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CGIL, CISL, UIL, SNUR CGIL, CISL Università, UIL PA: Proposte unitarie sulla vertenza Università

Mettiamo in linea un documento elaborato congiuntamente da: CGIL Confederale, CGIL Federazione Politiche Formative, SNUR CGIL, CISL Confederale, CISL Università, UIL Confederale, UIL FURG in cui si riassumono le posizioni delle Organizzazioni Sindacali confederali sui principali temi di politica universitaria, più dettagliatamente specificate nei vari documenti elaborati dai Sindacati di categoria.

06/05/2001
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Diritto all'istruzione superiore e riforma del sistema universitario

Mettiamo in linea un documento elaborato congiuntamente da: CGIL Confederale, CGIL Federazione Politiche Formative, SNUR CGIL, CISL Confederale, CISL Università, UIL Confederale, UIL FURG in cui si riassumono le posizioni delle Organizzazioni Sindacali confederali sui principali temi di politica universitaria, più dettagliatamente specificate nei vari documenti elaborati dai Sindacati di categoria.

Copia del documento è stata consegnata al Ministro dell'Università e della Ricerca nel corso dell'incontro tenutosi presso il MURST il 6 maggio.

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1. Riforma del sistema universitario per la qualità dello sviluppo

Istruzione e formazione superiore sono fattori essenziali di sviluppo economico, di promozione civile, di crescita dell'occupazione. La diffusione di conoscenze e competenze professionali alte è condizione primaria per un accesso qualificato nel mercato del lavoro, come è stato ribadito dall'Accordo per il lavoro firmato nel settembre nel 1996 da governo e parti sociali.

Nell'Accordo il governo si impegna a definire interventi strutturati, sostenuti da adeguate risorse, che perseguano l'efficacia e l'efficienza del sistema e l'elevamento della sua qualità. Questi obiettivi rivestono importanza ancora maggiore in vista delle scadenze del processo di unificazione europea, che è politico, culturale, di affermazione di valori comuni e di diritti di cittadinanza. Rappresentano un banco di prova decisivo per misurare le capacità realizzative del governo e la coerenza rispetto al suo programma.

Nella fase attuale, il governo è chiamato a dare seguito in breve tempo alle deleghe sull'automonia universitaria applicative della legge 127\97, la cui attuazione può incidere sul miglioramento del sistema e sull'esercizio effettivo del diritto allo studio di giovani e adulti. Ulteriori provvedimenti, di natura amministrativa e legislativa, prevedono interventi riformatori su materie significative come i concorsi, i dottorati di ricerca, i finanziamenti.

Il sistema universitario italiano presenta, accanto a punte di eccellenza, livelli insoddisfacenti di produttività. L'insufficiente numero di laureati e diplomati; la crescente selezione sociale nell'accesso e nel completamento degli studi; il tasso inaccettabile di dispersione, pari a circa il 70% degli studenti immatricolati; l'eccessiva durata degli studi e la peculiarità tutta italiana dei "fuori corso"; il basso grado di "occupabilità" dei titoli di studio e la sostanziale assenza di corsi di formazione continua; la scarsità delle risorse per la ricerca e il suo debole legame con la domanda dei sistemi produttivi: sono fatti che accendono un'ipoteca grave sul futuro del nostro paese e sulla sua competitività nel mercato globale.

Occorre un vero salto di qualità. Si tratta di cambiare profondamente i contenuti delle discipline e i modelli organizzativi degli atenei; di incoraggiare l'ingresso di giovani studiosi; di ampliare e diversificare l'offerta formativa; di collegare la ricerca universitaria - la cui natura libera non va messa in discussione - alla domanda di alta formazione e di ricerca che nasce dalle comunità, dal sistema produttivo, dalla pubblica amministrazione, dai servizi.

Le segreterie confederali Cgil, Cisl e Uil, insieme con le categorie interessate, ritengono urgente che il governo, fin dal prossimo documento di programmazione economico-finanziaria, assuma nuove e organiche iniziative di riforma del sistema universitario.

A tal fine chiedono che il governo:

predisponga un piano pluriennale che, ricomponendo gli interventi all'interno di un quadro strategico definito, individui le priorità;

assicuri fin dal 1999 risorse aggiuntive per la realizzazione del piano, da destinare in particolare: al completamento del processo di autonomia; alla profonda revisione dello stato giuridico e alla contrattualizzazione della docenza; all'accesso di giovani studiosi; alla valorizzazione professionale della docenza e del personale tecnico- amministrativo;

attivi il tavolo di concertazione previsto dall'Accordo per il lavoro e un confronto continuativo tra governo, organismi rappresentativi delle università, studenti e parti sociali sul merito dei processi in atto.

2. Diritto allo studio

Il superamento della selezione sociale nell'accesso agli studi universitari richiede - oltre ad interventi di riforma della didattica - un impegno pluriennale a sostegno del diritto allo studio che, con risorse adeguate, realizzi l'eguaglianza delle opportunità negli accessi.

Solo da due anni il nostro paese si è dotato di un fondo nazionale, previsto dall'Accordo per il lavoro, che deve favorire l'accesso agli studi universitari di giovani capaci e meritevoli ma privi di mezzi.

La recente legge finanziaria 1998 ha positivamente incrementato tale fondo, portandolo da 85 a 120 miliardi. Esso rimane tuttavia insufficiente, sia rispetto alla media degli investimenti pubblici degli altri paesi europei, sia rispetto alle dimensioni della domanda sociale. Sommato alle risorse regionali (derivanti soprattutto da tasse studentesche e solo in parte esigua da investimenti delle Regioni), il fondo non sostiene neppure la metà dei giovani che risultano idonei nei concorsi per l'assegnazione delle borse di studio.

Difficoltà ad armonizzare tra loro normative e procedure decise a diversi livelli comportano peraltro ritardi inaccettabili. Ciò induce molti studenti a non presentare la domanda, non essendovi alcuna certezza di accoglimento e dovendosi comunque affrontare integralmente le spese per il primo anno di studi. E' pertanto urgente attuare le misure relative alla pre-iscrizione durante l'ultimo anno delle scuole superiori, alla tempestiva comunicazione dell'eventuale assegnazione della borsa di studio, all'armonizzazione delle procedure regionali e di ateneo. Su queste il governo si è impegnato con le parti sociali e con le associazioni degli studenti.

Per quanto attiene agli altri punti dell'Accordo per il lavoro - prestito d'onore, esenzione da tasse e contributi, mense - è evidente l'esigenza di verificarne lo stato di attuazione, attraverso il monitoraggio dei provvedimenti dei singoli atenei, e di riprendere l'iniziativa, ampliando gli ambiti di intervento.

L'accordo tra governo e Cgil, Cisl e Uil sulla riforma del welfare, del novembre 1997, prevede che sia reinvestita una quota dei risparmi conseguenti all'introduzione del "riccometro" nel sostegno alle famiglie degli studenti. In questa ottica, e' necessario adottare politiche incentivanti, anche di tipo fiscale, che riducano i costi sostenuti dalle famiglie per la partecipazione agli studi - dall'alloggio per gli studenti fuori sede ai libri di testo - graduando il beneficio in relazione alle diverse fasce di reddito.

Per quanto riguarda gli alloggi, è necessario assumere interventi volti al sostegno economico (sgravi fiscali), al contenimento degli affitti destinati agli studenti, all'adozione infine di piani edilizi che impegnino i consistenti residui passivi giacenti nelle casse delle Regioni.

3. Autonomia didattica

L'autonomia è la chiave di volta per restituire autogoverno e responsabilità agli atenei. Il processo, iniziato con la legge 168\89, deve essere rapidamente completato, con l'introduzione dell'autonomia didattica e di reclutamento. Si tratta di ridisegnare la dislocazione dei poteri all'interno del sistema, passando dalla centralizzazione ministeriale a un nuovo ruolo degli atenei, secondo il processo di federalismo amministrativo in atto.

L'autonomia può e deve essere lo strumento per innovare e democratizzare, per aprire gli atenei ai vari aspetti della domanda culturale e scientifica espressa dalla società: diritti degli studenti, flessibilità dei percorsi di studio, formazione continua e degli adulti, integrazione stabile tra formazione e lavoro, capacità di innovazione del territorio, intervento nei patti territoriali e negli accordi di programma.

La proposta del Gruppo di lavoro del Murst "Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio" (ottobre 1997) è un utile punto di riferimento in vista del decreto che il Ministero è delegato ad emanare.

Sono in buona parte condivisibili i suoi contenuti: una struttura curriculare per livelli successivi; la rideterminazione del ruolo e della durata dell'ordinamento didattico (diploma universitario, corsi di laurea, scuole di specializzazione e dottorato); la definizione dei corsi in termini di crediti formativi e di "quantità di sapere"; l'orientamento mediante una struttura curriculare a differenziazione progressiva; la previsione obbligatoria di seminari, stages e tirocini; la previsione di piani di studio più flessibili e del raccordo con strutture esterne (corsi post - secondari, imprese, enti di ricerca o pubbliche amministrazioni); l'adozione di una "Carta" che renda trasparenti gli obblighi didattici degli atenei nei confronti degli studenti.

In tal modo, il sistema universitario del nostro paese si allineerebbe ai migliori standard dei partner europei, ampliando e diversificando fortemente l'offerta formativa - fino a piani e curricula personalizzati, per studenti giovani e adulti -, stabilendo un più diretto rapporto con i luoghi della produzione e dei servizi. Il sistema dei crediti, in particolare, consente di spostare l'attenzione dall'insegnamento all'apprendimento, restituendo agli studenti quella centralità nel processo formativo che troppo a lungo è stata ignorata.

Per essere realizzato, tutto ciò ha bisogno di un quadro coerente di ulteriori interventi normativi, tra cui, pregiudiziale, la riforma dello stato giuridico dei docenti.

Cgil, Cisl e Uil chiedono che, nel passaggio dal progetto di massima alle fasi attuative, siano assicurate sedi di partecipazione e di confronto, a livello nazionale e locale.

In primo luogo, debbono essere determinate con chiarezza le competenze fra i diversi livelli istituzionali, in particolare tra livello nazionale (Murst, Crui, Cun) e atenei. In base ai criteri previsti dalla legge 127/97, si tratta di definire e quantificare "standard nazionali minimi" per ciascun settore scientifico disciplinare, che assicurino l'unitarietà del sistema e livelli minimi di qualità comuni sul territorio nazionale, a garanzia dei diritti degli studenti e, più in generale, delle opportunità di sviluppo civile e produttivo dei contesti locali. Gli standard debbono riguardare molto più gli obiettivi didattici da realizzare che le singole tappe del percorso formativo, oggetto specifico della scelta discrezionale di ciascuna unità del sistema.

Ai fini di una programmazione complessiva dell'offerta formativa connessa all'analisi dei fabbisogni del territorio, vanno anche concordati orientamenti circa i rapporti tra la regione, i comitati regionali degli atenei, i singoli atenei e le forze sociali.

In secondo luogo, occorre indicare le procedure a livello di ateneo per il completamento dei contenuti disciplinari di ciascun corso, il ruolo e il grado di coinvolgimento degli studenti e della comunità scientifica, le procedure che assicurino la coerenza tra i criteri assunti a livello nazionale e le decisioni a livello di ateneo.

Non possono infine trascurarsi alcuni temi che il documento degli esperti ministeriali ha lasciato aperti: in particolare il nesso tra didattica e ricerca e il collegamento tra la riforma della scuola secondaria e università.

4. Ricerca

Il potenziamento e la valorizzazione della ricerca universitaria richiedono un disegno di programmazione riferito all'insieme del sistema - università, ministeri, enti pubblici, imprese private - che chiarisca la destinazione delle risorse e permetta sinergie tra le diverse articolazioni, da collegarsi in rete. Sotto questo aspetto, il recente decreto del Murst, che definisce un quadro di governo integrato dell'intero sistema di ricerca, fa proprie molte delle richieste sindacali e costituisce, pur con i suoi limiti, un notevole passo avanti.

E' positivo il superamento del finanziamento a pioggia. Tuttavia, è da incrementare l'entità delle risorse assegnate alle università per l'attività di ricerca individuale svolta dai docenti nei singoli atenei. I nuovi meccanismi per l'assegnazione delle risorse ai progetti strategici di valore nazionale ne assorbono una quota significativa, attraverso l'obbligo del cofinanziamento.

Soltanto l'incremento delle risorse consentirà di sfuggire all'inaccettabile alternativa tra il finanziamento di pochi progetti strategici e l'attività ordinaria di ricerca negli atenei. Questa - in uno con la ricerca strategica - deve essere valutata sulla base di parametri di qualità e quantità, come da anni avviene negli atenei degli altri paesi europei.

5. Riforma dello stato giuridico dei docenti

L'esigenza non più eludibile di potenziare la ricerca scientifica e di incrementare l'offerta didattica implica una nuova qualità e una diversa flessibilità dell'impegno dei docenti, che uno stato giuridico definito per legge non è in grado di assicurare.

Cgil, Cisl e UIL ritengono che la riforma dello stato giuridico dei docenti debba incentivare la presenza dei docenti nelle strutture universitarie e promuovere le capacità professionali attraverso percorsi di carriera connessi alla qualità delle prestazioni, ai carichi didattici e di lavoro, agli incarichi svolti.

Propongono una normativa che affidi la regolamentazione degli aspetti professionali e retributivi del rapporto di lavoro alla contrattazione, mentre vanno confermate le garanzie costituzionali in materia di libertà di insegnamento e di ricerca.

Dovranno discutersi modelli di contrattazione che riferiscano le specificità delle condizioni professionali alle regole generali del rapporto di lavoro, sulla base delle seguenti linee di orientamento:

due livelli di contrattazione: a livello nazionale e a livello di ateneo. Sarà necessario valutare attentamente gli strumenti di contrattazione integrativa, tenendo conto della peculiarità delle funzioni dei docenti universitari - che riguardano programmazione delle attività e governo delle università - nonché dei carichi didattici e di ricerca. E' inoltre necessario pervenire ad una chiara distinzione tra compiti di direzione scientifica e compiti di gestione;

istituzione di un unico ruolo della docenza, al quale si acceda dopo aver superato un periodo di formazione. In esso, i docenti avranno uguali obblighi e uguali diritti, in relazione all'attività di didattica, di ricerca e di servizio (come peraltro già avviene nella prassi quotidiana), nonché all'elettorato elettorato attivo e passivo;

superamento della distinzione tra tempo pieno e tempo definito, attraverso la previsione di un modello, il "tempo unico", compatibile solo con lo svolgimento di attività professionale svolta in regime di convenzione tra la committenza e l'ateneo. All'interno del regime di convenzione - definito da un quadro normativo nazionale - sono regolati, in caso di attività intra moenia, i tempi per lo svolgimento delle attività professionali, le modalità di utilizzazione delle strutture universitarie, la ripartizione dei proventi tra i docenti, il personale tecnico-amministrativo e l'ateneo. Professionisti esterni potranno collaborare all'attività didattica e di ricerca delle università con contratti a termine, da disciplinare nelle procedure e nelle quantità in relazione ai docenti in organico;

percorso professionale e retributivo all'interno del ruolo, non più legato agli scatti di anzianità ma alla valutazione dei diversi gradi di maturità scientifica, didattica e di servizio. Per l'acquisizione di nuovi docenti si farà ricorso alle norme concorsuali;

norme transitorie di prima attuazione, che dovranno prendere atto della sostanziale omogeneità delle funzioni svolte di fatto da tutti gli attuali docenti universitari (ricercatori, associati, ordinari) distribuendoli nei vari livelli del nuovo ruolo. Tali norme dovranno consentire l'opzione per il mantenimento dello stato giuridico vigente, mediante la messa ad esaurimento di tutti i ricercatori, associati, ordinari;

per quanto riguarda l'accesso, non è più sostenibile l'attuale situazione. L'approvazione di una nuova legge relativa ai concorsi e' urgente. La soluzione prevista dal disegno di legge approvato dalla Camera, e ora all'esame del Senato, presenta limiti non secondari. Va in ogni caso evitato che, come di recente e' avvenuto, nuovi concorsi siano banditi con le vecchie regole.

Le attuali differenze di status e di retribuzione tra docenti e ricercatori delle università e ricercatori degli enti di ricerca costituiscono uno dei maggiori ostacoli alla mobilità all'interno delle reti pubbliche di ricerca. La riforma dello stato giuridico dei docenti deve anche essere occasione per costruire, con le necessarie gradualità, una maggiore corrispondenza tra funzioni assimilabili e di pari qualità professionale.

6. Sistema nazionale di valutazione

La valutazione costituisce il naturale e indispensabile completamento del processo di autonomia. La verifica del grado di raggiungimento di obiettivi di didattica, di ricerca e di gestione consente interventi correttivi e crea le condizioni per incentivare i processi di riforma. L'autonomia, se priva di valutazione, rischia di deresponsabilizzare e frammentare ancor più il sistema.

La complessità e le oggettive difficoltà connesse al tema non debbono impedire l'avvio e l'immediata sperimentazione di un progetto che punti a un sistema organico di valutazione, procedendo in corso d'opera a correzioni e perfezionamenti. Così hanno operato gli atenei di tutti i paesi europei, nei quali, fin dagli anni '80, sono stati attivati sistemi di valutazione dei risultati, in termini di quantità e di qualità.

Anche in Italia sono state realizzate molte esperienze di valutazione, di diversa natura e qualità, che hanno visti impegnati molti atenei, la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), la Commissione nazionale per la spesa pubblica e, più recentemente, l'Osservatorio del Murst. Si tratta ora di portare a sistema le esperienze più avanzate. Con le opportune gradualità, va mutuato dal livello europeo il metodo della valutazione esterna ormai prevalente, quale necessaria integrazione dell'autovalutazione di ateneo.

Grande attenzione deve essere data ai parametri di valutazione, che sono qualitativi oltre che quantitativi. L'intera materia deve essere oggetto di specifico confronto al tavolo della concertazione.

Vanno generalizzate le esperienze di valutazione della didattica già realizzate, con la costituzione di Comitati paritetici docenti - studenti, anche per favorire un confronto proficuo e stabile sulle metodologie per l'apprendimento.

7. Accesso di giovani studiosi alle università

Occorre apprestare progetti e investimenti mirati che, entro un arco di tempo predefinito, aprano le sedi scientifiche ad una generazione sino ad oggi esclusa. I canali di formazione alla docenza non dovranno in alcun modo configurarsi come ruoli permanenti.

Preoccupa la molteplicità degli interventi del governo, spesso non raccordati: dai contratti ed assegni di ricerca ai dottorati, ai contratti a termine. E' pertanto necessario avviare subito il confronto, per individuare un quadro organico di modalità per la formazione e l'accesso negli atenei che garantiscano - anche attraverso la contrattazione collettiva - i diritti normativi e retributivi dei giovani.

8. Istituzione di un sistema di formazione superiore post-secondario

L'assenza in Italia di un sistema di formazione superiore post-secondario finalizzato a raccordare più direttamente percorsi formativi e accesso al mercato del lavoro priva il nostro sistema produttivo di un importante canale di accesso alle professioni alte ed e' una delle cause del congestionamento degli atenei.

L'Accordo per il lavoro del settembre 1996, e quello per la riforma del sistema scolastico dell'anno successivo, prevedono che il governo avvii la costruzione di tale sistema, operante in molti paesi europei, valorizzando le esperienze separatamente realizzate dalla scuola, dalle regioni, dagli atenei.

L'obiettivo è quello di coordinare l'offerta formativa a livello regionale, costruendo un sistema flessibile e fortemente integrato nel territorio, che colleghi in rete scuole, università, centri di formazione professionale, consorzi ed imprese, e preveda il riconoscimento dei crediti formativi.

Cgil, Cisl e Uil chiedono pertanto che il governo attivi con urgenza una prima fase di sperimentazione, destinando ad essa risorse adeguate, a partire da quelle già stanziate dal Cipe per le aree del Mezzogiorno.