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Il decentramento regionale moltiplica i libri di testo.

Spagna, ottobre 1999

13/10/1999
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OTTOBRE

Il decentramento regionale moltiplica i libri di testo. Una delle conseguenze inaspettate del decentramento alle comunità regionali di tutti i poteri circa il sistema scolastico ha prodotto come conseguenza il fatto che i titoli dei libri di testo circolanti in Spagna siano passati dai 2.500 del 1990 ai 25.000 attuali. Questo perché le case editrici sono costrette a fare di un unico testo diverse edizioni, non solo per le minoranze linguistiche, ma anche per rispettare tradizioni e sensibilità di ciascuna regione. Infatti la Spagna, come la Francia d’altronde, sottopone alla supervisione statale i libri di scuola. Ma ora che anche questo potere è stato decentrato i supervisori sono diventati diciassette. Tra questi alcuni sembrano caratterizzarsi per una pratica alquanto forcaiola. L’Andalusia, per esempio, ha rifiutato libri "che non riflettevano la cultura andalusa" oppure perché usavano vocaboli come "cerillas" e "zapatillas" invece che "candelas" e "babuchas", oppure perché l’esempio di un treno tra Madrid e Barcellona doveva essere sostituito con il più locale tra Siviglia e Granada. Le Canarie hanno respinto libri perché non parlavano della "lotta canaria" e hanno preteso che il 50% degli scrittori trattati in letteratura fossero isolani a scapito di ben più importanti scrittori continentali. Nella Comunità Valenziana si è preteso che l’aggettivo "petit", piccolo in catalano, fosse sostituito con il più locale "xicotet". A Valencia però i controlli hanno provocato anche la reazione di 5.000 intellettuali che riuniti intorno ai sindacati Ccoo, Ugt e Stev hanno firmato un manifesto contro questi eccessi.
La situazione impensierisce naturalmente non solo gli editori ma anche i docenti che sono sì favorevoli all’adattamento dei testi, ma non alla censura. Ma per ora solo la Catalogna progetta di abolire il controllo sui libri di testo, mentre Andalusia, Canarie, Galizia e Paese Basco lo ritengono insostituibile.

La questione del tempo scuola. La questione del tempo scuola nella scuola primaria sta dividendo la comunità scolastica spagnola, soprattutto quella madrilena. Il detonatore sono stati i genitori di 21.000 alunni che hanno inviato una petizione affinchè la giornata scolastica attualmente di otto ore (dalle 9 alle 17 con in mezzo tre ore di interscuola) sia trasformata in una soluzione unica dalle 9 alle 14. Al di là dei punti di partenza e della terminologia agli antipodi di quella in uso da noi (gli spagnoli chiamano il tempo pieno "giornata divisa", mentre il nuovo tempo praticamente mattutino è chiamato "giornata continua") si pone oggi in Spagna una questione che noi in Italia ben conosciamo.
Sono favorevoli all’orario 9-14 oltre ad alcuni gruppi di genitori, gli inse3gnanti e i sindacati pur con diverse sfumature: decisamente Anpe, Csif e Stem, mentre Ugt e Ccoo chiedono che la cosa sia lasciata all’autonomia delle scuole. Sono contrari i principali partiti Pp. Psoe e Iu, autorevoli pedagogisti e l’organizzazione dei genitori madrileni Fapam.
Finora solo due comunità autonome, Andalusia e Canarie, hanno applicato il nuovo orario, ma i detrattori sostengono che non a caso queste regioni sono il fanalino di coda nel successo scolastico. E per altro in Andalusia il problema non è del tutto risolto, tanto che la locale associazione dei genitori affiliata alla confederazione Ceapa sta conducendo una lotta per le attività pomeridiane e la locale autorità scolastica ha dovuto imporre il rientro per almeno due pomeriggi a settimana.

Tag: spagna