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Convinciamo i ragazzi a non lasciare la scuola

Roberto Saviano

13/12/2013
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L'Espresso

Con il Progetto Dedalus 251 studenti della terza media di Biella e 73 svizzeri hanno preso parte a un programma di storytelling per contrastare l'allontanamento dalle aule. I test, invece, mettono in luce solo i punti deboli dei giovani

Mi è capitato di parlare del Piaac, un'indagine curata dall'Ocse che indagava le capacità di literacy, numeracy e problem solving su un campione selezionato di adulti tra i 16 e i 65 anni in 24 paesi aderenti al programma. 12Italia è risultata all'ultimo posto per literacy, al penultimo per numeracy e non ha consegnato i dati per problem solving. Se invitavo a non addossare responsabilità eccessive alla scuola, per osservare invece il grado di sviluppo della nostra società e il tremendo ritardo rispetto ad altre, è vero anche che non è possibile ignorare i dati sulla dispersione scolastica resi noti dall'Istat nei 2013: il 18,2 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato la scuola prima di conseguire il diploma superiore. La media nella Comunità europea è del 13,5 per cento. Siamo ben al di sopra. L'Italia sconta una colpevole mancanza di investimenti nell'istruzione pubblica che mirino ad avvicinare il mondo della scuola alle famiglie e a ridurre la distanza tra gli studenti e l'ambiente educativo. Un altro dato indicativo è che secondo il Rapporto Almadiploma 2013, il 44 per cento dei diplomati avrebbe frequentato una scuola diversa. È evidente che scontiamo una carenza sostanziale nelle capacità di orientamento scolastico a danno degli studenti della scuola media inferiore. Sembra proprio che in un'età delicatissima, cioè la fase che coincide con l'inizio dell'adolescenza, i ragazzi italiani vengano lasciati soli. Soli a decidere del proprio futuro, soli con le proprie famiglie che nella maggioranza dei casi non hanno gli strumenti per dare un orientamento corretto.

IN QUESTO VUOTO si inserisce il Progetto Dedalus, un'avventura che ha coinvolto 251 studenti della terza media di classi a rischio dispersione della provincia di Biella e 73 studenti svizzeri del Cantone dei Grigioni. Questi studenti hanno partecipato a un programma basato sullo storytelling il cui scopo era, attraverso il racconto, contrastare l'allontanamento dalla scuola per orientare i ragazzi in età scolare. È emersa una cosa semplice cui raramente si presta attenzione: il racconto di sé, di ciò che si sta diventando e di ciò che si vorrebbe diventare, segna già una strada, quella che si sogna di percorrere. E lo fa in maniera più proficua dei test attitudinali che vengono proposti nelle scuole. I test in genere mettono in luce i punti deboli dei ragazzi e non valorizzano i loro punti di forza in un momento in cui c'è bisogno di rafforzare certezze piuttosto che sottolineare lacune. «Vogliamo raccontare che si può prevenire la dispersione, lavorando con i ragazzi quando sono ancora a scuola, non cercarli dopo quando non si sa dove sono», scrive Caterina Corapi la project manager del Progetto Dedalus. E ha perfettamente ragione, perché immaginiamo quanto sia difficile poter riavvicinare alla scuola chi per vari motivi se n'è allontanato. La capacità di concentrazione, l'elasticità mentale e la spensieratezza per potersi dedicare allo studio sono prerogative dell'età scolare. Crescendo ci si costruisce una vita al di fuori dalla scuola che rende difficilissimo poterci rientrare. DARE Al RAGAZZI UN MOTIVO per continuare la scuola che non sia un vago senso del dovere. Far capire loro che la passione può sostituire il vuoto di diritti, che può rendere immuni dall'inferno che talvolta ci è attorno. Far comprendere a chi vuole abbandonare la scuola che non bisogna cedere a quel senso di illusoria libertà che può dare l'aver scelto di ritirarsi, magari per poter gestire la propria vita in maniera più autonoma. La libertà di oggi potrebbe diventare schiavitù di domani, se sarà incapacità di leggere ciò che ci succede attorno per mancanza di strumenti. Io faccio parte di una generazione che ha visto nella sua terra molti ragazzi lasciare la scuola e scegliere con facilità la via del cantiere, in alcuni casi attigua al mondo criminale, solo per la sensazione di sentirsi già adulti, per cominciare a guadagnare. Oggi quegli stessi ragazzi qualcuno è stato ammazzato, qualcuno è caduto dalle impalcature hanno una vita piena di rimpianti e spesso maledicono loro stessi per non aver dedicato del tempo a imparare, a capire, a non farsi ingannare. Abbandonare la scuola è stato come uccidere la loro anima, il loro valore. E se il Progetto Dedalus è stato un esperimento unico, sarebbe bellissimo riuscire a trovare i fondi per estenderlo ad altre aree a rischio dispersione scolastica in Italia. Sarebbe fondamentale farlo per ricostruire il nostro Paese dalle macerie.


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