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Senato e consiglio d'amministrazione esaminano la difficile situazione finanziaria. Lo spettro dell'esercizio provvisorio
Università in rosso, pronti i tagli
Maratona per il bilancio. Forse lo stop ai nuovi incarichi
Una riunione di dodici ore non ha consentito il varo della manovra nella prima seduta
Un incremento di spese di circa 7 milioni e nessun aumento del fondo ministeriale
GIULIANO FOSCHINI
Una riunione di dodici ore per arrivare a un nulla di fatto. Il Consiglio di amministrazione dell'Università non ha approvato in prima seduta il bilancio di previsione per l'esercizio del 2006: la discussione continuerà questa mattina e verosimilmente anche domani, quando ci sarà una riunione congiunta con il Senato Accademico, al termine della quale il cda dovrebbe approvare il bilancio. Caso contrario, l'Università andrà in esercizio provvisorio.
Il nodo sta nei tagli delle spese rispetto allo scorso anno che il cda inevitabilmente dovrà ratificare. A fronte di un incremento di uscite di circa 7 milioni di euro - dovuto all'integrazione di stipendio del personale docente (3 milioni e 850mila euro) e del personale tecnico amministrativo (2milioni e 850mila euro) - e a nessun aumento del fondo ministeriale, la direzione amministrativa ha evidenziato l'esigenza di ridurre altre voci di spesa. È partita così una caccia alle spese inutili, o per lo meno evitabili. La commissione bilancio ha individuato un percorso da intraprendere. Percorso che però, almeno per il momento, non ha convinto i consiglieri d'amministrazione che si sono presi tempo per discutere e ripensare la manovra.
Manovra che nelle previsioni andrà a toccare dell'11 per cento circa tutte le spese variabili. E dunque anche studenti e professori. Secondo la bozza presentata ieri, i primi sarebbero costretti a versare 40 euro in più sulla prima delle tre rate di iscrizione all'anno accademico 2006, passando dai 200 euro individuati lo scorso agosto dal cda ai 245 che già hanno pagato quest'anno. Al momento, però, non si tratterebbe di un aumento di tasse ma di un movimento contabile: i tecnici sperano di recuperare nel corso del 2006 il milione di euro chiesto "in prestito" agli studenti da altri canali di finanziamento. Se questi soldi non arrivassero, però, il problema si ripresenterebbe identico il prossimo anno. Lo schema, inoltre, prevede una diminuzione dei fondi per il miglioramento della didattica, di circa un milione e 200mila euro. Tagliati anche i contributi agli studenti sulla 390 (700mila euro) e sul part time (altri 700mila). Seicento mila euro in meno dovrebbero ricevere come dotazione ordinaria anche i dipartimenti: oggi sarà ascoltato dal cda il professor Di Rienzo, in rappresentanza dei direttori.
Il problema riguarderà anche i dipendenti, i cui stipendi impegnano la maggior parte dell'intero bilancio. Troppi, secondo i revisori dei conti che nella relazione inviata ieri al cda hanno evidenziato come "la spesa del personale risulta, in sede previsionale pari al 90,4 per cento rispetto al Fondo di finanziamento ordinario (l'Ffo)" che arriva dal Ministero. L'ufficio amministrativo sostiene però che sono poco sotto il 90. In ogni caso però, allo stato attuale delle cose, l'Università di Bari non potrà più indire concorsi per nuovi posti da professore. La spesa non è prevista dallo schema inviato dalla commissione al cda. Il consiglio d'amministrazione ha sollevato però anche un secondo problema: non sono destinati i fondi per tutti coloro che vinceranno i concorsi già indetti. Il Senato ha indicato il primo marzo e il primo ottobre come le due date utili per la chiamata. Cosa succederà? Al momento soltanto ipotesi. La prima vuole lo slittamento del trattamento economico: in pratica, per esempio, un professore diventa ordinario mantenendo però ancora lo stipendio di associato. Questa opzione porta però una serie di problemi, soprattutto giuridici. L'Università presterebbe il fianco a contenziosi legali. La seconda, il congelamento pensa al congelamento delle nomine.
Per sbloccare la situazione è partito un lavoro analitico su tutte le voci di bilancio: una sorta di caccia allo spreco, paventata dallo stesso rettore, che potrebbe portare il prossimo anno alla costituzione di una commissione ad hoc per monitorare la spesa.