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Il Conte bis cambi paradigma su scuola, istruzione e ricerca pubbliche

L’articolo di Francesco Sinopoli, Segretario generale della FLC CGIL, pubblicato sull’Huffington post.

29/08/2019
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L'Huffington Post

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha già espresso in più occasioni pubbliche la posizione del nostro sindacato sulla crisi di governo e sulla necessità di dare all’Italia quella stabilità politica che è necessaria per far ripartire il sistema economico e industriale, in modo che la crisi non venga pagata dalle lavoratrici e dai lavoratori.

In particolare, Landini ha più volte sottolineato, tra le altre, tre grandi questioni sul tappeto: l’arretramento del Mezzogiorno, con la conseguente massiccia migrazione di centinaia di migliaia di persone (decisamente assai più numerose rispetto a quelle che giungono sulle nostre coste); la necessità di investire molte risorse, ora più che mai, sul sistema dell’istruzione e della formazione; la cancellazione del progetto di autonomia differenziata, così come definito dal governatore veneto Zaia, e presente nella bozza della ex ministra Stefani.

Accanto alle 160 vertenze industriali ancora aperte; accanto al trattamento di vera e propria barbarie con cui vengono trattati i naufraghi recuperati nel Mediterraneo, sia nei lager libici che con la chiusura dei porti italiani, disposta ancora in queste ore dall’ex ministro dell’Interno; accanto a una crisi economica europea drammatica e alla crescita zero italiana che annuncia un futuro a tinte fosche, emerge una enorme, complessa, radicata “questione istruzione”, che, purtroppo, pochi governi in questi anni hanno affrontato con coraggio e determinazione, soprattutto dal punto di vista strutturale.

L’intero sistema dell’istruzione pubblica è in fase di estrema sofferenza, e non basta citare qualche illustre caso di eccellenza per svicolare dal centro della questione. Ora, però, ci sembra che pur essendo questa una delle questioni centralissime più volte riecheggiata nei documenti dei sindacati, delle associazioni, dei movimenti, non abbia ancora ricevuto quell’attenzione particolare che essa merita nel confronto sul programma dei partiti che daranno vita al nuovo governo. Ci permettiamo, allora, di dare noi della Flc Cgil alcuni suggerimenti utili al confronto.

Intanto, intervenire sul sistema dell’istruzione pubblica significa immaginare un’elaborazione strutturale dei cambiamenti possibili che non sia subalterna alla logica del tempo breve, dell’oggi. La scuola, l’università, la ricerca, le accademie italiane vivono una fase di acuto sottofinanziamento. Ce lo dicono tutti gli indicatori nazionali e internazionali: siamo sotto di almeno un punto di Pil rispetto alla media europea, pari a circa 18 miliardi.

Di fatto, negli ultimi dieci anni, i governi hanno affrontato la crisi economica con tagli lineari, colpendo massicciamente l’istruzione pubblica, depotenziandola, deprivandola di futuro. Si tratta di miopia politica. Ed è per questa ragione che siamo allarmati e proponiamo al nuovo governo un vero e proprio cambio di paradigma sul sistema pubblico dell’istruzione e della formazione: come hanno fatto Francia e Germania, per esempio, la crisi va combattuta proprio sul terreno del rilancio degli investimenti in istruzione e ricerca, in conoscenza, nel potenziamento del lifelong learning.

Insomma, un governo stabile e di progresso non può non garantire, nella fase difficile che stiamo attraversando, una priorità politica all’istruzione e alla ricerca pubbliche, accrescendo le risorse ed elaborando una riforma complessiva e razionale dell’intero sistema. Una riforma che abbia tuttavia una bussola puntata sulla necessità di elevare il carattere nazionale dell’intero sistema. E non solo.

Seguendo la strada maestra indicata dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione, e seguendo la strada maestra illustrata da intellettuali del calibro di Tullio De Mauro, è urgente ripensare la scuola e l’istruzione come luoghi dove si combattono e si superano le disuguaglianze, sociali e culturali, non dove esse vengono artificialmente alimentate, come invece detta ancora la vulgata neoliberista, che tanti danni ha prodotto al nostro sistema.

Una Costituente della scuola e dell’istruzione pubbliche potrebbe essere una prima risposta alla necessaria rielaborazione della riforma complessiva e strutturale. Noi ci siamo.

Ed ecco perché siamo contrari a ogni forma di autonomia differenziata che coinvolga la scuola e il sistema dell’istruzione pubblica. Non è certo con le vecchie e nuove gabbie salariali che si garantisce la copertura di decine di migliaia di cattedre scoperte al Nord.

Come pensa, sbagliando, il governatore della Lombardia, il leghista Fontana, orfano dell’autonomia differenziata. Non è quella la soluzione. Occorre ripensare il sistema del reclutamento su base nazionale e contemporaneamente occorre risarcire chi lavora e opera nelle scuole, nelle università, nelle accademie e negli enti di ricerca siglando il rinnovo del contratto nazionale scaduto, stabilizzando le enormi sacche di precariato ancora presenti, riportando gli stipendi a livelli davvero europei. Ecco, se si vuole, questa sarebbe una vera discontinuità, sia rispetto alle politiche del passato, che ai progetti in corso d’opera.

Infine, vorremmo anche qui, anche noi, sottolineare, come ha già fatto Maurizio Landini, il legame ormai strettissimo che lega la conoscenza a un diverso modello industriale. Greta Thunberg ha scosso il mondo, insieme a milioni di studenti, chiedendo quale sia il senso dell’istruzione e del sapere in un mondo privo di futuro per l’umanità.

Papa Francesco ce lo ricorda spesso: la nostra responsabilità dinanzi al mondo che divora e distrugge il pianeta in cui vive, dinanzi alle nuove generazioni, dinanzi a miliardi di poveri è quella di ricostruire un nuovo umanesimo, che guardi alle persone, tutte, nessuna esclusa, e ai loro bisogni, ovunque abitino in questa Terra.

E dove si costruisce questo umanesimo se non nelle scuole, nelle università, nelle accademie? Dove si costruisce un nuovo umanesimo che guardi empaticamente alla Terra? Dove si costruisce un nuovo umanesimo nel quale le persone del nord non guardino da un’altra parte mentre la desertificazione ne colpisce e uccide miliardi al sud, se non in quel mondo dell’istruzione?

Il prossimo 27 settembre saremo anche noi con i movimenti dei Fridays for future. E il 25 settembre, al Cnr di Roma, accenderemo il dibattito pubblico sul senso del cambiamento dei paradigmi produttivi con scienziati, filosofi, docenti, e con Maurizio Landini.   

Ecco, questi sono alcuni dei punti sui quali vorremmo che il nuovo governo si interrogasse e ci interrogasse.


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