Camera dei deputatri-DISEGNO DI LEGGE: NORME SULLO STATO GIURIDICO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA -testo e resoconto seduta
XIV LEGISLATURA CAMERA DEI DEPUTATI N. 2480-B DISEGNO DI LEGGE APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTA...
XIV LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2480-B
DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
il 5 dicembre 2002 (v. stampato Senato n. 1877)
MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
l'11 giugno 2003
presentato dal ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca
(MORATTI)
di concerto con il ministro per la funzione pubblica
(FRATTINI)
con il ministro per gli affari regionali
(LA LOGGIA)
e con il ministro dell'economia e delle finanze
(TREMONTI)
Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione
cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e
grado
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
l'11 giugno 2003
Testo articoli
Allegato A
Seduta n. 340 del 15/7/2003
DISEGNO DI LEGGE: NORME SULLO STATO GIURIDICO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA DEGLI ISTITUTI E DELLE SCUOLE DI OGNI ORDINE E GRADO (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (2480-B)
(A.C. 2480-B - Sezione 1)
PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO
Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:
PARERE FAVOREVOLE
(A.C. 2480-B - Sezione 2)
ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 5.
(Disposizioni transitorie e finali).
1. Il primo concorso per titoli ed esami, intendendo per titolo anche il servizio prestato nell'insegnamento della religione cattolica, che sarà bandito dopo la data di entrata in vigore della presente legge, è riservato agli insegnanti di religione cattolica che abbiano prestato continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso degli ultimi dieci anni e per un orario complessivamente non inferiore alla metà di quello d'obbligo anche in ordini e gradi scolastici diversi, e siano in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3, commi 3 e 4.
2. Il programma di esame del primo concorso è volto unicamente all'accertamento della conoscenza dell'ordinamento scolastico, degli orientamenti didattici e pedagogici relativi agli ordini e ai gradi di scuola ai quali si riferisce il concorso e degli elementi essenziali della legislazione scolastica.
3. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata una spesa pari a 261.840 euro per l'anno 2003. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
5. Restano ferme le potestà legislative e amministrative delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di scuola dell'infanzia e di istruzione elementare e secondaria, ai sensi dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dellerelative norme di attuazione. Resta altresì fermo quanto previsto dal numero 5, lettera c), del Protocollo addizionale di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge.
(A.C. 2480-B - Sezione 3)
ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 6.
(Copertura finanziaria).
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 5, valutati in 7.418.903 euro per l'anno 2003 ed in 19.289.150 euro a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione della presente legge, anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati aisensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della medesima legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE
ART. 6.
(Copertura finanziaria).
Al comma 3, sostituire le parole da: gli eventuali decreti fino alla fine del comma con le seguenti: i decreti che, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, dispongano l'utilizzo del Fondo di cui all'articolo 7 della medesima legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni. I decreti di cui al precedente periodo sono altresì elencati con separata evidenza nell'allegato di cui all'articolo 11, comma 6-bis, della citata legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni.
6. 1.Giudice.
Al comma 3, sostituire le parole: gli eventuali decreti con le seguenti: i decreti che, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, siano.
6. 2.Giudice.
Al comma 3, sostituire le parole: gli eventuali decreti con le seguenti: i decreti.
6. 3.Giudice.
(A.C. 2480-B - Sezione 4)
ORDINE DEL GIORNO
La Camera,
nel momento stesso in cui approva le norme concernenti la definizione dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica, che comporta come prima immediata misura l'istituzione dei relativi ruoli e la nomina a tempo indeterminato di oltre 15.000 docenti;
considerato che nell'anno scolastico 2002-2003, per la prima volta nella storia della scuola italiana, il Governo ha impedito qualsiasi nomina a tempo indeterminato, nonostante la presenza di decine di migliaia di posti stabilmente vacanti occupati da personale precario iscritto in apposite graduatorie concorsuali, sia permanenti che derivanti dall'espletamento di un complesso e oneroso concorso ordinario;
considerato che con il 31 luglio, se entro un congruo periodo da questa scadenza il Governo non individua il relativo contingente dei posti, decade la possibilità di effettuare nomine a tempo indeterminato anche per il prossimo anno scolastico 2003-2004;
impegna il Governo
a completare le procedure per l'individuazione del contingente dei posti che, per l'anno scolastico 2003-2004, dovrà essere destinato al conferimento delle suddette nomine.
9/2480/1.Sasso, Motta, Grignaffini, Capitelli, Ruzzante.
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Seguito della discussione del disegno di legge: Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado (approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2480) (ore 12,21).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado.
Ricordo che nella seduta di ieri si è svolta la discussione sulle linee generali delle modifiche apportate dal Senato.
PIERO RUZZANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERO RUZZANTE. Mi scusi, signor Presidente, vengo informato ora dai colleghi della Commissione lavoro pubblico e privato che per le 14,30 è convocato il Comitato dei nove in merito al provvedimento relativo agli insegnanti di religione. Per questo motivo, non credo siamo ora in grado di passare all'esame di questo punto, perché almeno deve essere convocato il Comitato dei nove il che è previsto per le ore 14,30. Mi informano sempre i colleghi che manca anche il parere della Commissione bilancio.
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Quindi, mi sembra che stiamo procedendo un po' con troppo disordine.
PRESIDENTE. Onorevole Ruzzante, le posso dire che tutti gli emendamenti sono stati ritirati e che il parere della Commissione è pervenuto.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Per quello che riguarda la Commissione lavoro pubblico e privato, debbo confermare che, in effetti, secondo quello che era il progetto dei lavori, ho convocato il Comitato dei nove per le ore 14,30. Ciò non toglie che, ove siamo a posto con la Commissione bilancio, mi rimetto completamente a quanto l'Assemblea o la maggioranza dell'aula decidono, nel senso che, nel caso in cui si decide di procedere, se non vi sono emendamenti, è inutile convocare il Comitato dei nove e, se ve ne dovesse essere anche uno solo, chiedo solo due minuti per convocare, seduta stante, il Comitato dei nove ed essere così in grado di procedere.
Quindi, la Commissione si rimette Commissione alla decisione dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Per quanto risulta alla Presidenza, tutti gli emendamenti sono stati ritirati, quindi non ci sarebbe motivo di contendere sulla presenza anche di un solo emendamento.
Quindi, l'osservazione mi pare possa essere superata dai fatti che sono più eloquenti di qualunque altra argomentazione
(Esame degli articoli - A.C. 2480-B)
PRESIDENTE. Passiamo alle modifiche introdotte dal Senato ed accettate dalla Commissione. Avverto che, ai sensi dell'articolo 70, comma 2, del regolamento saranno posti in votazione solo gli articoli 5 e 6, in quanto modificati dal Senato.
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Avverto, altresì, che non sono pubblicati nel fascicolo gli emendamenti non riferiti a parti modificate dal Senato.
Ricordo che prima della seduta sono stati ritirati, l'ho già detto, tutti gli emendamenti presentati.
Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere che è distribuito in fotocopia (vedi l'allegato A - A.C. 2480-B sezione 1).
(Esame dell'articolo 5 - A.C. 2480-B)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (vedi l'allegato A - A.C. 2480 sezione 2).
Nessuno chiedendo di parlare ed essendo state ritirate tutte le proposte emendative presentate, passiamo alla votazione dell'articolo.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
La seduta, sospesa alle 12,25, è ripresa alle 12,45.
Si riprende la discussione del disegno di legge n. 2480-B.
(Ripresa esame dell'articolo 5 - A.C. 2480-B)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, torna all'esame della Camera dei deputati il disegno di legge, già approvato dal Senato, che regola lo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica. In estrema sintesi, con questo disegno di legge si istituiscono due ruoli di insegnanti di religione cattolica, vi si immettono circa 15 mila docenti e si consente loro il passaggio nelle altre materie di insegnamento con il sistema dei passaggi di cattedra.
Questo provvedimento, di qui il nostro voto contrario già nel primo passaggio alla Camera, rappresenta un'anomalia nel reclutamento degli insegnanti perché immette in ruolo insegnanti su una disciplina facoltativa.
PRESIDENTE. Pregherei i colleghi vicini alla collega che parla di usare il riguardo di non infastidirla.
ALBA SASSO. Infatti, come è noto, l'insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana è regolato da accordi fra Stato italiano, Santa Sede, Ministero della pubblica istruzione, Conferenza episcopale italiana.
Tale disciplina rimane una disciplina facoltativa, facoltatività come condizione necessaria perché la sua presenza nella scuola pubblica non configuri elementi di incostituzionalità, come si può evincere dalle sentenze della Corte costituzionale del 11 aprile del 1989 e n. 13 del 14 gennaio del 1991. Per questa ragione, gli insegnanti sono nominati a seguito di una designazione dell'autorità diocesana sulla base di titoli e
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requisiti culturali, competenze, insindacabilmente accertate dall'autorità ecclesiastica e da una idoneità che costituisce una conditio sine qua non per l'insegnamento, altrettanto insindacabilmente concessa e revocabile dalla stessa autorità.
È del tutto evidente come tali caratteristiche non siano compatibili con l'assunzione degli insegnanti di religione cattolica nei ruoli dello Stato e soprattutto come non consentano la definizione di un organico stabile e di un ruolo, peraltro non più esistente neanche dal punto di vista giuridico. È di questo che noi abbiamo parlato quando abbiamo ragionato degli insegnanti di regione cattolica; non abbiamo messo in discussione la loro qualità, il loro impegno nel lavoro. Abbiamo ragionato del fatto che si è creato un percorso parallelo di ingresso nella scuola.
Se il Governo avesse voluto perseguire l'innovazione reale, se avesse cioè voluto inserire e mettere in ruolo questi insegnanti, avrebbe potuto o dovuto aprire una trattativa bilaterale con la Santa Sede sul concordato - neanche una sola revisione dell'intesa sarebbe bastata, perché si tratta di innovazioni che incidono sul principio concordatario dell'avvalersi o del non avvalersi.
Inoltre, ciò che più ci preoccupa è che il potere di intervento delle leggi e degli accordi che prima citavo attribuiscono alla autorità ecclesiastica per quel che concerne l'assunzione, l'eventuale mobilità e la cessazione dal lavoro, per revoca dell'idoneità, la possibilità di intervenire in un normale procedimento di reclutamento di un pubblico dipendente dello Stato.
Si creerebbe, cioè, una limitazione permanente della sovranità dello Stato, che, in caso di revoca di idoneità, dovrebbe licenziare un proprio dipendente sulla base di una motivazione culturale e ideologica che, invece, dovrebbe rimanere del tutto estranea allo Stato stesso!
Ora, nel corso dell'iter di questo disegno di legge, la maggioranza governativa ha dimostrato che il vero obiettivo del provvedimento non è la stabilità e la regolamentazione giuridica di questo personale, ma l'apertura di un canale di reclutamento nella scuola pubblica controllato da un'altra
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autorità, unitamente al consolidamento del carattere di fatto obbligatorio dell'insegnamento confessionale della religione cattolica.
PRESIDENTE. Onorevole Sasso, la prego di concludere.
ALBA SASSO. Sto per concludere, Presidente. Insomma, collocare i docenti di religione cattolica risultati inidonei o finiti in soprannumero in altro ruolo di insegnamento finisce col configurare una sorta di canale di reclutamento alternativo nella scuola dello Stato. E tutto questo avviene con questo provvedimento, con il quale si inseriscono nei ruoli dello Stato 15 mila insegnanti di religione cattolica, mentre sono due anni che si attende invano il decreto di immissione in ruolo degli insegnanti inseriti nelle graduatorie permanenti (su questo problema, abbiamo presentato un ordine del giorno). Per queste ragioni, questo provvedimento si configura come illegittimo, ingiusto e poco produttivo nei confronti della scuola italiana (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 335
Votanti 328
Astenuti 7
Maggioranza 165
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 109).
Prendo atto che l'onorevole Dorina Bianchi non è riuscita a votare. Prendo atto altresì che l'onorevole Cima non è riuscita a votare e avrebbe voluto esprimere un voto contrario e l'onorevole Pasetto ha erroneamente espresso un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole
(Esame dell'articolo 6 - A.C. 2480-B)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (vedi l'allegato A - A.C. 2480 sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare ed essendo state ritirate tutte le proposte emendative presentate, passiamo ai voti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitelli. Ne ha facoltà.
PIERA CAPITELLI. Signor Presidente, colleghi, sottosegretario, sicuramente questo è un provvedimento dovuto, perché da anni gli insegnanti di religione attendono delle norme che disciplinino il loro stato giuridico. Ma questa legge complessivamente è del tutto inadeguata ad affrontare i problemi connessi con l'insegnamento della religione cattolica nella scuola e, in particolare, con la situazione degli insegnanti di religione.
L'insegnamento della religione cattolica ha una configurazione specifica nella nostra legislazione, esito di un'intesa concordataria ed anche frutto di una grande mediazione tra il dettato costituzionale - che vuole una scuola laica - e l'esigenza di accogliere una tradizione culturale consolidata della società italiana. Poi, se vi sia bisogno o meno che proprio attraverso la scuola venga insegnata la religione, vengano trasmessi i valori cattolici, se la scuola cioè sia lo strumento più adatto per veicolare la religione, sarebbero questioni da approfondire. Tuttavia, l'insegnamento della religione - dobbiamo prenderne atto - esiste, è stato voluto da Chiesa e Stato e gli insegnanti di religione cattolica, ancorché in posizione particolare, devono avere condizioni e status adeguati al ruolo e alla funzione docente.
Vi chiederete allora per quale motivo siamo tanto contrari a questo provvedimento, soprattutto ad alcune parti di esso, come l'articolo 4 relativo alla mobilità e alla revoca di questi insegnanti.
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Il punto vero è che il disegno di legge in esame non affronta con equilibrio il problema della revoca e, come ha già detto l'onorevole Sasso (lo voglio ribadire con parole molto semplici), consente agli insegnanti di religione perdenti posto di transitare su cattedre per le quali non hanno fatto alcun concorso E in Italia, fino a legge contraria che noi temiamo questo Governo voglia realizzare, l'accesso alla scuola avviene per regolare concorso. L'accesso al pubblico impiego avviene per concorso.
Il privilegio agli insegnanti di religione cattolica è reso tanto più evidente dal fatto che la scuola italiana si sta precarizzando. Per quanto riguarda il prossimo anno scolastico, non sappiamo ancora quante immissioni in ruolo verranno effettuate e sappiamo che vi sono ben oltre centomila cattedre vacanti. Lo abbiamo chiesto al ministro durante il Question Time e non abbiamo ricevuto alcuna risposta. A cosa corrisponde questa volontà di utilizzare personale a tempo indeterminato se non a quella di assottigliare il sistema formativo ed sistema di istruzione e formazione pubblico? Credo che la grande contrarietà a questo provvedimento si debba inserire nella politica generale che questo Governo sta svolgendo, una politica che porta a smantellare parti del sistema della scuola pubblica e a determinare situazioni di privilegio, mettendo in discussione alcuni principi e diritti fondamentali.
Alcune persone che hanno svolto il concorso non saranno immesse in ruolo. Nel frattempo sono state modificate le regole.
È molto stridente questo provvedimento così sollecito che passa sopra tutte le difficoltà, mentre altri precari, da anni, stanno attendendo di essere immessi in ruolo e i posti effettivamente ci sarebbero.
Noi abbiamo realizzato una legge, la n. 124 - lo rivendichiamo - che ha ripreso i concorsi e ha creato un sistema per dare stabilità al personale della scuola. Voi state creando nella scuola instabilità, confusione, situazioni di privilegio e state mettendo i precari gli uni contro gli altri (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Chiedo di parlare.
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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI, Presidente della XI Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per quanto vi sia fretta ed interesse a concludere rapidamente l'iter di questo provvedimento, non mi sembra giusto che lo stesso sia licenziato con sole notazioni critiche, anche fortemente tendenziose, alle quali la Commissione, almeno nella sua maggioranza, e credo il Parlamento intero intendono rispondere con qualche puntualizzazione.
Premesso che sul testo si possano avere le opinioni più dispari (c'è chi lo ritiene un provvedimento assolutamente sbagliato ed inadeguato e chi, in un'ampia maggioranza parlamentare, non solo in quella della formula di Governo, ritiene si tratti di un provvedimento positivo, atteso, che risolve problemi, ereditati da lustri, di una situazione non governata e non messa a positivo sistema), premesso, altresì, che una larga maggioranza di questo Parlamento e, dunque, anche della Commissione ritiene che l'insegnamento della religione cattolica sia un valore formativo alto da confermare - naturalmente, da rendere moderno e conforme al nostro ordinamento costituzionale - ed irrobustire, premesso che molte cose le abbiamo espresse in sede di prima lettura, posso escludere, nella più maniera più assoluta, che la commissione, nella sua maggioranza e anche maggioranza allargata sull'argomento abbia inteso creare un canale di favore o un canale surrettizio di reclutamento del personale nella scuola.
È vero il contrario - cioè, che si è trattato di mettere insieme esigenze varie, assortite, non tutte facilmente conciliabili -, ma non c'è dubbio che si trattava di una categoria di insegnanti al di sotto del precariato, in una condizione di paria che veniva giustamente contestata da molti e molti anni. E se è vero che l'insegnamento della religione cattolica è soggetto, per sua natura, inevitabilmente, a normative particolari, a rapporti di diritto internazionale concordatario, che, evidentemente, incidono sulla sua organizzazione giuridica, è anche vero che queste esigenze sono state adeguatamente conciliate in un equilibrio ritenuto giusto ed accettabile dalla stragrande maggioranza delle associazioni di categoria. Soltanto alcune, a mio parere per un vizio, o per un pregiudizio, di carattere politico, sono rimaste attestate su una posizione
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di contestazione che deve essere rispettata, ma che non poteva essere recepita.
Quindi, mi auguro che le notazioni critiche che sono state proposte rispondano all'esigenza di criticare la politica del Governo in materia di scuola in maniera più vasta - la maggioranza saprà rispondere per le rime, com'è normale nella dialettica democratica -, ma, su questo provvedimento, escludo che la maggioranza abbia avuto secondi fini o fini strumentali: l'unico obiettivo era quello di sistemare un contenzioso di molti anni e di conciliare esigenze legittime di operatori che meritavano una risposta alle loro aspettative di molti anni.
Quindi, mi rallegrerò se il provvedimento, con tutte le sue remore e con gli aggiustamenti tecnici che, forse, anche in corso d'opera il Governo potrà praticare con il migliore degli intendimenti, potrà avere una maggioranza che vada oltre i confini della stessa attuale maggioranza governativa. Grazie (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Benedetti Valentini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Presidente Biondi, in una legislatura ormai non più recente, dopo averci pensato molto, mi sono assunto un compito che, per me, non era lieve: quello di parlare a favore del nuovo Concordato, della revisione del Concordato, con il quale, però, si era deciso di passare dal regime dell'obbligatorietà, salvo esonero, dell'istruzione religiosa cattolica al regime, invece, della libertà di avvalersene o meno.
Era una grande conquista, un fatto importante e coerente con la Costituzione, che io vedo, però, onorevole Benedetti Valentini, del tutto contraddetto e stracciato da quanto facciamo oggi: sostanzialmente, oggi ripristiniamo, anche nella sostanza, quell'obbligatorietà che il nuovo concordato aveva, invece, sancito come non coerente con la nuova Costituzione.
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Non riprendiamo questo discorso!
VALDO SPINI. In questo modo, cioè, veniamo sostanzialmente ad assumere un riconoscimento di derivazione estranea
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che crea anche problemi costituzionali. Faccio un esempio concreto. Anni fa, un'insegnante di religione cattolica della scuola media "Agnolo Poliziano" di Firenze, la quale conviveva con il permesso dei suoi superiori ecclesiastici (era in attesa di una decisione di annullamento della Sacra Rota), si trovò in stato interessante. Ebbene, questa professoressa fu immediatamente licenziata dal vescovo. L'autorità italiana recepì e la rimosse dall'insegnamento.
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. No, sempre la stessa storia!
VALDO SPINI. Mi domando, allora: se, domani, dovesse avvenire un fatto di tal genere, cosa succederebbe? L'autorità italiana si prenderà la briga di cacciare l'ipotetica donna dall'insegnamento pubblico per sostituirla con un'altra, magari di derivazione religiosa? E quale sarà, poi, l'organico che dello Stato italiano? Vi sarà un'incertezza di organico! Veramente, da questo punto di vista, capisco i problemi sociali che stanno dietro una categoria certamente bistrattata (che, forse, la Chiesa cattolica non ha più i fondi di prima per sostenere), che non c'è più l'afflusso di religiosi che vi era prima (prima, erano molti i religiosi che si dedicavano a quest'azione); capisco i problemi economici...
PRESIDENTE. Onorevole Spini...
VALDO SPINI. ...ma al di sopra dei problemi economici c'è la Costituzione, signor Presidente (io so che anche lei è sensibile a questi valori)!
Allora, mi si lasci dire che occorrerebbe veramente un ripensamento da parte di molti colleghi per non creare questo vulnus alla Costituzione ed al nuovo Concordato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Spini.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
(Segue la votazione).
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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 369
Votanti 356
Astenuti 13
Maggioranza 179
Hanno votato sì 232
Hanno votato no 124).
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...
(Esame di un ordine del giorno - A.C. 2480-B)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (vedi l'allegato A - A.C. 2480-B sezione 5).
Invito il rappresentante del Governo, la collega Valentina Aprea, a dare la sua desiderata opinione sull'ordine del giorno Sasso n. 9/2480-B/1.
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VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, mi è pervenuto solo l'ordine del giorno Sasso n. 9/2480-B/1.
PRESIDENTE. Si deve accontentare (Si ride).
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Direi ai presentatori di questo ordine giorno che il Governo lo accoglie come raccomandazione, naturalmente sapendo che l'impegno richiesto non riguarda questo provvedimento. Quindi, proprio perché quello della pianificazione delle immissioni in ruolo è un problema che sentiamo, poiché ci sono già degli atti del ministro Moratti, mi sento di accogliere questo ordine del giorno come raccomandazione.
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Sasso, prima firmataria di questo ordine del giorno, se insiste per la votazione.
ALBA SASSO. Signor Presidente, non insisto per la votazione, però vorrei ricordare alla sottosegretario Aprea che non è vero che il tema da noi posto nell'ordine del giorno non riguardi anche questo provvedimento, perché mentre contestualmente si mettono in ruolo alcuni, trovando i fondi con una copertura finanziaria discutibile, non si fa la stessa operazione per coloro che sono nelle graduatorie permanenti e che da due anni aspettano a buon diritto di essere immessi in ruolo. Oltretutto, c'è stata una sentenza del TAR che ha bloccato le graduatorie permanenti. La scuola è in una condizione di caos assoluto e il Parlamento si preoccupa solo di immettere in ruolo gli insegnanti di religione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Comunque prendo atto che lei non insiste per la votazione.
È così esaurita la trattazione dell'unico ordine del giorno presentato.
Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2480-B)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Emerenzio Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, colleghi, noi qui abbiamo in seconda lettura il provvedimento che ci arriva dal Senato che non è stato modificato in maniera sostanziale. Sono state introdotte soltanto alcune precisazioni di carattere contabile. Di certo vi è stato un ulteriore slittamento, ma credo che a questo punto la lunga attesa del precariato degli insegnanti di religione cattolica sia finalmente giunta al termine dopo ben 17 anni, da quando cioè con l'intesa del 1985 lo Stato italiano si era impegnato per addivenire alla definizione di un nuovo stato giuridico per gli insegnanti di religione.
In sede di dichiarazione di voto della prima lettura avevo tenuto a precisare, e lo voglio ribadire oggi, il carattere bipartisan del provvedimento, che prescinde da qualsiasi considerazione e diatriba ideologica in quanto oggi i docenti sono per almeno l'80 per cento laici, spesso con famiglia a carico, e sono dei lavoratori che svolgono la loro professione al servizio degli studenti. Per ragioni di equità, a parità di doveri deve corrispondere parità di diritti. L'ora di religione ha perso il suo carattere clericale già con il Concilio ecumenico Vaticano II, l'avvio del processo di secolarizzazione e l'introduzione progressiva nella scuola di docenti di religione, che sono però laici e che oltre al catechismo cercavano di far arrivare alle giovani generazioni il messaggio etico e culturale rappresentato dalla religione cattolica. Non entrerò nel merito del provvedimento rimandando alla dichiarazione che svolsi nel dicembre scorso, vorrei ribadire soltanto che si tratta di un provvedimento di assoluta novità per collocare in ruolo tali docenti, ad esclusione delle due esperienze delle province autonome di Trento e di Bolzano. Si tratta di un buon testo che interessa 10 mila docenti ad orario pieno nella scuola secondaria e circa 3 mila nella scuola materna ed elementare, che potrebbero ottenere l'immissione in ruolo già dal prossimo anno se in possesso di un'anzianità di servizio di almeno quattro anni.
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Si tratta di un mondo che, dopo anni di attese, di amarezze e di delusioni, stava invecchiando in uno stato di precariato inaccettabile. È per questi motivi che preannuncio e confermo il voto favorevole su questo provvedimento da parte del gruppo parlamentare dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.
CARMEN MOTTA. Signor Presidente, con l'approvazione di questo provvedimento, approvato dal Senato senza alcuna modifica significativa che recepisse le proposte emendative migliorative di gran parte dell'opposizione, esattamente come già avvenuto alla Camera nel corso della prima lettura, si è persa, e me ne dispiace, un'occasione preziosa per collocare l'insegnamento della religione cattolica nel quadro delle finalità del sistema scolastico, conferendo dignità culturale ad un insegnamento che ne ha sicuramente i tratti, oltre quelli formativi.
Il dibattito che si è aperto, che poteva essere proficuo per affermare e riaffermare che la scuola è il luogo per eccellenza ove è possibile acquisire il senso del concetto di cittadinanza in modo laico e bipartisan proprio perché la scuola è e dovrebbe essere il luogo dell'educazione al dialogo, è stato incanalato da parte del Governo e della maggioranza in una specie di atto dovuto di sanatoria con l'atteggiamento di chi, anziché lavorare per il futuro, guarda al passato e al più si ferma al presente.
Ai colleghi della maggioranza, che hanno stigmatizzato le nostre critiche ricordandoci che fu proprio durante il Governo dell'Ulivo che fu affrontato il problema, rispondo che il contesto in cui maturò quella proposta e il contesto attuale sono molto diversi. Allora era in atto una riforma della scuola nella quale le istituzioni scolastiche autonome svolgevano un ruolo vero teso alla qualificazione dell'intero sistema e nel quale erano definiti i valori di riferimento per ogni soggetto operante nella scuola; in quel contesto ci si impegnava a promuovere la qualificazione culturale nonché il riconoscimento
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di una formazione educativa dei docenti di religione cattolica evitando però forme parallele e dequalificate di reclutamento del personale della scuola, dunque, anche degli insegnanti di religione. Ora, il contesto è molto differente; è in atto un'altra riforma che ha assunto, quale criterio ispiratore, il principio economico-funzionalista - altro che centralità della persona - irrigidendo e frantumando il processo formativo delle persone. Questo Governo, attraverso due leggi finanziarie, ha avviato una stagione di contenimento dell'organico, come è avvenuto per l'anno in corso, fino a ridurre a zero le assunzioni; Governo che si rifiuta di applicare la legge n. 124 del 1999 per la sistemazione dei docenti precari e accusa l'opposizione di non voler sanare il precariato degli insegnanti di religione. È un'accusa infondata e strumentale che noi non intendiamo accogliere; ed è, invece, un volersi attribuire un merito che non corrisponde a verità. Per noi tutti i lavoratori sono tali, e per tutti riconosciamo diritti, pari dignità e tutele.
Nell'ultimo decennio sapete perfettamente che in sede di contrattazione collettiva la condizione di questi docenti ha subito notevoli miglioramenti sia sul piano giuridico sia sul piano economico; la contrattazione collettiva non ha potuto risolvere questioni come quelle del ruolo che oggi si configura come contratto a tempo indeterminato, perché quelle questioni derivavano, per questi insegnanti, da una fonte e da una scelta legislativa concordataria. Infatti, la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico prevista dal decreto legislativo n. 29 della 1993 affronta, per questi come per gli altri lavoratori della scuola, questioni relative alle condizioni di lavoro, mentre restano regolate per via legislativa, perché così espressamente previsto dalla Costituzione, le materie relative al reclutamento e alla libertà di insegnamento. Questi sono fatti che tutti conosciamo e che dovremmo conoscere. Si potevano allora trovare soluzioni migliorative del testo iniziale del provvedimento; il gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-l'Ulivo le ha proposte al fine di risolvere i problemi aperti per questa categoria di insegnanti; proposte più rispettose della qualità dell'istruzione e del principio di uguaglianza. Infatti, il passaggio più critico del testo del provvedimento riguarda la possibilità della mobilità professionale che si
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concede agli insegnanti di religione assunti a tempo indeterminato, cioè la possibilità, in caso di revoca dell'autorizzazione da parte dell'autorità ecclesiastica, di passare all'insegnamento di altra disciplina anche quando l'insegnante è sprovvisto di una laurea riconosciuta dallo Stato.
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Si tratta di un canale privilegiato di reclutamento, altrimenti come altro lo si potrebbe definire?
La revisione del Concordato del 1984 ha segnato un passo avanti sul piano della laicità, riconoscendo alle famiglie la facoltà di avvalersi o meno dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole, mantenendo l'obbligo di impartirlo in capo allo Stato.
Lo Stato, tuttavia, ha anche il dovere di essere attento a mantenere la legislazione entro i confini dell'intesa stipulata nel 1985 tra il Ministero della pubblica istruzione di allora e la Conferenza episcopale italiana, ma in alcuni passaggi ci sembra che si vada oltre quell'intesa, perché lo status - chiamiamolo così - degli insegnanti di religione cattolica deriva dal fatto che per essi si prevede una duplice dipendenza giuridica, quella statale e quella ecclesiastica, come il diritto di idoneità e di revoca riconosciuto all'autorità ecclesiastica.
Ecco l'ulteriore condizione di assoluta anomalia per il nostro ordinamento: in caso di contrazione dei posti, o di revoca dell'autorizzazione da parte della diocesi, e se non è possibile la mobilità, lo Stato può licenziare - può farlo - non in violazione di norme del nostro ordinamento, bensì per decisione insindacabile di una diversa autorità, quella ecclesiastica.
Erano proprio insormontabili questi due punti, assai critici ed estremi, che qui ho succintamente segnalato? Abbiamo avanzato proposte di "riduzione del danno", come si usa dire; ne cito alcune particolarmente significative: passaggio ad altre classi di concorso, condizionato da requisiti quali la laurea; l'obbligo di permanenza nell'insegnamento per almeno cinque anni; la qualità delle prove concorsuali.
Si tratta di osservazioni già ampiamente svolte nel dibattito in questa Assemblea e al Senato. Nessuno nega la rilevanza di tale insegnamento per chi lo sceglie, tenuto conto della nostra tradizione culturale, per la quale l'unità di fede rappresenta sicuramente un fattore di aggregazione e di identità, anche morale.
Proprio per questo, da laica, sostengo che si doveva - e si poteva - realizzare con questo disegno di legge i valori legati alla persona, alla vita, alla nostra identità nazionale ma anche
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statale, profondamente legate. Per questo motivo, si è persa un'occasione, e con questo provvedimento, invece, si introducono soluzioni riduttive, che creano inutili e dannose disparità.
Il provvedimento al nostro esame meritava un approccio più ampio, con una visione proiettata sul futuro, e poteva offrire agli insegnanti di religione cattolica una vera opportunità di svolgere quel ruolo di natura culturale-formativa non catechistica che li relega, viceversa, in una visione miope e ristretta, che certo non valorizza tale categoria di docenti.
Come sempre, credo che il tempo darà ragione delle nostre buone ragioni. Per questo motivo esprimo, a nome del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, intervengo per la gravità che questo disegno di legge riveste nel contesto del nostro ordinamento. Con il pretesto di risolvere una questione di carattere sociale, infatti, si configura un meccanismo, riguardante gli insegnanti di religione, del tutto anomalo e straordinario, il quale intacca gravemente i princìpi della sovranità della Repubblica e modifica, nella qualità, gli stessi accordi intervenuti tra lo Stato italiano e la Santa Sede.
Vorrei ricordare ai colleghi che nella situazione precedente, in base al Concordato, era attribuita alle diocesi la scelta e la revoca degli insegnanti di religione, mentre lo Stato italiano si limitava a pagare il conto a piè di lista.
Oggi, invece, ci troviamo in una situazione profondamente differente: si introduce un concorso, si attribuisce alla diocesi la possibilità di scegliere tra coloro che sono considerati idonei, si continua a concedere alla stessa diocesi la possibilità di effettuare la revoca e si attiva, per coloro che vengono revocati, un meccanismo di mobilità che può portarli ad altri insegnamenti all'interno dell'ordinamento scolastico.
In questo modo (non può sfuggire ai colleghi), la diocesi interviene non soltanto nella scelta degli insegnanti di religione ma, indirettamente, anche nella scelta degli insegnanti di altra materia. Ci troviamo in una situazione in cui si è configurata una sorta di cassa integrazione per il Vaticano o per la diocesi.
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Per coloro che amano la flessibilità, l'unico caso in cui non applicano tale principio è proprio quello in cui questo tipo di contratto discende da un accordo tra Santa Sede e Stato italiano. Quindi, è una modifica che consideriamo grave, perché intacca i principi della Costituzione e perché modifica quel Concordato, a cui anche i socialisti con il presidente Craxi dettero un contributo, che aveva stabilito un equilibrio molto delicato che non bisognava in alcun modo alterare.
In conclusione del mio intervento, vorrei aggiungere una considerazione generale che riguarda l'insegnamento della religione. Sono stato sempre del parere che bisognasse superare l'insegnamento della regione così come oggi è configurato nella scuola e che si potesse arrivare non all'insegnamento della religione ma all'insegnamento delle religioni gestito da parte dello Stato senza l'interferenza della diocesi.
Aggiungo che, se si abolisse l'insegnamento della religione, cosa che non esiste in questa forma in nessuna parte dell'Europa occidentale (noi lo abbiamo detto tante volte), si potrebbe affrontare il discorso del finanziamento alla scuola privata. Tuttavia, non si può avere il retaggio arcaico dell'insegnamento della religione e l'aspetto moderno del pluralismo scolastico e del supporto finanziario eventuale da parte dello Stato.
Pertanto, la nostra non è affatto una posizione di cieco anticlericalismo, non è affatto una posizione che non prende in considerazione i problemi che riguardano la società, ma è una posizione ispirata fermamente a quei principi di laicità che sono alla base della nostra Costituzione e della nostra Repubblica.
Per queste ragioni, il gruppo Misto-Socialisti democratici italiani esprimerà un voto contrario, confermando la contrarietà che ha già espresso nel precedente esame del provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, vogliamo ribadire la nostra contrarietà a questo provvedimento dopo un dibattito molto approfondito che si è svolto qui alla Camera e poi al
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Senato. La nostra è una contrarietà di fondo, una contrarietà profonda di metodo ma soprattutto di merito, da parte di chi, come noi, è fermamente contrario all'idea e alla pratica del testo concordatario e non lo fa, onorevoli colleghi e colleghe, ovviamente, per riproporre una guerra di religione, ma sulla base di un importante e fondamentale principio liberale, un principio fondativo della nostra Carta costituzionale: libera Chiesa in libero Stato.
A partire da questo principio di fondo, siamo contrari alla posizione di privilegio che deriva dal testo concordatario all'insegnamento della religione cattolica all'interno della scuola pubblica.
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Siamo contrari perché crediamo fermamente che una scuola pubblica debba insegnare la storia delle religioni, di tutte le religioni, perché l'umanità ha affrontato, anche attraverso la religione, il problema della trascendenza. Tale insegnamento ha avuto grosso peso nella formazione del pensiero moderno, nella filosofia, nei modi di vita e di pensiero della nostra cultura. Ciò, evidentemente, è un'altra cosa rispetto a quanto propone il testo concordatario dell'epoca fascista, aggiornato da Bettino Craxi nel 1984, che assomiglia molto di più ad una pratica di privilegio, di imposizione di un'idea etica di Stato. Si tratta di una pratica funzionale alle forme autoritarie del potere che ci hanno insegnato, nella storia dell'umanità, quanto sia utile derubricare la religione ad oppio dei popoli.
Dunque, è necessario trattare il tema della storia di tutte le religioni, colleghe e colleghi, che lo vogliate o no, a partire anche da quella "schifezza" che avete chiamato Bossi-Fini. La nostra, infatti, è destinata inevitabilmente a diventare una società multietnica, multireligiosa, con una presenza ed una cittadinanza - noi vorremmo definirla così - plurale di popoli e culture del mondo. Quindi, dovremo affrontare nuovamente in altri temi la materia della religione.
Anche a partire da tali riflessioni il provvedimento in esame è antistorico, oltre ad essere, dal nostro punto di vista, profondamente sbagliato perché lede il principio della laicità dello Stato. Vi è un forte problema di modalità: si è voluta risolvere la questione degli insegnanti di religione attraverso l'immissione in ruolo. Si tratta di un provvedimento grave perché crea un doppio canale, una doppia autorità all'interno dell'ordinamento scolastico: quella che deriva dall'organizzazione statale in materia di pubblica istruzione e quella che deriva, invece, dall'organizzazione ecclesiastica, cioè dalle diocesi.
Si tratta di privilegi, doppi canali che suonano come uno schiaffo in faccia, in tempi così magri e tristi per il destino della scuola pubblica italiana, rispetto alla condizione di migliaia di precari storici che voi avete piegato, ancora di più, con i vostri provvedimenti ad una logica di ultra flessibilità e
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precarizzazione bloccando, in primis, le immissioni in ruolo previste per il 2003-2004. A tale riguardo per i prossimi mesi tutto tace.
Vi è, dunque, un'obiezione di sostanza al provvedimento che, però, non ci fa dimenticare del fatto che gli insegnanti di religione sono lavoratori a tutti gli effetti e come tali, sotto questo profilo, vanno tutelati. Perciò, pur scartando l'ipotesi dell'immissione in ruolo, abbiamo chiesto insistentemente che le loro condizioni, in base alla nomina annuale, fossero quelle degli insegnanti a tempo indeterminato e che essi, quindi, godessero delle stesse condizioni degli altri insegnanti sotto ogni profilo.
Ci siamo occupati, inoltre, del principio della libera scelta sancito dalla legislazione (formalmente, sarebbe sancito persino dal Patto concordatario).
Ci siamo occupati, quindi, della possibilità di un'alternativa alla cosiddetta ora di religione. Se questa alternativa è possibile praticarla - se pure con un percorso molto accidentato - per quanto riguarda gli alunni che dispongono di libera scelta, ciò è assolutamente ed evidentemente negato per gli alunni della scuola materna e di quella elementare, i quali, in base alla figura del docente unico (il docente ordinario, al quale si sovrappone anche l'insegnante di religione), vedono ricattata la loro possibilità concreta di svolgere altre attività didattiche utili alla loro formazione, mentre altri studenti scelgono appunto l'insegnamento religioso in modo libero. La volontà di questi studenti viene esercitata ovviamente da parte dei loro genitori e, quindi, questa libertà di scelta in realtà viene molto spesso negata in virtù di questo meccanismo. Tutto ciò si configura ancora una volta all'interno di un impianto oscurantista ed autoritario dell'idea di scuola pubblica, nonché all'interno di un impianto di attacco diretto ai principi fondamentali della laicità dello Stato, delle libertà collettive e di quelle individuali, dei diritti e della qualità dell'istruzione pubblica nel nostro paese. Si tratta di un passo molto grave, che noi prendiamo sul serio, e pertanto esprimeremo, anche in questa occasione, un voto contrario su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Teodoro. Ne ha facoltà.
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ANDREA DI TEODORO. Mi sarei limitato a dichiarare soltanto il voto favorevole del gruppo di Forza Italia su questo provvedimento, se non avessi invece ascoltato gli interventi dei colleghi della sinistra, che a mio parere prefigurano una strana concezione in base alla quale il preteso e decantato universalismo dei diritti, soprattutto di quelli dei lavoratori, è tale soltanto se riguarda alcune categorie di soggetti, e non altre (forse, se ci fossimo occupati degli insegnanti di religione islamica, la loro posizione sarebbe stata diversa!), e se il principio di Stato laico viene inteso - come mi sembra sia in effetti da loro inteso - come una difesa ad oltranza del laicismo di Stato, che è cosa ben diversa.
Ritengo che questo provvedimento abbia invece una caratteristica estremamente positiva, dal momento che considera gli insegnanti di religione cattolica non tanto come operatori clericali, una sorta di quinte colonne di una potenza occulta e straniera (lo Stato del Vaticano) all'interno dello Stato italiano, ma per quello che essi invece sono, cioè uomini e donne, nella maggior parte laici, che spesso mantengono famiglie svolgendo un lavoro difficile come quello dell'insegnante e che finalmente oggi trovano una tutela dei loro diritti, pari a quella degli altri loro colleghi all'interno della scuola italiana, della quale fanno integralmente parte a tutti gli effetti: diritti che, fino ad oggi, non hanno avuto e che grazie all'attuale Governo e a questa maggioranza finalmente oggi hanno.
Non mi sembra che siano fondate le obiezioni che i colleghi hanno avanzato, circa l'esistenza di un doppio canale, una sorta di via brevior per arrivare ad insegnare su altre cattedre, grazie al meccanismo della mobilità di cui fruirebbero una volta revocata l'idoneità da parte dell'ordinario diocesano. Ciò in quanto nel comma 3 dell'articolo 4 del provvedimento si specifica che la fruizione delle procedure di mobilità previste per il comparto del personale della scuola è subordinata al possesso dei requisiti prescritti per l'insegnamento per il quale si fruisce appunto della procedura di mobilità; non mi sembra, dunque, che vi sia alcuna discriminazione nei confronti degli altri insegnanti. Allo stesso modo, d'altro canto, il provvedimento prevede che vi sia un concorso per il riconoscimento dello stato giuridico in sede di prima applicazione.
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Dunque, anche in questo caso, non si tratta di una sorta di scivolo di ingresso privilegiato - come è avvenuto negli anni scorsi per altre categorie di precari nella scuola -, in quanto si prevede un regolare concorso per l'immissione in ruolo di questa categoria di insegnanti.
Ritengo quindi infondate nel merito le obiezioni, essendo ispirate da una concezione giacobina, laicista e veteromarxista dello Stato. Al contrario, questo provvedimento è volto a realizzare una vera giustizia per una categoria di lavoratori di cui, fino ad oggi, i Governi molto spesso si sono riempiti la bocca senza occuparsi realmente delle loro necessità.
Il nostro gruppo ha svolto in Commissione un lavoro degno di nota, appoggiando il disegno di legge e migliorandolo nella parte in cui si è potuto intervenire con la collaborazione dei colleghi degli altri gruppi. Da questo punto di vista sono quindi fiero, non solo come parlamentare di Forza Italia ma anche cittadino italiano di uno Stato laico ma non laicista, di dichiarare il voto favorevole del mio gruppo su questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente, ci accingiamo a votare, per la seconda volta in questa legislatura, il provvedimento sullo stato giuridico degli insegnanti di religione, che avevamo già approvato nel dicembre scorso e che, tra l'altro, era stato oggetto di trattazione anche nella scorsa legislatura durante il Governo dell'Ulivo.
Con grande serenità non ho problemi ad affermare che sono felice che questo Governo, a differenza del centrosinistra, sia riuscito a portare a compimento questo provvedimento, dunque preannuncio il voto favorevole sullo stesso del UDEUR-Popolari per l'Europa.
Infatti, esisteva un obbligo nei confronti di questa categoria di lavoratori, derivante dall'Accordo concluso nel 1984 tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica. In questo Accordo si era assunto l'impegno affinché gli insegnanti di religione potessero essere inseriti a pieno titolo in un apposito ruolo, che poi è ciò che, finalmente, questo provvedimento realizza.
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A mio avviso, tutto questo - mi riferisco in particolare all'individuazione di tali insegnanti - deve avvenire in un clima di concordia e di collaborazione fra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Tuttavia, ho qualche perplessità rispetto alla mobilità di tale personale all'interno di ruoli in cui vi è la presenza di altri insegnanti con più titoli - e dunque con maggiori possibilità di rimanere in quel ruolo - e ai quali aspirano anche i precari. Questo è un punto di debolezza e di insoddisfazione, in quanto i soggetti non sono posti sullo stesso piano, ma si fa un torto ad altri insegnanti, facilitando eventuali insegnanti di religione posti in mobilità rispetto ad una trafila concorsuale che altri, invece, hanno dovuto percorrere per insegnare in quei ruoli.
Detto ciò, occorre sottolineare che il nostro voto favorevole è dovuto in primo luogo al fatto di voler onorare i patti, ma anche per sottolineare il valore di questo insegnamento. Io per prima, che ho radici repubblicane, sono felice del valore della laicità dello Stato, ma noi legislatori dobbiamo anche renderci conto che siamo di fronte ad una secolarizzazione sempre maggiore che, naturalmente, non fa bene - tra virgolette - alla qualità dei rapporti all'interno del nostro Stato. Ciò in quanto, mai come in questo momento caratterizzato dalla globalizzazione, dall'immigrazione e dalle nuove povertà, abbiamo bisogno di declinare a tutti livelli - a livello nazionale, regionale e degli enti locali - quei valori di eguaglianza, di amore, di solidarietà e di fratellanza che sono alla base dell'insegnamento cattolico.
L'insegnamento impartito nelle scuole deve costituire un trasferimento di conoscenza per dare contezza di questi valori che il nostro paese - grazie a Dio e alla nostra storia - ha saputo inserire anche all'interno della crescita di una cultura laica, che poi ha condotto alla laicità dello Stato.
Tale cultura laica non è aliena da questi valori, ma semplicemente li ha declinati in modo più generale e staccato dalla religione cattolica. Tuttavia, se non diamo ai ragazzi tali basi attraverso l'insegnamento come possiamo pensare che domani siano cittadini in grado di declinare i valori stessi nella piena libertà di adesione, che avranno da adulti, di accedere
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alla religione cattolica o di restare laici, ma fortunatamente consapevoli della loro esistenza grazie all'insegnamento cattolico impartito all'interno delle nostre scuole statali?
Credo pertanto che tutto ciò sia necessario e utile, a prescindere dagli obblighi assunti, proprio perché le radici della nostra cultura e della nostra storia non vadano perse e affinché permanga un retaggio che ci onora e che il provvedimento in esame consente alle nuove generazioni di potere continuare ad onorare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento sullo stato giuridico degli insegnanti di religione procede oggi verso un traguardo finale positivo. Sono passati ben diciotto anni da quando, come è stato ricordato, la legge n. 121 del 1985 di ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra lo Stato e la Chiesa cattolica del 1984, è entrata in vigore. Tale legge all'articolo 9, sancendo il valore della cultura religiosa e riconoscendo ai principi del cattolicesimo di essere parte integrante del patrimonio storico del popolo italiano, affermava e ribadiva l'impegno della Repubblica italiana ad assicurare l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado.
Nella stessa premessa all'Intesa del 1985, lo Stato si assume un ulteriore impegno, quello di dare una nuova disciplina dello stato giuridico agli insegnanti di religione. Tutti questi anni non sono trascorsi inutilmente: oggi le opposizioni ideologiche a questo passaggio legislativo si sono fortemente allentate, tanto da far registrare un'ampia disponibilità tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione ad approvare rapidamente la legge in esame e tanto da far esprimere un sostanziale consenso anche da parte della larga maggioranza delle organizzazioni sindacali.
La Camera dei deputati si accinge quindi a licenziare un testo frutto di otto proposte di legge, alle quali si è aggiunto il disegno di legge del Governo. Un testo che, è bene ricordarlo, fu licenziato dalla Commissione lavoro e dalla stessa Camera, durante la prima lettura.
Ma cosa è mutato in questi ultimi anni, al punto da far maturare la decisione in esame? Ritengo sia maturata la piena
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accettazione e consapevolezza del fatto che gli insegnanti di religione sono pienamente inseriti nel quadro della finalità della scuola. Ciò ha comportato un'evoluzione contrattuale positiva che ha sostanzialmente costruito una rete di diritti e doveri degli insegnanti di religione pressoché equiparata al resto del personale docente.
Si sono poi aggiunti ulteriori elementi: la notevole espansione nel corpo docente degli insegnanti di religione della componente laica, che costituisce l'80,5 per cento, rispetto al 19,5 per cento di religiosi; la stabilizzazione della loro posizione: oggi un numero di ore superiori a 18 settimanali viene effettuato dal 63,8 per cento degli insegnanti di religione, rispetto al 23,7 per cento registrato nell'anno scolastico 1993-1994; nella scuola media superiore, gli insegnanti di religione a tempo pieno sono passati dal 29,3 per cento al 71 per cento.
Tali fattori hanno determinato una spinta alla stabilità e alla migliore professionalità, che oggi hanno bisogno di essere sancite da un quadro legislativo certo, ovvero da una piena immissione in ruolo dei docenti di religione.
Pertanto esprimeremo un voto favorevole, anche se abbiamo proposto ulteriori correzioni e miglioramenti, alcuni dei quali sono stati introdotti nel corso della precedente lettura. Non è un testo perfetto, non è un testo che ci soddisfa compiutamente, tuttavia è un testo positivo.
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Voteremo favorevolmente senza alzare il tono e senza caricare ideologicamente questo provvedimento. Votiamo favorevolmente perché l'oggetto di questo provvedimento non è l'insegnamento della religione cattolica ma lo stato giuridico degli insegnanti di religione. Allo stato, questi lavoratori godono di una retribuzione pressoché uguale a quella degli altri insegnanti ma non hanno un uguale trattamento previdenziale e di carriera. Si tratta, quindi, di lavoratori precari che da tanti anni aspettano di vedere definito il loro stato giuridico. Quindi, questo provvedimento ci appare null'altro che un atto di giustizia e di equità (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, si è già discusso in aula di questa materia. Allora, esprimemmo il voto contrario di quella parte del gruppo misto che rappresento. Ripeteremo il medesimo voto in questa occasione. Onorevoli colleghi, non è in questione l'insegnamento della religione cattolica. Esso è previsto dalle norme del Concordato. Tuttavia, si tratta di un insegnamento facoltativo. Ciò che è in questione con il provvedimento al nostro esame rappresenta un errore che la maggioranza, riprendendo una strada già fissata nella precedente legislatura, oggi vuole ripetere: introdurre nei ranghi dei professori ordinari delle scuole di ogni ordine e grado gli insegnanti di una materia facoltativa. Questo è un vulnus molto grave inferto alla parità dei cittadini di fronte alle leggi. Onorevoli colleghi, a mio avviso si raggiunge in modo molto profondo l'incostituzionalità, perché, con il combinato disposto degli articoli 3 e 4 di questo provvedimento, stabiliamo una via di accesso privilegiato ai ranghi dell'insegnamento nelle scuole. All'articolo 3 si prevede, infatti, un concorso speciale tra coloro i quali godono di una particolare autorizzazione da parte delle autorità ecclesiastiche; in base a tale concorso, essi vengono immessi nel ruolo degli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado. All'articolo 4, poi, si prevedono i casi di mobilità per questo personale
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scolastico, ormai ordinario, e si stabilisce che, in due circostanze - nel caso in cui le autorità ecclesiastiche abbiano revocato l'idoneità o nel caso in cui la diminuzione del numero degli studenti imponga la mobilità -, queste persone, entrate nell'elenco degli insegnanti ordinari delle scuole di ogni ordine e grado, vadano ad insegnare altre materie. Quindi, vi sono due modi di accesso alla professione di insegnante nella scuola pubblica: quello che avviene attraverso i concorsi, ai quali sono assoggettati tutti coloro i quali vogliano concorrere alla carica di insegnante, e la via indiretta che passa attraverso le autorità ecclesiastiche. Quanto al fatto che questa norma possa essere considerata costituzionale, lo si vedrà. Ma, mi chiedo per quale ragione il Parlamento debba forzare il contenuto delle intese tra lo Stato e la Chiesa cattolica, sino al punto di inserire nell'ambito dei suoi dipendenti coloro che sono chiamati ad insegnare una materia facoltativa. Si tratta di un tema molto delicato.
Signor Presidente, in materie come questa non si tratta di riparare alle ingiustizie sociali, come ha detto il collega che mi ha preceduto. Nell'ambito dei rapporti tra lo Stato e le chiese, si tratta di stabilire regole e principi che non possano essere assoggettati alle giustificazioni di tipo sindacale alle quali viene assoggettato questo provvedimento. Si tratta di un vulnus molto grave per la Costituzione di uno Stato liberale, democratico e repubblicano come il nostro. Per questi motivi voteremo contro (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.
MAURA COSSUTTA. Grazie, signor Presidente. Mentre volete una delega sul mercato del lavoro che costruisce la totale e stabile precarizzazione di tutti i rapporti di lavoro, mentre non trovate le risorse - lo vedremo adesso nel DPEF - per finanziare il contratto del pubblico impiego, vale a dire per soddisfare quello stesso patto che il vostro Vicepresidente ha stretto nel febbraio scorso con i lavoratori, mentre nelle scuole non si fanno nomine a tempo indeterminato e la finanziaria falcidia gli organici del personale docente, voi
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predisponete questo provvedimento sugli insegnanti di religione.
È una legge ideologica e per questo iniqua, che crea disparità tra i lavoratori: l'hanno già detto le colleghe e i colleghi, l'abbiamo ripetuto tante volte e lo dobbiamo ripetere. E i precari che non sono insegnati di religione? Altro che tutele. E quelli che non sono garantiti perché in esubero, che non sono insegnanti di religione? Voi create disparità tra i lavoratori, aprendo conflitti forti in una situazione in cui la scuola, la scuola pubblica, è in fortissima sofferenza.
D'altra parte, con questa legge voi accettate possibili discriminazioni per gli insegnanti di religione imposte da un codice che non è il nostro. Questo non è il codice civile ma il codice canonico, per cui - l'hanno detto i colleghi - lo Stato è obbligato ad assumere gli insegnati di religione, ma poi sarebbe obbligato a licenziare questi stessi lavoratori per la violazioni di norme che non sono del codice civile ma del codice canonico: per esempio, per la violazione di leggi fondamentali dello Stato, non soltanto rispetto al divorzio, ma anche rispetto alla legge n. 194, con donne insegnanti di religione che se abortiscono potrebbero essere licenziate.
Questa legge viola principi costituzionali nella possibilità di scegliere, vale a dire la facoltatività della scelta di religione, e viola quella che è per noi la laicità dello Stato. È una legge ideologica e per questo iniqua e anticostituzionale. La laicità per noi è un pensiero forte, non un pensiero debole, e sta tutta dentro i contenuti della nostra democrazia. Altro che principio di uguaglianza voi volete tutelare con questa legge, ossia il principio di uguaglianza dei diritti! Questo principio è assolutamente violato. Sempre devono essere tutelati i diritti uguali per tutti, sempre e di tutti, cittadini italiani e cittadini immigrati, ma questo è un discorso che continueremo a farvi. Uguali, certamente, devono essere le condizioni di lavoro, le retribuzioni per gli insegnanti di religione. Ma per tutti gli altri? I lavoratori precari?
Io credo che la scelta della laicità è una scelta di democrazia, altro che laicismo. È una scelta di fondo e la nostra Repubblica è laica proprio perché democratica ed è democratica proprio perché laica, mentre il confessionalismo - che non è roba del passato, ahimé, ma è roba modernissima
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- è sempre stato, ma lo sarà nel futuro, un elemento di sofferenza rispetto a questa concezione democratica, perché declina e stravolge il principio di uguaglianza, secondo uno schema inclusione ed esclusione, che quindi viola, appunto, questa natura democratica. Si tratta di un principio di inclusione ed esclusione per cui i diritti valgono, vengono riconosciuti e vengono garantiti rispetto ad un'appartenenza identitaria - che con questa legge oggi voi volete ribadire - che è quella religiosa. Tuttavia, questo è un vulnus pericolosissimo perché domani vi potrebbe essere un'appartenenza identitaria legata al territorio e alla razza. Questo meccanismo di inclusione-esclusione rispetto ai criteri di appartenenza è gravissimo.
Pertanto, per questi motivi voteremo contro. Abbiamo fatto la battaglia durante la prima lettura e continueremo a farla fino alla fine, come anche nel paese. Auspico che questi ragionamenti siano non solo ascoltati ma anche condivisi dai parlamentari che si dicono cattolici e che sono cattolici, perché la laicità è patrimonio di tutti, cattolici e non. Qui siamo a un nodo decisivo: io credo che con questa legge si misura e si verifica la coerenza di principi fondativi della nostra cultura democratica, che è laica e costituzionalista.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCELLO TAGLIALATELA, Relatore. Signor Presidente, intervengo anche ricordando che il gruppo di Alleanza nazionale ha avuto, tra l'altro, come presentatori di disegni di legge sull'argomento i colleghi Coronella e Landolfi, a dimostrazione di come questo sia un tema particolarmente condiviso.
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Premessa questa considerazione, mi consenta, signor Presidente, onorevoli colleghi, di ribadire alcuni principi che il provvedimento in esame intende introdurre all'interno della nostra legislazione e che dovrebbero fare piazza pulita di polemiche di tipo ideologico che ho avuto modo di ascoltare oggi in quest'aula per la seconda volta. Abbiamo partecipato allo stesso dibattito nel dicembre dell'anno scorso; le medesime argomentazioni addotte dai colleghi della sinistra, che hanno deciso di esprimere un voto contrario, sono state espresse oggi per la seconda volta.
Probabilmente ci si dimentica che questo è il provvedimento attraverso il quale viene istituito il ruolo degli insegnanti di religione che fino ad oggi sono precari (non ve ne è nemmeno uno che sia di ruolo); questo è un elemento che si fa fatica a ricordare da parte di coloro i quali, a sinistra, hanno assunto una posizione ideologica.
Ho notato imbarazzo anche da parte di qualcuno che è intervenuto contro il provvedimento in esame perché è evidente che si tratta di una normativa che fa giustizia per quanto riguarda i diritti dei lavoratori che hanno scelto di svolgere un'attività che, certamente, non è di secondo piano rispetto a nessun'altra all'interno del mondo della scuola; anzi, vi sarebbe da discutere se eventualmente questo sia un tema al quale affidare buona parte della educazione dei nostri figli e dei nostri giovani.
Non è questo, tuttavia, il punto: oggi ristabiliamo una parità tra coloro che insegnano altre materie all'interno della scuola italiana e coloro che insegnano la religione cattolica. Sarà espletato un concorso e, attraverso il provvedimento in esame, sarà certamente migliorato il rapporto tra lo Stato italiano e le curie per quanto riguarda la scelta degli insegnanti; verranno, inoltre, introdotti principi concorsuali di trasparenza. Mi pare che stiamo facendo una cosa utile per il mondo della scuola, per gli insegnanti di religione e per i nostri ragazzi.
Questo è il motivo che mi spinge ancora una volta a dichiarare il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale sul provvedimento in esame e a fare in modo, indipendentemente
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dall'appartenenza alla maggioranza, che il maggior numero dei colleghi si impegnino ad esprimere un voto favorevole sul provvedimento.