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Carrozza come Profumo. Rimangono sostanzialmente invariate le scelte del precedente Governo sulla programmazione universitaria

Il Ministro Carrozza ha firmato in data 27 settembre 2013 il Decreto Ministeriale per la Programmazione Universitaria 2013 – 2015. Il decreto è stato trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione.

03/10/2013
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Il Decreto Ministeriale in attuazione dell’articolo 1 ter, comma 1 del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7 e dell’articolo 10 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49 definisce le linee generali d’indirizzo e gli obiettivi della programmazione del sistema universitario per il triennio 2013 – 2015. La sostanza del decreto conferma l'approccio sbagliato della bozza di Decreto predisposta dal precedente Ministro Profumo. 
Su quel testo si erano espressi il
CNSU, il CUN e la CRUI.

Sul nuovo testo rimandiamo al recente documento preparato da Link – Rete della Conoscenza.

Due gli obiettivi dichiarati nell’articolo 2 del Decreto Ministeriale:

  1. la promozione della qualità del sistema universitario
  2. il dimensionamento sostenibile del sistema universitario

Per quanto attiene al primo punto tre sono le linee di azione:

  • i servizi agli studenti
  • l’integrazione territoriale
  • l’incentivazione all’assunzione di professori esterni alla sede chiamante

Per gli studenti il decreto esprime un generico richiamo ad un maggior orientamento, alla dematerializzazione dei servizi amministrativi, alla formazione a distanza ed all’adeguatezza degli standard qualitativi delle università telematiche. Non sono menzionati investimenti per le borse di studio interne d’ateneo, né altri strumenti di sostegno diretto al diritto allo studio ma auspichiamo che alla programmazione di questi interventi possano seguire atti concreti.

Il principio dell’integrazione territoriale, anche al fine di potenziare la dimensione internazionale della ricerca e della formazione, non può che essere condiviso ma presupporrebbe un diverso approccio alle questioni universitarie da parte del Governo. Difficile in condizioni di totale assenza di politiche abitative e di accoglienza l’attrarre gli studenti stranieri o i docenti di altri Paesi, né si può scaricare sui singoli atenei l’onore di politiche che necessitano di un impegno finanziario di lungo periodo. Il potenziamento dell’offerta formativa relativa ai corsi di lingua straniera ci pare cosa meritevole ma stride molto, ad esempio, con le inaccettabili politiche fin qui seguite sui lettori di madre lingua ed i collaboratori ed esperti linguistici.

Il Ministro invita quindi gli Atenei a modificare i propri regolamenti per incrementare la quota minima del 20% delle assunzioni di professori provenienti da ruoli e da percorsi esterni alla sede chiamante fino a renderla maggioritaria. Per fare questo il decreto incentiva – non obbliga - l'incremento nelle commissioni di selezione i docenti esterni e quelli provenienti dall’estero con procedure analoghe a quelle dell’abilitazione scientifica nazionale. In primo luogo, chiedere agli atenei di chiamare ricercatori esterni ai ruoli dagli atenei appare una petizione di principio irrealizzabile stante le attuali norme che regolano l'impiego dei punti organico e la scarsità di risorse. In secondo luogo, varrebbe la pena di fare una onesta analisi del caos creato per l’abilitazione da questo tipo di procedure ed interrogarsi se il mondo universitario possa continuare ad affidarsi a procedure tanto lente e farraginose. Ancora, si finge di non vedere il fallimento della partecipazione dei membri OCSE alle procedure abilitative e delle modalità di composizione delle commissioni per l’abilitazione tentando di porre un freno alle “derive” dei percorsi di chiamata. Il rischio è la sostanziale paralisi imposta da un delirio iper-regolatorio.

Infine, per “dimensionamento sostenibile” il MIUR prosegue sulla strada dell’incentivazione della costituzione di Federazioni di Atenei o addirittura di fusioni con accorpamenti degli attuali organi accademici e riduzione dell’offerta formativa. L’articolo 3 vieta quindi l’istituzione di nuove università statali e telematiche, mentre prevede la possibilità, con una serie di vincoli e condizioni, di costituire università non statali legalmente riconosciute. A differenza della bozza di Decreto preparata dall’ex Ministro Profumo, che prevedeva analogo diniego di istituzione per statali e telematiche, ma con la possibilità di istituire fino a 3 telematiche, è prevista l’apertura di nuove università non statali e telematiche sotto condizioni specifiche e a partire da precedenti federazioni.

Non vi è dubbio che il sistema universitario possa essere razionalizzato, e a tal fine il richiamo del documento ad una più efficace regolamentazione degli atenei telematici e i vincoli all'apertura di nuovi atenei non statali sono un segnale positivo e importante nel raffronto con il precedente testo. Ma la logica che sottende tutto il testo resta quella del risparmio economico. Del resto, quelle poche operazioni federative sin qui fatte non hanno prodotto effetti tangibili. Peraltro, in un paese in cui la disoccupazione ha ormai superato la soglia del 40% dei giovani, con una incidenza drammatica in alcune aree del paese, programmare una razionalizzazione dei corsi di studio in funzione dell’occupabilità è assurdo e miope. In tal senso, appare anche discutibile l’intento di “trasformare o sopprimere corsi di laurea” per attivare percorsi di Istruzione tecnica superiore (ITS), opponendo percorsi formativi che sono e dovrebbero rimanere distinti e alternativi.

Ancora una volta, la razionalizzazione dell’offerta formativa appare improntata alla dequalificazione e alla riduzione del sistema della formazione universitaria. Viene implicitamente riaffermato, a dispetto di qualsiasi dato, che il numero di studenti universitari è eccessivo e che nel nostro paese non è necessario un ulteriore investimento in formazione e ricerca universitaria. Si inseguono, al ribasso, un sistema produttivo e un mercato del lavoro al collasso.

Negli articoli 4 e 5  si prevede come le Università possano attingere alle risorse messe a disposizione per la programmazione triennale con un meccanismo di premi e punizioni e come venga rimodulato l’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario). Da precisare che queste risorse non sono aggiuntive, ma detratte dal FFO, che nel 2013 è decurtato di 400 milioni rispetto al 2012. L’FFO viene suddiviso su 4 voci: Didattica, Ricerca, Programmazione e Interventi specifici. Si apre su un nuovo fronte quindi la competizione tra Atenei per accaparrarsi le ormai scarsissime risorse.

la quota didattica dell’FFO sarà suddivisa sulla base di:

  • costo standard per studente (ad oggi però ancora non determinato
  • risultati conseguiti nella didattica (a discrezionalità valutativa del MIUR)

La quota ricerca dell’FFO sarà invece su base premiale, con riferimento alla VQR che abbiamo più volte avuto il modo di denunciare come inaffidabile.

La quota programmazione, rispetto alla bozza Profumo, si riduce invece sensibilmente. Riteniamo, a sostegno di quanto già scritto dal CUN, che l'attribuzione della valutazione dei progetti non debba essere svolta da una commissione di esperti di nomina ministeriale. Crediamo sia opportuno tutelare l'autonomia del sistema universitario dal diretto intervento Ministeriale nella valutazione dei progetti attribuendo al CUN, eventualmente, la definizione dei criteri per la scelta di esperti valutatori e la nomina di una commissione ad hoc.

In definitiva, quello che più colpisce di questo testo è l’acritica adesione a quanto programmato dal precedente ministro e l’assenza di un qualsiasi sforzo per rilanciare il sistema universitario nel suo complesso. In conclusione una programmazione triennale che non dà alcun segnale di inversione di tendenza rispetto alle gestioni precedenti che, dai tagli previsti dalla L.133/08 alle finanziarie del governo Monti, in molti si aspettavano e giustamente reclamavano. Appesantimento burocratico, riduzione e dequalificazione dell’offerta formativa, conferma delle deroghe a favore di un sistema universitario non statale, impegni vacui proseguono il processo di svilimento e riduzione del sistema universitario nazionale italiano. In una fase di restrizione delle risorse, quanto previsto da questa programmazione triennale significa che assisteremo in brevissimo tempo ad una profonda trasformazione dell’attuale sistema universitario con Atenei che spariranno o saranno ridimensionati al ruolo di comprimari. Le famose due fasce, Atenei di serie A ed Atenei di serie B, è a un passo dalla realizzazione e si afferma il principio, nella programmazione triennale del sistema universitario italiano, che si possa ampliare e qualificare l’istruzione tecnico-professionale sulla base della riduzione dello spazio della formazione universitaria. Questo testo conferma una deriva che noi rifiutiamo, quella del lento sottrarsi del nostro paese all'investimento in istruzione, formazione e ricerca pubblica e di qualità.