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Ecco perché è irrealistico aumentare le classi per settembre La sperimentazione di una nuova didattica è l'unica via

MArco Campione

09/06/2020
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ItaliaOggi

In attesa del documento della commissione Bianchi, associazioni professionali, sindacati e altri si sono cimentati in proposte e richieste per settembre. Non c'è qui lo spazio per analizzarle nel dettaglio, ma la loro lettura evidenzia che hanno quasi tutte in comune la caratteristica di non allontanarsi troppo dall'inerzia di questi mesi: il distanziamento fisico tra gli alunni come vincolo irrinunciabile. La precauzione è d'obbligo, ma senza un'attenuazione di questo vincolo, la riapertura rischia di essere molto difficile, se non impossibile. Ed è l'unico rischio che il paese non si può permettere. Nei vari documenti è evidente un approccio diverso.

L'Anp si concentra molto sulla necessità di valorizzare l'autonomia, di chiarire il perimetro delle responsabilità - in particolare quelle penali - dei dirigenti scolastici, ma non rinuncia a proposte di natura più di sistema (formazione, middle-management, sburocratizzare); altre sigle si concentrano sull'incremento del personale docente e Ata e richiamano la natura per lo più emergenziale della didattica a distanza. Pur con queste differenze, non c'è nessuno che si astenga, con accenti diversi, dal chiedere più personale: il 10-15% in più, tra 70 e 100 mila docenti, fino a giugno.

Tralascio della coerenza tra chiedere di aumentare in modo consistente il numero di supplenze e di precari (di questo si tratta) mentre si indice uno sciopero anche per protestare per le troppe supplenze e i troppi precari; mi limito ad osservare che non si riesce ad uscire dalla logica degli interventi temporanei. Logica che, con poche eccezioni, ha guidato la gestione del personale della scuola nei decenni e che ha portato alla (pessima) situazione attuale: stratificazione di norme, caos, precariato, perdita del senso più profondo della missione della scuola e dell'identità professionale dei docenti.

Dopo un inizio promettente, nel quale si è provato a sfruttare l'emergenza per disegnare una scuola diversa per la ripartenza, prendendo il meglio delle esperienze più innovative già esistenti e di quelle sorte per l'occasione in molti angoli del paese, si è ripiegato su richieste che ricalcano sostanzialmente le rivendicazioni e le battaglie di sempre: assunzioni, no alle classi pollaio, scuole anche con pochissimi alunni, ridimensionare l'autonomia…

Al di là del merito, colpisce che non ci si affranchi nemmeno dopo un evento epocale dalla impossibilità di sciogliere il legame di quelli che Daniele Barca chiama i quattro cantoni: aula, classe, orario e discipline. La discussione «alta», sulla scuola che deve cambiare (qualcuno ha teorizzato che fosse già cambiata), è rimasta intrappolata nei webinar degli eterni pionieri, mentre la discussione di corto respiro si è ripresa il proscenio. Alla fine l'unico lascito strutturale del lockdown rischia di essere l'accelerazione dei cantieri per l'edilizia scolastica grazie ai poteri commissariali dati a sindaci. Ben venga, ovviamente, ma certamente non basta.

Se i nostri ragionamenti sono così pieni di gabbie (mentali), come meravigliarci se producono gabbie (di plexiglas) anche per gli studenti? Erigere muri (qualcuno ha stimato quanto costerebbe?) deve sembrare l'unica via, visto che le altre soluzioni sono, se si guarda con distacco alle cose, irrealizzabili.

Due esempi. Le classi sono 370 mila: non è realistico pensare di aumentare gli spazi, certamente non entro settembre. Moltissime graduatorie sono esaurite: i 100 mila docenti richiesti in molti casi semplicemente non ci sono.

La strada per riaprire a settembre passa dalla scelta, non priva di incognite, di abbandonare la tentazione di seguire la via della facile rivendicazione e spingere sul terreno della sperimentazione, dell'innovazione (didattica, che non necessariamente coincide con quella tecnologica) e della libertà delle scuole di essere pienamente autonome. Dobbiamo applicare alla riapertura una competenza la cui importanza da questi mesi dovremmo aver appreso: saper gestire, e soprattutto accettare, l'incertezza.

*esperto di politiche scolastiche