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Aprileonline: Ma quale marcia indietro?

Alba Sasso

19/12/2008
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Aprileonline

Il Consiglio dei ministri ha approvato oggi i regolamenti attuativi del piano programmatico della scuola confezionato dal ministro dell'Istruzione Gelmini. Non c'è nessun cambiamento e non vengono accolte le critiche che provengono dal settore e dall'opposizione. Il segno, ennesimo, che si procede a tappe forzate a distruggere l'istruzione pubblica

Il Consiglio dei ministri ha oggi approvato i regolamenti attuativi del piano programmatico della scuola confezionato dal ministro dell'Istruzione Gelmini. Il piano previsto avrebbe dovuto essere congruo alla legge 133 e invece si scopre che introduce misure non previste dalla norma. Dunque la Gelmini e il governo non hanno fatto marcia in dietro. Il verbale firmato a Palazzo Chigi pochi giorni fa non ha comportato nessuna revisione da parte della responsabile dell'Istruzione e dell'esecutivo, come del resto lasciava intendere il permanere dei tagli originari, mai messi in discussione. Perché -ed è questo l'aspetto essenziale- la cosiddetta riforma Gelmini è tutto tranne che una riforma.: si tratta al contrario di un taglio economico, feroce e indiscriminato, che si abbatte come una mannaia su tutti i livelli scolastici, attraverso soprattutto la riduzione degli insegnanti e degli orari di formazione.

Quelli di oggi sono regolamenti attuativi di un piano che non ha accolto nessuna osservazioni critica, che non ha tenuto in conto un mondo, quello della scuola, che è scese in più occasione in piazza per far sentire il suo giudizio critico.

C'è poi un problema di metodo politico. I regolamenti attuativi, per volontà del governo e a differenza di quanto fatto dall'esecutivo di centrosinistra, non passeranno al vaglio delle Camere, il che comporta la possibilità, da parte dei promotori, di introdurre misure nuove e non previste. Cosa infatti accaduta, come dimostra l'anticipazione a due anni e mezzo della scuola dell'infanzia, già introdotta dalla Moratti e oggi riconfermata, senza essere stata però discussa o anticipata: un blitz, una misura introdotta in modo autoritario. Oltre ad essere una scelta insensata perchè comporterà la crescita della platea dei bambini a cui non potrà provvedere un corpo docente a sua volta decurtato dalla contrazione delle le risorse, dai tagli previsti. 87mila insegnanti sono mandati a casa con ripercussioni gravi sulla formazione primaria.

Anche il maestro unico è confermato, come del resto è obbligatorio fare quando si decide di tagliare fondi come ha deciso questo governo. Del resto il protocollo firmato a Palazzo Chigi era chiaro in tal senso e non faceva pensare ad una marcia indietro.

Per la scuola superiore, infine, l'impegno dell'esecutivo era un altro. La maggioranza si era impegnata, nel verbale, ad aprire un confronto su regolamenti attuativi: niente di più falso perché l'unica apertura riguarda la applicazione dei provvedimenti. Il problema al contrario è quello di discutere i contenuti, cosa prevedono i regolamenti, i quali in questo caso introducono novità (negative) non previste dalla legge 133. Il che non escluso possa aprire un contenzioso giuridico-normativo.

A questo punto si fa ancor più chiaro il fine del piano Gelmini. Massacrare la scuola dell'infanzia, e delle elementari (le migliori in Europa), colpire le medie riducendo il tempo prolungato, introdurre il federalismo fiscale col buono scuola, non può che significare voler procedere alla distruzione della formazione pubblica, costringendo e spingendo le famiglie verso quella privato. E' dunque un piano politicamente preciso, tutt'altro che a-finalistico. A cui si procede, infatti, senza ascoltare le esperienze reali che giungono dal mondo scolastico, senza tenere in considerazione i suoi protagonisti: insegnanti e famiglie.

Quanto sta attuando il governo Berlusconi è un colpo mortale inferto non solo all'istruzione, ma anche all'occupazione: nella scuola non entrerà più nessun docente, i precari saranno licenziati, mentre il corpo insegnanti subirà un progressivo invecchiamento.


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