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I lingotti (pedagogici?) di Bankitalia

Se le banche si prendono cura delle sorti della nostra scuola, potremmo convenire, siamo sulla buona strada, perché si intuisce un recupero di centralità di ruolo per l’istruzione pubblica

18/12/2011
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ScuolaOggi

Fa sempre più effetto prendere atto dell’imponente intervento del sistema bancario ed imprenditoriale italiano nel dibattito sulla scuola. E’ un dato che potrebbe far piacere: finalmente la società civile (e dunque anche il mondo delle imprese) si accorge del nostro sistema educativo, non lo considera più un ente inutile, improduttivo, e lo invita a stare al passo con i tempi e con le esigenze della contemporaneità. Ci sovviene, però, il pacato monito rivolto alla scuola dal Cardinale Martini a prendere le distanze dai clamori del mondo e a ritagliarsi uno spazio vitale di riflessività, di saggio silenzio rispetto a rumori spesso inconcludenti. C’è sempre una dimensione disinteressata della scuola di cui essere amici[1].

Se le banche si prendono cura delle sorti della nostra scuola, potremmo convenire, siamo sulla buona strada, perché si intuisce un recupero di centralità di ruolo per l’istruzione pubblica.

Forse si è capito che investire, spendere, destinare maggiori risorse alla formazione dei nostri ragazzi conviene al nostro Paese ed ai suoi cittadini, perché può aiutare la ripresa, l’economia, il made in Italy, l’innovazione. Forse nasce di qui l’interesse di Fondazioni e Banche (Fond. Agnelli, Fond. S.Paolo, Associazione Treellle, ecc.) verso la scuola, le sue criticità, ma anche le sue buone pratiche.

Da questi novelli “mecenati” provengono rapporti, ricerche, progetti, addirittura la com-partecipazione alla messa in opera di iniziative ufficiali nel campo della valutazione di sistema[2]. Sembra quasi che la scuola, ai vari livelli, non sia in grado di esprimere un proprio punto di vista sul futuro, di formulare un pensiero, una analisi critica, proposte di miglioramento. Ma ve lo immaginate se noi, poveri uomini (o donne) di scuola, ci permettessimo di suggerire alle banche dove investire, come gestire il risparmio, come trattare debitori e creditori… E dire che lo “spread” dell’istruzione italiana è inferiore a quello del nostro debito pubblico, soprattutto per le regioni più virtuose (v. Ocse-Pisa, 2009).

Purtroppo è in atto l’abbandono di tutte le strutture di supporto tecnico alle scuole, dalla ricerca educativa alla formazione in servizio. Non ci sono finanziamenti ad hoc e stanno scomparendo anche le persone e gli organismi dedicati: ispettori, Irre, uffici studi, reti di scuole, centri per insegnanti, figure di sistema, laboratori, ecc. Dicono che è un lusso che non ci possiamo più permettere. Se hai bisogno di consigli ed aiuti, entri in piattaforma, fai il numero verde, manda una mail e, oplà, il gioco è fatto!... sperando che qualcuno ti risponda!

Ciascuno però dovrebbe stare ai propri compiti istituzionali. Ben vengano – dalle Banche - i contributi alla ricerca, gli aiuti materiali alla scuola (molte Casse di Risparmi e istituti di credito lo fanno con meritoria continuità e spesso senza grandi clamori). Ma le prospettive, la vision, la definizione di strategie per lo sviluppo della scuola dovrebbero essere di competenza dei decisori pubblici, di chi opera nella scuola in primo luogo.

Insomma, l’autorità di vigilanza sul sistema bancario, Bankitalia, vigili con attenzione sulle possibili invasioni di campo delle sue aziende vigilate. Un po’ lo sta già facendo. Ci riferiamo agli interventi dei suoi governatori (Draghi e ora Visco), alle ricerche del suo prestigioso Uffici Studi, dalle cui fila proveniva l’ex-Presidente dell’Invalsi, Piero Cipollone[3]. E’ vero, dietro l’angolo ci stanno pur sempre i lingotti d’oro del forziere di Via Koch, ma le riflessioni di Bankitalia sono tra le poche a sottolineare il valore dell’istruzione ed il suo ruolo di emancipazione e di ascensore sociale. Mario Draghi[4] si sbracciò invano contro i legami di censo, di ceto, di famiglia, di territorio, che impedivano di premiare i “capaci e meritevoli”, Ignazio Visco[5] più recentemente ha tessuto le lodi del pensiero critico, della creatività, del lavoro collaborativo. Nel citatissimo seminario Miur-Ocse del 7 dicembre 2011[6] sul progetto “Valorizza”, il rappresentante di Bankitalia (Paolo Sestito) è stato tra i pochi osservatori a mettere in guardia per l’eccessivo uso dei test nella rilevazione degli apprendimenti (con gli indesiderati effetti di cheating[7] o teaching to test[8]) o per la contrapposizione tra valutazione individuale e competitiva dei docenti ed il loro necessario operare in collaborazione di intenti.

Suggerimenti da leggere con attenzione, proprio perché provenienti da fonte (non) “sospetta”!

 

[1] M.C. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, Bologna, 2010.

[2] Ci riferiamo ai progetti sperimentali “Valorizza” e “VSQ” promossi dal MIUR per verificare la possibilità di riconoscere in forma selettiva elementi di premialità ai docenti, il primo, e alle scuole considerate migliori, il secondo.

https://www.flcgil.it/sindacato/documenti/miur/materiali-progetto-sperimentale-valorizza-e-vsq-per-valutazione-delle-scuole-e-dei-docenti-giugno-2011.flc

[3] Di Piero Cipollone si ricorda il suo impegno per un “patto d’onore” tra scuole ed Invalsi, con l’impegno di non rendere pubblici i dati delle rilevazioni INVALSI, ma di consegnarli in via riservata ad ogni scuola, per favorirne la responsabilità nell’assunzione di strategie di miglioramento.

[4] Il riferimento è alla prolusione di Mario Draghi su “Istruzione e crescita economica” tenuta alla LUISS di Roma il 9 novembre 2006, in occasione dell’apertura dell’anno accademico. Il testo integrale è riportato in G.Cerini-M.Spinosi, Voci della scuola, VII, Tecnodid, Napoli, 2008.

[5] In un intervento tenuto a Catania, il governatore ha dato questa definizione delle competenze necessarie nel XXI secolo: “l’esercizio del pensiero critico e l’attitudine al problem solving. Le conoscenze tradizionali (lingue, matematica, scienze, economia, educazione civica, ma anche storia, arte, geografia, come anche la grande tradizione della nostra cultura classica) resteranno un bagaglio irrinunciabile, ma andranno inserite in un contesto dinamico in cui saranno decisive la disponibilità positiva nei confronti dell’innovazione, la creatività e la curiosità intellettuale, la capacità di comunicare in modo efficace, l’apertura alla collaborazione e al lavoro di gruppo. L’intervento integrale in: https://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2011/visco-catania/visco-25112011.pdf

[6] Vedi in proposito il reportage di Red Rom: https://www.scuolaoggi.org/archivio/locse_promuove_la_valutazione_italiana_anzi_no_un_profumo_smart

[7] Con cheating si intendono quei comportamenti opportunistici di scuole ed insegnanti (come permettere la copiatura, suggerire agli allievi, modificare le regole di somministrazione, ecc.) che inficiano la validità e l’attendibilità dei risultati forniti dalle prove strutturate.

[8] Con teaching to test si intende una pratica didattica (esercitazioni, continue esemplificazioni, un vero e proprio allenamento intensivo) che viene curvata dal docente in funzione esplicita del superamento delle prove/test da parte degli allievi.


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