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«Condannate gli squadristi, ma gli studenti sono vittime»

Berlinguer: «I soldi ci sono, li trovino».

20/12/2010
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Il Messaggero

Claudio Rizza

«E’ squadrismo nazistico e va perseguito con il massimo rigore». «Sono atti criminali, trovateli e condannateli». Il problema è non criminalizzare gli universitari che protestano e che, soprattutto, si sentono non solo scippati del proprio futuro ma, per via dei tagli, anche «inutili».
E degli “arresti preventivi” evocati dal pdl Gasparri, che pensa?
«Faccio un esempio: le manifestazioni di violenza negli stadi non sono tifoseria, come tutti sanno, ma una forma di violenza organizzata. Alla base dei movimenti ultrà non c’è tensione sociale. E dunque, è chiaro, certi sistemi vanno applicati alla delinquenza. Gli studenti sono un’altra cosa, e non si va lontano invocando nei loro confronti la repressione. Servono invece parole di dialogo».
Daspo, arresti, a che servono?
«Non dimentico che la destra ama speculare sulla sicurezza per aumentare i voti. Ma così non risolverà un bel nulla».
Però non può neanche finire con “tutti scarcerati” e nessun colpevole...
«I governanti devono avere una sensibilità, essere lungimiranti, e non apostrofare gli studenti come fossero tutti dei violenti. Maroni e Alfano sulle scarcerazioni hanno dato un messaggio sbagliato: e cioè che fossero tutti violenti e squadristi. E poi mi viene un dubbio».
Quale?
«Perché la polizia non ha arrestato i violenti veri? Io li ho visti in tv, come tutti, con le spranghe a spaccare vetrine, a bruciare auto. Perché quelli lì non li hanno presi e prendono invece uno che tirava mandarini e verdura?».
Lei che analisi fa di questo conflitto generazionale? Vede cattivi maestri, condivide certo giustificazionismo?
«Sui violenti, tolleranza zero. Ma sugli studenti il discorso è diverso. Questo grande malessere certamente è aggravato dalla crisi economica e dalla mancanza di prospettive di lavoro. Tutto ciò crea tensioni, e non si può pensare che siano senza esito. E non aiuta affatto la propaganda governativa che edulcora la realtà, nega i problemi. Una gestione paternalistica che aggrava le cose».
Cosa pesa, a parte lo scontro sulla riforma dell’università?
«La prevalenza di misure deflattive e monetarie rispetto alle misure di crescita. La gente percepisce un disprezzo verso chi non ha lavoro. Perché la fantomatica ripresa del Pil non è condizionata a misure sull’aumento dell’occupazione».
E tra gli studenti che succede?
«Nel mondo giovanile e universitario tutto ciò è aggravato da un altro messaggio: “Voi non servite molto”. E’ questa la traduzione dei tagli a istruzione e ricerca: è un giudizio di scarsa utilità del settore. Pensiamo ai destinatari, come si sentono? Inutili. Ma ho una domanda da porre».
La ponga.
«Perché la Germania che ha tagliato 80 miliardi di euro, ben più dei nostri, aumenta del 7% il bilancio dell’istruzione e della ricerca per il 2010-2011? I tedeschi hanno tagliato più di noi e così hanno trovato i soldi. Stessa cosa hanno fatto Obama, la Francia (+10%), la Finlandia e la Corea».
Sono le cose che ripete il Quirinale.
«Il governo ha diminuito del 5% i fondi all’istruzione nel 2008-09 e la spesa pubblica è aumentata del 3%. Dunque non è vero che i soldi non ci sono. Noi facciamo come il contadino stolto che durante la carestia si mangia le sementi. La crisi ha danneggiato i paesi che non hanno investito in innovazione. Vi do altri dati: negli Usa un quarto dei lavoratori con meno di 12 anni di istruzione ha perso il lavoro; tra quelli che hanno 4 anni di istruzione in più, solo un decimo lo ha perduto».
Della legge Gelmini che giudizio dà?
«Che il problema è la parte finanziaria. Come s’è capito dal mio ragionamento. Bisogna capire che se non si investe non si esce con lo sviluppo. C’è un miliardo di risparmi nella Finanziaria? Li mettano nella ricerca, e si vedrà come cambierà il quadro delle manifestazioni previste per la settimana prossima. Qui non deve esserci primo, secondo o terzo polo: lo proponga la maggioranza e l’opposizione dia una mano».
Poi che altro?
«C’è bisogno di un autogoverno nelle università, che sia profondamente cambiato rispetto agli ultimi anni. Agli atenei bisogna dare più autonomia ma responsabilizzando. Se hai autonomia devi sapere che devi anche rispondere di ciò che fai. L’idea è giusta, critico il modo in cui è realizzata».
E i privati?
«So di essere impopolare tra gli studenti, ma penso sia un danno limitare l’autogoverno ai soli membri dell’università. L’autogestione va bene, ma non nella gestione complessiva. Mi spiego: i paesi che hanno i premi Nobel hanno organi di gestione amministrativa. Dunque, i privati devono esserci. Bisogna combattere questa idea corporativa che resiste».
Resta il merito.
«Senza merito non si studia. Coloro che imparano di più devono essere giudicati meglio. Valutiamo i risultati e diamo premi e risorse ai migliori, per sostenere quegli sforzi».
 


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