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I diritti traditi di mamme e bambini

Chiara Saraceno

10/06/2020
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La Stampa

Chiara Saraceno

Chiara Saraceno

Come organizzare l'estate dei bambini e ragazzi è sempre stato un problema non solo per le famiglie in cui lavorano entrambi, o l'unico genitore presente, ma anche in quelle in cui un genitore, di solito la madre, non è occupata, ma la famiglia non può permettersi lunghe vacanze. Quest'anno il problema si presenta in modo ancora più acuto: perché i bambini e i ragazzi escono da un lungo periodo di reclusione in casa, hanno fame di socialità, di movimento, di esperienze nuove non mediate da un computer o dalle risorse casalinghe. Molti hanno anche bisogno di recuperare voglia di apprendimento, di rafforzare le proprie capacità, di elaborare le paure e le ansie maturate nella lunga reclusione.
Gli altri anni per i più piccoli i nidi rimanevano aperti fino a tutto luglio e le scuole dell'infanzia almeno fino a tutto giugno. Per i più grandi, ma anche per i bimbi delle scuole dell'infanzia, c'erano le iniziative di estate ragazzi organizzate dai comuni in collaborazione con vari soggetti del terzo settore o con gli oratori, a prezzi calmierati, cui si aggiungeva l'offerta vuoi di welfare aziendale vuoi di mercato, a prezzi più alti e variabili a seconda del tipo di attività. Quest'anno il caos regna sovrano, nonostante il decreto "Rilancio" di maggio abbia stanziato fondi consistenti proprio per sostenere queste attività, che dovrebbero iniziare il 15 giugno. I nidi e le scuole dell'infanzia sono chiusi come tutte le scuole. Chi deve organizzare le attività di estate ragazzi è in attesa delle nuove linee guida che dovrebbero sostituire quelle incluse nel decreto "Rilancio", che a loro volta modificavano in senso restrittivo quelle definite in accordo con l'Anci, e che ancora non si sa se consentiranno o meno anche l'apertura dei nidi per i più piccoli. Così come non si sa come verranno distribuiti – tra regioni e comuni – i fondi stanziati. Nel frattempo regioni e comuni emanano i propri regolamenti, con l'effetto di creare grande incertezza su che cosa sia possibile fare, chi abbia la responsabilità di dettare le norme e di farle osservare e così via. Qualche comune si è attrezzato per osservare la scadenza del 15 giugno, qualcuno addirittura ha anticipato, altri (Torino ad esempio) viceversa ritardano l'apertura all'ultima settimana di giugno.
In questa confusione, che affatica ulteriormente genitori e bambini e ragazzi già stressati da queste lunghe settimane di assenza dei loro spazi e ritmi quotidiani, emergono due rischi. Il primo è che, per offrire qualcosa purchessia, si abbassi la qualità dell'offerta proprio quando più ci sarebbe bisogno di persone competenti nell'ascolto dei bambini e ragazzi e nello stimolarne la creatività e capacità. Il secondo è una lievitazione dei costi per le famiglie, nonostante una disponibilità di fondi pubblici mai vista prima. Non sapendo bene chi riceverà i fondi e quando, a carico di chi saranno i costi di adattamento degli spazi e dei presidi sanitari necessari, oltre che della inevitabile riduzione del numero di bambini e ragazzi per ciascun gruppo, si cercherà di scaricare il costo - tutto o in parte – sulle famiglie. Ci sono già segnali in questo senso. Ad esempio, in provincia di Treviso le rette sono più che triplicate: dai 40-60 euro a settimana dello scorso anno si è arrivati a 150-200 euro; a Modena sono quasi raddoppiate; in alcuni comuni in provincia di Venezia si parla di aumenti del 300 per cento. Anche se ci saranno sconti per le famiglie a reddito basso, come già avviene nel caso delle rette ai nidi le famiglie con entrambi i genitori occupati, anche se a reddito modesto, si troveranno facilmente a dover pagare il massimo, spendendo quasi l'equivalente di un salario per quattro settimane di estate ragazzi, un costo che potranno in parte compensare con il bonus babysitter se non ne hanno già fruito durante il lockdown o prima, o se non hanno utilizzato il congedo genitoriale straordinario di quindici giorni. Per i genitori la coperta è sempre troppo stretta, tanto più in questa lunga emergenza. Non stupiamoci se molte madri – tocca sempre a loro - decideranno che il gioco non vale la candela e lasceranno il lavoro. E se molti bambini e ragazzi continueranno a non vedere soddisfatti i propri bisogni di socialità, gioco, movimento, creatività, in condizioni di sicurezza.


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