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Chiamate per direttissima. Un dubbio e una domanda

Succede che nel paese delle semplificazioni impossibili una semplificazione riesca

13/12/2013
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ROARS

Succede che nel Paese delle semplificazioni impossibili, sempre inseguite ma mai conseguite, e l’Università ben sa quanto il filo delle semplificazioni riesca magicamente ad avvolgersi in gomitoli sempre più voluminosi di regole di ogni colore, spessore e lunghezza, una semplificazione riesca.

È quella che consente di chiamare, nei ruoli di professore e di ricercatore universitario, coloro che hanno ottenuto significativi titoli di merito scientifico in ambito europeo ma anche nazionale. Non proprio un rientro dei cervelli, ma qualche cosa di diverso, almeno potenzialmente.

La scorsa estate, con il cd. “Decreto del Fare”, ossia con l’art. 58, comma 3, della legge 9 agosto 2013, n. 98, si modifica ancora una volta la norma (l’art. 1, comma 9, della legge 230/2005) che disciplina le cosiddette “chiamate dirette”, facendola oggetto di una semplificazione dedicata solo ad alcune figure, ossia a coloro che risultino vincitori di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione finanziati dall’Unione Europea o dal domestico Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Loro, e soltanto loro, potranno essere chiamati direttamente, ovvero “per direttissima”, presso gli Atenei, sulla sola base della proposta che formulata dall’Università interessata e del nulla osta che eventualmente darà il Ministro, sempre che, continua a precisare la legge, i programmi dei quali sono vincitori rientrino fra quelli identificati, sentiti l’Anvur e il CUN, con apposito decreto ministeriale.

Non è dunque più necessario alcun filtro, in particolare non occorre più acquisire il parere di commissioni composte da docenti del settore. Sarà appunto sufficiente, per entrare nei ruoli universitari, la proposta dell’Università, che potrà anche avvalersi di finanziamenti appositi, e il successivo nulla osta del Ministro.

Una semplificazione che eviti complicazioni amministrative e burocratiche per favorire un “merito” che si favorisce anche attraverso lo stanziamento di 5 milioni di euro ad hoc nell’FFO.

Un merito che, dice la legge, sarà comunque garantito, quasi accertato ex ante, grazie al decreto ministeriale che stabilisce quali siano questi speciali programmi che danno titolo a diventare anche professore ordinario senza passare attraverso i labirinti delle abilitazioni e le porte oscure, si spera non blindate, dei reclutamenti locali.

Tutto è pronto, tutto è già operativo. Manca però qualche cosa: il decreto ministeriale che stabilisce in quali casi è possibile questa immissione nei ruoli dei professori e dei ricercatori universitari ”per direttissima”.

Per meglio dire, un decreto c’è: è il DM 1 luglio 2011, n. 276 che però è “scaduto”. L’art. 5 di quel decreto prevede infatti che debba essere rivisto ogni due anni. Siamo a novembre 2013 e il nuovo decreto non c’è. O non si vede.

Che sia stato reso ultrattivo? Al nostro legislatore non bastano, infatti, le tante nuove regole che scrive, e quello universitario è tra i più prolifici, tanto da essersi nulla risparmiato negli anni, ma alcune regole le rende anche ultrattive benché “scadute”. Sarà anche questo il caso? E se lo è può diventare un problema per il “merito”, quello vero?

Cerchiamo di capirlo e, se ci è consentito, narrarlo, nello spirito di una collaborazione “dal basso”, anche al Ministro Maria Chiara Carrozza e ai suoi più diretti collaboratori.

Primo indizio: Il decreto “scaduto”, il DM 1 luglio 2011, n. 276, è stato scritto quando si prevedeva che anche le chiamate dirette per queste particolari figure dovessero passare il vaglio di un’apposita commissione di docenti del settore, chiamata a rendere un parere di “merito”. Un decreto che perciò poteva concedersi qualche indeterminatezza in più, perché vi sarebbe stata comunque una valutazione o verifica successiva, atta ad assicurare che le sue indicazioni fossero utilizzate davvero per premiare “il merito”.

Secondo indizio: Il decreto identifica questi programmi guidato dalla preoccupazione, così si legge nelle sue premesse, di

assicurare un’applicazione [...] coerente con la ratio dell’istituto della chiamata diretta

e anche per questo prevede di dover essere rivisto e riscritto ogni due anni,

con particolare riferimento all’identificazione di programmi di ricerca europei.

Già perché i programmi di ricerca europei evolvono, cambiano le loro impostazioni, cambiano le loro denominazioni; tanto che quelli identificati oggi nell’art. 4 del decreto non è detto che corrispondano ai nuovi o comunque a tutti i programmi di ricerca europei che possono o non possono dare un titolo alla chiamata, oggi “per direttissima”, “coerente con la ratio dell’istituto”.

Terzo indizio: Il decreto del luglio 2011 non tiene ovviamente conto neppure delle modifiche intervenute nei programmi di ricerca finanziati dal MIUR. Ad esempio: la scomparsa della linea 3 nei programmi finanziati dal FIRB, espressamente considerata dall’art. 3, lett. b) del decreto, renderebbe necessario ripensare i possibili sbocchi delle altre linee. Sicuri che non sia cambiato nulla? Che non siano necessari adeguamenti a queste modifiche?

Quarto indizio: il decreto non rende chiaro in base a quali criteri certi debbano e possano identificarsi, specie nell’ambito di progetti di ricerca europei molto articolati e affidati a consorzi, i cosiddetti vincitori ossia gli investigatori principali che, in quanto tali, possono essere chiamati nella posizione di professore associato o, nel caso di “progetti di grande rilevanza”, anche in quella di professore ordinario.

Quinto indizio: non esistono criteri in base ai quali sia possibile stabilire d’ufficio e automaticamente, quali siano questi “progetti di grande rilevanza” che danno titolo, per gli investigatori principali, ad essere chiamati “per direttissima” nel ruolo di professore ordinario. Chi e come lo deciderà?

Cinque indizi per un dubbio: a chi spetterà superare queste incertezze e risolvere queste ambiguità presenti nella formulazione del decreto “scaduto”, per sincerarsi che davvero si vada a premiare il “merito”? Al Ministero e/o al Ministro? Si può davvero immaginare che rientri nelle competenze della burocrazia ministeriale e dell’autorità di governo effettuare queste valutazioni in perfetta solitudine burocratico-governativa?

E come deciderebbero? In base a quali criteri? Quelli dell’interpretazione che il Ministro e gli apparati ministeriali ne daranno in relazione ai “singoli casi” dei “singoli interessati” per i quali le “singole” Università formuleranno (o stanno già formulando) una proposta, sulla base di procedure a loro volta indefinite e che le “singole” Università si danno?

Di qui la domanda: Ministro Carrozza, perché sia “vero merito” non sarebbe il caso che, fra le tante norme che si scrivono e si riscrivono, sempre più spesso “in urgenza”, si riscrivesse anche questa, o almeno la si rivedesse così da rendere certi e noti a tutti i criteri e le condizioni della “chiamata per direttissima” così che, specie dopo il venire meno di ogni filtro, sia davvero possibile garantirne un’applicazione “coerente con la ratio” della corsia preferenziale dedicata a queste figure, ossia con il merito che, in quanto tale, merita “semplificazioni”?

Il CUN raccomandò al Ministro di adeguare il Decreto, in chiusura dell’ultima sua raccomandazione sul tema. ANVUR ha taciuto e tace, ma si sa che ha molto da fare. Sarebbe però ora che qualcuno si occupasse fattivamente della questione.

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