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Ricercatori PON AIM, risposte necessarie subito

Da tempo queste lavoratrici e questi lavoratori vivono disparità di trattamento che si sono acuite durante l’emergenza sanitaria

24/09/2020
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In questi mesi di gestione della pandemia e delle relative ricadute negative su Istruzione e Ricerca, l’FLC CGIL ha posto l’attenzione sulla necessità di una serie di interventi urgenti al fine di raggiungere obiettivi di investimento su reclutamento nelle università del personale precario della docenza e della ricerca, nonché su una serie di misure inerenti le proroghe contrattuali causa sospensione delle attività e allargamento delle misure di welfare d’emergenza per tutte le tipologie contrattuali, ivi compresi i dottorandi senza borsa.

Una delle componenti accademiche colpite dai contraccolpi del lockdown è quella dei ricercatori precari delle università reclutati attraverso i bandi PON AIM nelle regioni del Mezzogiorno. Da tempo le lavoratrici e i lavoratori reclutati attraverso tali assi vivono alcune disparità di trattamento che si sono acuite durante l’emergenza sanitaria COVID – 19.

Con il conseguente “lockdown”, avviato in data 9 marzo 2020, molti ricercatori RTDa, della misura AIM non sono ad oggi riusciti a raggiungere gli enti di ricerca esteri ospitanti, per svolgere l’attività di ricerca finalizzata a conseguire gli obiettivi di progetto. Essendo trascorso un anno dalla firma del contratto da RTDa, emerge una chiara difficoltà circa la possibilità di trascorrere nella sede estera il periodo minimo di 6 mesi.

Ogni paese dell’UE e dell’area extra Schengen ha delle policy specifiche in materia di contenimento dei contagi, che contemplano diverse restrizioni, così come l’Italia ha delle direttive specifiche per i rientri dall’estero, a seconda della gravità di contagi di ciascuno Stato di provenienza. Da questo, si evince la difficoltà a viaggiare in sicurezza, tenendo conto del fatto che le università e gli istituti di ricerca ospitanti potrebbero in un tempo molto lungo imporre propri vincoli per i visiting researchers.

Il suggerimento del MUR per le vie brevi, alla richiesta di linee di indirizzo da parte di alcuni RTDa della misura AIM, di modificare la scelta dell’ente di ricerca estero presso il quale svolgere il periodo a favore di stati “più sicuri” oltre essere improponibile perché non esiste ad oggi una modalità per classificare lo stato più sicuro, è altresì inadeguato, alla luce dell’estrema specificità delle tematiche progettuali su cui ogni ricercatore è impegnato.

Bisogna inoltre sottolineare che il periodo di ricerca presso un ente estero è finalizzato alla collaborazione, non tanto alla formazione dello stesso ricercatore AIM. In questa prospettiva, il continuo scambio e collaborazione può avvenire in modalità telematica. Qualora invece si voglia intendere tale periodo in chiave formativa, ancor di più risulta necessaria una adeguata risposta da parte del MUR, giacché l’attuale emergenza sanitaria impedisce lo svolgimento in sicurezza delle trasferte che d’altro canto dovrebbero essere rimandate all’ultimo periodo del nostro contratto.

Inoltre, poiché il primo anno del contratto è già trascorso, e i mesi all’estero in periodo pre-Covid sarebbero stati spalmati sui tre anni di contratto, la contrazione del tempo residuo rende difficile programmare il periodo di mobilità in trasferta, poiché ciascuno dei ricercatori AIM svolge anche attività di didattica, nel primo e nel secondo semestre.

Per coloro che già in trasferta, presso università o enti di ricerca esteri e dovuti rientrare a causa delle varie restrizioni imposte dagli stati a seguito della dichiarazione di pandemia da parte dell’OMS, si registra la necessità che il MUR renda ammissibile che le attività svolte in modalità da remoto, in continuità di collaborazione con l’ente estero ma fisicamente dall’Italia, siano riconosciute come periodo utile ai fini del conteggio del periodo di collaborazione in trasferta e quindi ai fini del raggiungimento del periodo minimo di attività all’estero previsto dal Bando PON AIM; attraverso attività facilmente dimostrabili come report e articoli ed effettivamente svolte e rendicontabili, con effetti retroattivi, in aderenza a quanto già previsto dal MUR per i “dottorati innovativi”.

L’ulteriore fattore di intervento necessario è sulla distribuzione di fondi incardinati del Bando, in media 800 euro per ricercatore finalizzate a spese integrative per la realizzazione degli obiettivi di ricerca. Sebbene le università abbiamo nella stragrande maggioranza dei casi ricevuto tali somme, la loro declinazione puntuale nei dipartimenti è ancora di là da venire, rendendo talvolta impossibile anche acquisti di strumenti fondamentali o rimborsi spese durante meeting e convegni.

Tali ritardi incidono fortemente sui bilanci personali dei ricercatori precari, costretti essi stessi a farne fronte per l’alto senso di responsabilità nel loro lavoro, che nella maggior parte dei casi non ha nemmeno sbocchi professionali nei meccanismi di reclutamento classico.

Il MUR, nei tavoli tematici che si stanno avviando, deve dare le adeguate risposte in ordine a tali urgenze al fine di risolvere le questioni in essere.