singoli scioperi di comparto (oggi dovrebbero essere rese note le date), riservandosi di passare all'attuazione di uno sciopero generale della categoria, nel caso che il prossimo incontro con il governo dovesse naufragare.
All'orizzonte, si è detto, c'è comunque la scadenza dei contratti, da rinnovare entro il prossimo 31 dicembre. Il governo Berlusconi aveva già detto di volerli chiudere entro questa data, perché i lavoratori, per l'inizio del 2002, potessero vedere già applicati i nuovi contratti. Ma la rottura di ieri si è messa come un bastone tra le ruote delle trattative, e l'"autunno caldo" degli impiegati pubblici è più vicino.


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