Il 25 e 26 giugno i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi sulla riforma costituzionale, approvata dalla maggioranza di centrodestra del precedente Parlamento.
Il referendum, previsto dalla Costituzione, consegna al popolo sovrano la possibilità di confermare o meno la riforma di importanti articoli della nostra Carta.
Il centrodestra approvò la riforma a sola maggioranza. Il referendum rappresenta quindi l’occasione per dire un NO forte e convinto a quella riforma, a quell’idea di devolution, a quell’idea di divisione fra poteri che fuoriesce dai principi fissati dalla costituzione, frutto della lotta di Resistenza e segno della riconquistata libertà dell’Italia.
La Costituzione rappresenta l’identità collettiva di un popolo e deve quindi scaturire da una condivisione ampia. Il centrodestra, invece, ha scelto di modificare da solo e in profondità la nostra Carta, stravolgendone i principi ispiratori. I cambiamenti introdotti minacciano l’universalità di diritti fondamentali con la devoluzione, accentuano le differenziazioni fra zone ricche e povere del paese, attaccano la coesione e l’unità nazionale, riducono le garanzie costituzionali, incidono pesantemente sui principi e valori fondamentali della Carta, smantellando di fatto i fondamenti della Costituzione repubblicana.
Sessanta anni fa il paese con l’Assemblea costituente mise il primo mattone della nostra Costituzione. A tanti anni di distanza essa è più moderna che mai.
La sua prima parte mantiene inalterato il suo valore, soprattutto in quell’articolo 1 a noi tanto caro, perché richiama il contributo fondamentale che i lavoratori hanno dato alla riconquista della libertà e alla liberazione dalla dittatura nazifascista. Alcune altre parti possono essere riformate e corrette: più poteri alle regioni, ma con la cooperazione, non con la divisione; nuovo impulso al federalismo fiscale, non dimenticando mai quelle parti del paese che hanno meno reddito. Ritocchi alle prerogative e ai poteri del Capo del Governo, ma senza ridurre i poteri di garanzia del Presidente della Repubblica, il ruolo e la centralità del Parlamento. Non colpire l’autonomia, la funzione della Magistratura, la libertà e l’indipendenza dei magistrati, perché l’equilibrio dei poteri è la garanzia di ogni democrazia e di ogni libertà.
C’è bisogno in questi ambiti di una manutenzione riformatrice, che deve essere fatta dall’insieme delle forze politiche e sociali, per porre fine ad una troppo lunga transizione istituzionale.
Dire NO al referendum rappresenta una scelta di unità, per gli interessi superiori del paese, per la tutela dei diritti, per l’estensione delle tutele, garanzie di uno stato moderno, inclusivo e che fa della coesione sociale un motore per la crescita e lo sviluppo.
La CGIL, da sempre, è impegnata nel sostenere la partecipazione del voto popolare, segno di un diritto inalienabile e riconoscimento per le battaglie che hanno teso alla conquista di questo diritto.
Il referendum, a cui i cittadini, i lavoratori, i pensionati, i giovani, le donne saranno chiamati il 25 e 26 giugno sulla riforma costituzionale deve vedere una larghissima partecipazione e un netto risultato, necessari a cancellare il testo approvato nella passata legislatura.
Per questo la CGIL è impegnata fortemente, con le proprie strutture, i propri militanti ad un impegno straordinario, insieme al Comitato unitario per la difesa della Costituzione, presieduto dal Presidente Scalfaro, insieme a CISL e UIL, perché possa consolidarsi il cambiamento che il paese merita.
Il 25 e 26 giugno, votate NO al referendum.
Per un’Italia più unita, più solidale, più coesa e più moderna.
Guglielmo Epifani
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