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I 'pentiti' della scuola scelta, metà degli studenti italiani non rifarebbe le stesse superiori

Nel rapporto AlmaDiploma i risultati sul percorso che si intraprende a 14 anni. Troppi ragazzi incerti sul futuro professionale e formativo avranno difficoltà anche nella carriera universitaria: "Serve una politica di educazione ad hoc per aiutare gli adolescenti"

15/12/2016
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA. Come dice il titolo dell'ultimo rapporto di AlmaDiploma, c'è dis-orientamento tra gli adolescenti a scuola. Sì, quasi metà degli studenti italiani è pentita della scelta scolastica fatta a 14 anni. Su quarantamila diplomati a luglio 2016, in 261 istituti scolastici di sei regioni che hanno aderito al progetto, il 47 per cento tornerebbe indietro, ai tempi dell'iscrizione all'istituto superiore. Tredici su cento ripeterebbero il corso scelto, ma in un'altra scuola. Otto sceglierebbero un diverso indirizzo-corso dello stesso istituto frequentato e ventisei cambierebbero scuola e indirizzo: un quarto di ragazzi, ecco, ha sbagliato la prima decisione scolastica importante.

La quota dei diplomati che avrebbe voluto cambiare percorso sale al 52 per cento tra chi si è graduato alle scuole professionali, si attesta al 48 per cento tra gli istituti tecnici e scende al 45 per cento tra i liceali. Se si esaminano i motivi, si scopre che il 41 per cento cambierebbe per studiare materie diverse, il 20 per cento per compiere studi che preparano meglio al mondo del lavoro, il 16 per cento per realizzare studi più in sintonia con la futura università.

È il dato più interessante, quello sui pentiti adolescenti, che si trova nell'ultimo lavoro AlmaLaurea, consorzio interuniversitario che di recente ha iniziato a indagare i diplomati e gli iscritti alle scuole medie per cercare di comprenderne, e magari orientare, le future scelte d'ateneo. Nell'analisi della fascia scolastica successiva, i diciannovenni alla vigilia della scelta della facoltà, le cose migliorano. A questa età la quota dei disorientati, ovvero coloro che sono incerti sul proprio futuro formativo e professionale, scende al 13 per cento. Al ventuno tra chi ha frequentato un istituto tecnico, al sette tra chi si è diplomato in un liceo.

Focalizzando l'attenzione sui soli diplomati del quinto anno, emerge che il 22 per cento sceglierebbe un percorso di laurea non in linea con le proprie attitudini, quota che sale al 30 per cento tra i professionali. Colpisce che tra chi si iscrive a un'area che garantirà uno sbocco nell'insegnamento, il 62 per cento lo fa senza particolari attitudini né motivazioni. Sono molti, troppi, i docenti privi di vocazione che probabilmente vedono in quell'approdo un posto sicuro. Gli ingegneri "costretti" sono il 36 per cento, gli architetti il sedici, i medici l'otto, gli psicologi il quattro e tra chi sceglie un indirizzo universitario giuridico (futuri avvocati, magistrati e pure manager) solo il tre per cento ha dichiarato di aver scelto un corso di laurea sgradito.

Renato Salsone, direttore di AlmaDiploma, dichiara: "L'Indagine mostra la necessità di una vera e propria politica di educazione alla scelta. Oggi più che mai per le scuole è necessario dotarsi di strumenti sistematici e sostenibili nel tempo, a partire dalla secondaria di primo grado. La transizione tra medie e superiori è una delle fasi più delicate del processo di scelta dello studente".

AlmaDiploma ha avviato un percorso di formazione riservato a docenti, genitori e, in questa fase sperimentale, quattromila studenti. Le scuole italiane, oltre ai sempre più affermati Open Day, giorni dell'anno in cui si ricevono le famiglie e si illustrano i propri progetti formativi, per affinare l'orientamento hanno a disposizione l'alternanza scuola-lavoro in terza e quarta superiore (il 57 per cento dei diplomati 2016 ne ha svolto almeno un ciclo), le esperienze di lavoro all'estero (il 5

per cento degli intervistati) e ancora di più i periodi di studio in paesi stranieri (possibili al 35 per cento degli studenti intervistati con 55 diplomati su 100 che dichiarano di avere una buona conoscenza dell'inglese scritto e 33 su 100 con un diploma che ne attesta le competenze).