"Giù dal tetto ma stop alla didattica" Architettura, la protesta scende in aula
Il presidio sopra la sede di Fontanella Borghese è durato più di un mese
Ma ora gli universitari scendono e prevedono altre forme di agitazione. Blocco delle lezioni contro le 'storture' della riforma
di GAIA SCORZA BARCELLONA
Dopo 35 giorni di protesta si svuota "piazza dell'Università libera". Studenti e ricercatori della Facoltà di Architettura abbandonano il tetto della sede di piazza Fontanella Borghese e scelgono come diversa forma di protesta, quella dello stop alla didattica. Così i rappresentanti dell'associazione Rete 29 Aprile hanno deciso di contnuare la lotta contro la riforma Gelmini. E lo fanno annunciando che lasceranno quel rifugio improvvisato all'aperto per tornare a svolgere la propria attività di ricercatori ma nei limiti degli obblighi di legge e cioè senza tenere lezioni, compito che non sono tenuti a svolgere e per il quale non sono pagati.
Proprio per questo "hanno spostato tutti i ricercatori nel secondo semestre, modificando gli orari e le propedeuticità anche per le materie fondamentali". A spiegare i primi effetti, indiretti ma devastanti, della legge Gelmini, è Stefania Tuzi, ricercatrice di Storia dell'Architettura alla Sapienza. "I professori ordinari saranno costretti a raddoppiare le ore di lezione, - prosegue Stefania - oppure, nella più probabile delle ipotesi - a vedere le aule affollate di studenti, ben oltre i limiti europei. Un problema che negli atenei si presenterà comunque a causa dei pensionamenti (circa 7000 per anzianità, oltre ai pre-pensionamenti non ancora calcolabili). "Si modifica il rapporto studenti docenti - sottolinea ancora Stefania - proprio in un momento di crisi come questo che richiederebbe di valorizzare la formazione e di diventare competitivi con l'Europa".
L'INTERVISTA "Non faremo lezione"
Una situazione pesante, anche se la coscienza dei ricercatori è tranquilla. "Noi applichiamo la legge - sostiene Stefania - e i ragazzi lo hanno capito molto bene, il problema vero è rappresentato dai politici". Un'emergenza che non tocca solo la capitale, ma tutta l'università italiana. "A Roma - conclude la ricercatrice - rischiamo di chiudere corsi di eccellenza come Astrofisica per mancanza di professori e non solo di ricercatori". Un allarme più che giustificato se si pensa che già alcuni dei corsi meno frequentati in vari atenei sono già stati chiusi.
A spiegare gli effetti della nuova presa di posizione degli universitari è anche il prorettore de La Sapienza, Azzaro Bartolomeo che, nel corso di una conferenza stampa a cielo aperto, ha sottolineato che "visto che il 40 per cento dell'attività didattica è svolta dai ricercatori si rischia la paralisi e ad essere maggiormente penalizzata sarà proprio la Facoltà di Architettura, dove questa percentuale aumenta fino a toccare l'80 per cento". La speranza è che il presidente Napolitano "svolgendo il suo ruolo di notaio super partes, lavori per modificare quegli aspetti della riforma che sono pericolosi per l'università italiana e che quindi sostenga le motivazioni della protesta".
Sul tetto, ribattezzato appunto "Piazza dell'Università libera, pubblica e aperta" durante questo mese sono saliti anche studenti: "La nostra protesta è vicina alla loro - ha spiegato Simone, un universitario - va nella stessa direzione, contro le storture della riforma".
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E sul testo di legge sono entrati nel dettaglio spiegando, per esempio, "che il Senato accademico - ha detto Massimiliano Tabusi, ricercatore - sarà un organismo svuotato perché le sue competenze verranno assorbite dal nuovo Cda. Quindi un organo elettivo avrà la peggio e sarà il Cda a decidere in autonomia senza meccanismo di controllo".
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