
Il personale della scuola è sottopagato rispetto all’Europa e al resto del pubblico impiego
La valorizzazione dei docenti italiani non passa da improbabili riforme ma dal garantire stipendi decenti e posti stabili


Roma, 14 settembre - “Dopo le ultime imprecise dichiarazioni del ministro sui salari degli insegnanti, vogliamo ricordare che il governo ha previsto, per il rinnovo del contratto Istruzione e Ricerca 2022-24, risorse per un incremento del 5,78% a fronte di una inflazione cumulata che tocca il 18%. Circa 137 euro lordi su base mensile, un terzo di quanto necessario. Servirebbero - solo per rispondere all’inflazione - 426 euro al mese”. E’ quanto si legge in una nota della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.
“Ricordiamo che il problema è la grande distanza salariale rispetto agli altri paesi europei ma anche rispetto al resto del pubblico impiego, con un differenziale di quasi il 20%. Questa situazione – chiosa il sindacato di categoria - è stata determinata anche da una sconsiderata politica di tagli, di blocchi dei gradoni, delle progressioni di carriera e della contrattazione nazionale, introdotta dall’allora governo Berlusconi che ha congelato gli stipendi per ben 10 anni”.
“Sarebbe bene evitare di sommare le pere con le mele - continua la nota -, la riduzione del cuneo contributivo non è una misura finalizzata al personale della scuola ma riguarda tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati che hanno redditi al disotto dei 35 mila euro”.
“Infine – conclude la FLC CGIL - ricordiamo che è il Consiglio dei Ministri che decide e definisce le risorse da mettere in campo nelle leggi di bilancio: la scuola ma anche l’università, la ricerca e l’Afam, evidentemente non sono una priorità per il governo così come non lo sono i lavoratori e le lavoratrici della conoscenza”.
Qui un approfondimento sulle retribuzioni a cura della FLC CGIL.
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