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I Decreti Moratti sulle lauree triennali e magistrali

La fretta ed il rifiuto di ascoltare da parte del Ministro rischiano di distruggere ogni livello di qualità nelle università

07/03/2006
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Il Ministro, nonostante il suo impegno per diventare Sindaco a Milano, continua imperterrita a fare danno nelle Università: i decreti per la definizione delle classi di laurea e della laurea magistrale hanno avuto il parere favorevole della maggioranza delle commissioni di Camera e Senato e verranno quindi emanati definitivamente dal Governo, nonostante il parere contrario e l’opposizione del mondo accademico e degli studenti.

Le modifiche degli ordinamenti dei corsi di studio dovranno essere effettuati a partire dal prossimo anno accademico ed entro il 2007-2008 (art. 1 comma 4) con la sperimentazione della riforma prevista dal precedente DM 509/99 ancora in corso e senza un’adeguata riflessione sugli esiti della stessa. Il risultato complessivo non può che essere uno stato di fibrillazione continua che investe ormai più di un’intera generazione di studenti.

I nuovi cambiamenti andranno fatti in una situazione di continue riduzioni di finanziamenti, così continuando nell’infausta politica del costo zero.

Il decreto relativo alle lauree triennali, come del resto avevamo già sottolineato quando era stato emanato il DM 270/04, separa nettamente le classi di corso di laurea destinate al solo sbocco professionale, reale o teorico come è il caso delle classi di Psicologia, da quelle destinate al proseguimento degli studi o, come è il caso di Giurisprudenza, prevedendo un corso di laurea magistrale a ciclo quinquennale che è affiancato da un corso di laurea triennale, senza possibilità di comunicazione . La cornice unitaria delle classi è stata indebolita riducendo le categorie di attività formative determinate a livello nazionale e la quantità complessiva dei crediti formativi vincolanti che nella formazione di base subiscono un’ulteriore contrazione, oltre che dalla scelta di non garantirne l’applicazione in tutte le sedi.

Inoltre è a dir poco strano che, nell’assenza di indicazioni certe per la valutazione dei crediti formativi, le conoscenze e le ”abilità professionali” maturate in livelli post-secondari siano valutate 60 crediti; senza nulla togliere a quello che si acquisisce sul campo, è evidente che il Ministro mette sullo stesso piano un corso di insegnamento universitario con un corso di formazione.

Infine un’ultima “chicca” il CUN si è giustamente opposto all’elencazione delle professioni ISTAT sia perché non sempre corrispondono alle definizioni europee sia perché non sempre trovano corrispondenza immediata nel reale significato della formazione universitaria, e i decreti nelle premesse accettano questo rilievo, ma nel testo hanno mantenuto il riferimento alla classificazione Istat.

Ancora una volta il Ministro Moratti ci conferma di non sapere la differenza che intercorre fra la formazione universitaria e quella professionale e ignora che la formazione universitaria deve essere basata su un’ampia base culturale e metodologica finalizzata all’acquisizione di un sapere critico che dia una reale capacità di autonomia anche dal punto di vista decisionale. O forse lo sa e si oppone a ciò per evitare un cittadino critico e consapevole.

Sui decreti vi sono poi osservazioni settoriali che ci sembra importante riportare e via via raccogliere. Invitiamo quindi a farci avere le vostre considerazioni al seguente indirizzo: g.cioni@flcgil.it. Per ora riportiamo quelle sulle lauree giuridiche e su quelle dell’Ingegneria.

Roma, 7 marzo 2006