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È morto il padre dello Statuto dei Lavoratori

Gino Giugni è deceduto a Roma domenica notte al termine di una lunga malattia. Aveva 82 anni. Il mondo del lavoro perde una delle figure riformiste più significative della sua storia repubblicana.

05/10/2009
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Il 20 maggio del 1970 il Parlamento approva la Legge n. 300 dal titolo " Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme su collocamento" che passerà alla storia semplicemente come " Lo Statuto dei Lavoratori".

Dopo la morte di Brodolini, avvenuta a Zurigo l'11 luglio del 1969, toccò a Gino Giugni, presidente dell'apposita commissione istituita dal defunto ministro, completare e portare a termine una legge che a tutt'oggi è considerata la pietra miliare dei diritti sindacali dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Non v'è dubbio che lo Statuto dei Lavoratori ha rappresentato una prima concreta attuazione in tema di lavoro della Carta Costituzionale in quanto segna il passaggio da un regime assolutista ad un regime statutario ed è certamente il frutto della mobilitazione e delle lotte operaie dei precedenti anni ed in particolare dell'autunno caldo del 1969.

Finalmente prevale il diritto e il rispetto della dignità e della libertà umana nei luoghi di lavoro, mentre il potere direttivo e disciplinare dell'imprenditore è ricondotto nel suo giusto alveo ossia "in una stretta finalizzazione allo svolgimento dell'attività produttiva".

Sarebbe però riduttivo pensare che lo Statuto dei Lavoratori nasca solo come effetto diretto delle lotte operaie del '68-'69; la sua gestazione culturale, politica e legislativa viene da molto lontano.

Già negli anni Cinquanta Giuseppe Di Vittorio aveva lanciato la proposta di "portare la Costituzione all'interno dei luoghi di lavoro" sostenendo che i diritti civili e politici fondamentali garantiti dalla Costituzione repubblicana non potevano fermarsi ai cancelli delle fabbriche.

Tra la fine degli anni Cinquanta e nel corso degli anni Sessanta, con la ripresa delle lotte sindacali unitarie e con la nascita dei governi di centrosinistra, si affermò l'idea di una legge che garantisse l'esercizio dei diritti costituzionali nei luoghi di lavoro.

Erano gli anni delle prime leggi sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sugli appalti, sui contratti a termine, sul divieto d'intermediazione di mano d'opera, sulle pensioni. Nel 1966 per la prima volta, con la legge n. 604, venne stabilito il principio della giusta causa e del giustificato motivo per i licenziamenti e quello contestuale del reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamento ingiustificato e privo di motivazione. Rimanevano però i problemi delle libertà sindacali, dei diritti sindacali, politici e civili dei lavoratori.

Fu Giacomo Brodolini, una volta diventato ministro, a pensare e lavorare su una legge organica, un legge quadro che rappresentasse la carta costituzionale di chi lavora.

Le lotte studentesche del '68 e quelle operaie del '69 accelerarono questo processo che appunto culminerà con la promulgazione de "Lo Statuto dei Lavoratori" aprendo così un capitolo nuovo nel panorama dell'affermazione dei diritti sindacali, politici e civili nei luoghi di lavoro.

Di questo processo se Brodolini fu l'ispiratore Giugni fu l'artefice. La legge non solo raccoglieva e consolidava molte delle conquiste e delle recenti lotte contrattuali e dava a esse un'organica sistemazione, ma rendeva possibile nei luoghi lavoro con più di quindici dipendenti l'affermazione di momenti significativi di sindacalizzazione.

A quasi quaranta anni dalla sua nascita non possiamo non esprimere un giudizio positivo su Lo Statuto dei Lavoratori soprattutto perché non si è fermato solo nelle fabbriche ma è entrato in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati. E' entrato negli uffici, si è affermato nelle scuole, nelle università, nei servizi e così via non senza difficoltà. E ancora attraverso l'applicazione dello Statuto è emersa, nel corso degli anni, una giurisprudenza anche costituzionale e di legittimità attenta ai fondamentali diritti del lavoratore in tema di dignità, libertà e parità di trattamento coerente ai principi costituzionali.

Ma la strada per una universale affermazione dei diritti sindacali in ogni luogo di lavoro è ancora lunga e irta di pericoli. In questi ultimi anni non sono mancati attacchi all' articolo 18 dello Statuto come pure non è stata sanata la questione relativa all'applicazione della Legge 300/70 alle aziende con meno di quindici dipendenti. Un nodo questo che non può essere sottaciuto proprio per via delle caratteristiche peculiari che ha assunto, in questi ultimi anni, il nostro sistema produttivo. I processi di forte terziarizzazione dell'economia hanno imposto di fatto la presenza massiccia di unità produttive al di sotto del fatidico numero dei dipendenti. E' giunta l'ora che a queste lavoratrici e a questi lavoratori venga data piena cittadinanza e che pertanto si applichi la tutela reale e non solo quella legale. Come pure è giunta l'ora di spezzare alle radici le piaghe del lavoro nero, del lavoro sottopagato e del lavoro irregolare.

Ma questa è un'altra storia!

A nome dei lavoratori e delle lavoratrici della conoscenza diciamo un grande grazie a Gino e a tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno contribuito con le loro lotte, le loro idee, le loro azioni, la loro conoscenza a dar vita a questa pietra miliare della legislazione del lavoro nel nostro Paese.

Sarà compito nostro e delle future generazioni difendere, rafforzare e implementare questa grande conquista del movimento sindacale che si chiama semplicemente Statuto dei Lavoratori.

Roma, 5 ottobre 2009