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Federazione Formazione e Ricerca CGIL: Comunicato del Segretario generale sulla riforma dello stato giuridico dei professori universitari

Comunicato stampa del Segretario generale della Federazione Formazione e Ricerca CGIL sulla riforma dello stato giuridico dei docenti universitari

11/11/1999
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Comunicato stampa del Segretario generale della Federazione Formazione e Ricerca CGIL sulla riforma dello stato giuridico dei docenti universitari (11/11/99)

di Andrea Ranieri

Le dichiarazioni alla stampa del Ministro dell'Università Ortensio Zecchino sui contenuti della riforma dello stato giuridico dei docenti universitari destano viva preoccupazione. L'obiettivo della riforma è previsto nel patto sociale firmato il 22 dicembre scorso tra governo e parti sociali in quanto riteniamo sia una delle condizioni prioritarie per la praticabilità e l'efficacia della stessa riforma dei cicli di studio universitari, appena varati dal governo per armonizzare il sistema italiano con quelli degli altri paesi europei.

Tra le diverse ipotesi in campo sulla nuova regolamentazione del rapporto di lavoro dei docenti, il Ministro sembra aver scelto le più moderate e le meno capaci di incidere sul reale funzionamento delle università. Dovrebbe invece considerarsi non solo che i diritti e i doveri dei docenti sono un fattore decisivo per abbattere l'altissimo tasso di dispersione e per offrire ai giovani corsi universitari rispondenti agli standard europei, ma anche che entro pochi anni più della metà degli attuali docenti andrà in pensione: la riforma deve quindi parlare soprattutto ai docenti più giovani e a quelli che verranno, non a chi già si sente vicino all'uscita dall'università.

Sono soprattutto tre i punti dirimenti per la Cgil, in assenza dei quali è difficile il consenso al provvedimento:

1) la proposta di confermare la distinzione in ruoli diversi di professori associati e ordinari, mettendo ad esaurimento il ruolo dei ricercatori appare per un verso la fotografia dell'esistente, per l'altro davvero sbagliata ed iniqua. Infatti, i ricercatori negli ultimi dieci anni hanno svolto gran parte dell'attività didattica delle università, e tale situazione sta per ottenere un adeguato riconoscimento nel ddl in via di approvazione alla Camera.

La Cgil su questo punto ha chiesto che la riforma preveda un ruolo unico dei professori, articolato in più livelli. Questo non deve certamente significare né appiattimento né confusione: la diversa collocazione di livello diversifica le funzioni e il grado di qualificazione professionale, cui debbono corrispondere adeguati differenziali retributivi. Il passaggio da livello a livello chiediamo avvenga attraverso la valutazione dell'attività didattica, di ricerca e di contributo alla gestione organizzativa del docente (e non attraverso la mera anzianità);

2) il superamento della distinzione tra tempo pieno e tempo parziale deve essere reale, evitando finzioni nominalistiche. Avevamo apprezzato, tra le proposte che il Ministro ci ha illustrate, quella del "professore interamente dedicato", che prevedeva impegni precisi per l'attività di didattica e di ricerca, incentivando il docente a prestare la propria attività anche professionale all'interno delle università, in tal caso prevedendo anche una qualche partecipazione dell'ateneo agli utili, come avviene, ad esempio, nelle università private come la Bocconi. Per chi invece sceglierà di impegnarsi prioritariamente nella libera professione, questo non dovrà in alcun modo significare l'esclusione dalla docenza universitaria, ma dovrà avvenire nella massima trasparenza, attraverso un rapporto di lavoro a contratto che definisca gli impegni temporali in termini di attività didattica e di ricerca all'interno degli atenei;

3) la contrattazione individuale dei docenti, proposta dal Ministro, non è estranea al nostro ordinamento. Nell'ampio processo di delegificazione e di contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel Pubblico impiego - voluto dal sindacato confederale per consentire maggiore gestibilità ed efficacia ai processi di riforma delle pubbliche amministrazioni - esiste già, ad esempio, per i dirigenti generali delle Amministrazioni Pubbliche. Esso è di per sé condivisibile, purchè si svolga - come per i dirigenti generali - in un quadro di riferimento chiaro e condiviso, all'interno di un accordo - quadro che nasca dal confronto con le organizzazioni sindacali e le associazioni professionali, volto a definire le priorità e i criteri in base ai quali attuare la contrattazione a livello di ateneo.