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Distribuiti i punti organico 2013 agli atenei

Viene certificato lo sfascio del sistema universitario italiano e svelato il nulla della retorica meritocratica.

22/10/2013
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È stata finalmente pubblicata la tanto attesa tabella che distribuisce i punti organico utilizzabili per il reclutamento negli atenei italiani. Un punto organico corrisponde ad euro 120.151 ed è il costo medio nazionale di un professore di I fascia. La distribuzione tiene conto di quanto previsto dal DLgs 49/12 che avevamo fortemente criticato e dei limiti al turn-over previsti dalla Legge 133/08 che fissa il limite delle risorse utilizzabili a livello nazionale al 20%.

Basti un dato su tutti per comprendere quanto accade: su 2227.48 punti organico che si liberano da cessazioni, al sistema universitario ne sono restituiti solo 445.50. Ci sono singoli atenei che cedono oltre 130 punti organico e che ne recuperano meno di dieci. Ci sono sperequazioni macroscopiche tra atenei che hanno un tasso di recupero al 20%, atenei che sono beneficiati di oltre il 150% dei P.O., e atenei che ne recuperano meno del 10%. Per tutti, comunque, i punti organico a disposizione sono pochissimi o quasi nulli.

Questo dato, per quanto gravissimo, non dice tuttavia tutto: infatti le risorse che il ministero delle finanze sottrae alle università vanno ben oltre l’80% che appare da questa tabella. Le cessazioni sono infatti in prevalenza relative a docenti a fine carriera, con classi stipendiali altissime ed ormai irraggiungibili per quelli più giovani e reclutati negli ultimi anni. Con i punti organico a disposizione si recluterà quindi personale con stipendi di gran lunga più bassi. I tagli economici effettivi al sistema universitario sono quindi molto più elevati di quanto appare da questi dati. Peraltro, vengono computati tra le cessazioni anche le risorse dei ricercatori a tempo determinato sottraendo ulteriori risorse al sistema e disincentivano gravemente l’attivazione di contratti agli studiosi più giovani. Ennesimo tassello di quella che è ormai una vera e propria “guerra ai precari”, di una loro gigantesca espulsione di massa.

Ecco realizzato il sistema universitario a due velocità: chi subisce pesanti tagli ma sopravvive, chi è già ad un passo tracollo. Non sorprende che i più colpiti siano gli atenei più grandi, quelli generalisti, gli atenei del mezzogiorno e quelli di aree del nostro territorio più “periferiche”. Atenei di cui è ignorata la missione sociale e di presidio civile e culturale nelle aree più difficili del nostro paese.

Le tabelle mostrano anche la tendenza di alcuni atenei, soprattutto nel centro nord, a innalzare le tasse universitarie ben oltre il rapporto del 20% con il FFO ricevuto. Le tabelle mostrano le debolezze strutturali di bilancio di molti atenei, tra spese per il personale superiore all’80% delle entrate e spese di indebitamento. Fotografano insomma un sistema al collasso, svuotato di risorse e organici.

Sia chiaro, chi paga oltre ogni limite questa situazione sono innanzitutto i più giovani e gli attuali precari. Si rende nei fatti impossibile il reclutamento negli atenei di nuovi ricercatori, si rende ridicola ogni possibilità di investimento sul personale degli atenei. Il sistema è destinato alla morte per svuotamento. Pagano gli studenti, perché gli atenei non potranno che alzare ulteriormente le tasse se vorranno ricevere più risorse per reclutare nuovi docenti.

Destano quindi sconcerto le notizie di stampa che il governo Letta presentatosi come il governo che non avrebbe tagliato i finanziamenti all’Università e alla Ricerca vuole confermare il turn-over al 20% dopo che lo stesso Ministro Carrozza ne aveva voluto l’innalzamento al 50%. Se queste voci venissero confermate il cinismo di queste misure assumerebbe anche i colori del ridicolo. Chiediamo, quindi, che vengano immediatamente smentite.

È necessario che il governo Letta sappia che questo turn-over equivale ad una politica di taglio delle spese; anzi, è anche peggiore di un semplice taglio lineare al FFO perché recide le radici del sistema universitario. La si smetta quindi con la retorica del merito, dei giovani, della premialità. La si smetta di mascherarsi dietro sigle come ASN, VQR, AVA, TECO se lo scopo è quello di affermare il principio che questo paese non ha bisogno di insegnamento superiore e di ricerca. Che almeno non si prendano in giro gli studenti, i docenti, i lavoratori delle Università italiane.

Ci chiediamo dove sia la CRUI, che pretende di rappresentare il sistema delle università italiane e che si mostra acquiescente e condiscendente. Ribadiamo al Ministro la richiesta urgente di incontro che abbiamo ripetutamente fatto in questi ultimi mesi insieme con le organizzazioni raccolte dal tavolo intersindacale. Crediamo che sia necessaria una svolta e ci impegneremo con tutte le nostre forze nelle prossime settimane per rilanciare un azione comune nelle università e nel paese per salvare l’Università italiana dal disastro.