I bravi professori e il degrado della politica
La lettera di una insegnante marchigiana in risposta alle dichiarazioni del premier sul ruolo della scuola pubblica e degli insegnanti.
Una docente di filosofia della provincia di Fermo scrive al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'Istruzione e al Presidente della Repubblica.
Una lettera destinata a rimanere senza risposta?
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Al Presidente del Consiglio
p.c. Al Ministro della Pubblica Istruzione
p. c. Al Presidente della Repubblica
“Allora Zeus, temendo per la nostra specie, minacciata di andar tutta distrutta, inviò Ermes perché portasse agli uomini il pudore (aidòs) e la giustizia (dike) affinché servissero da ordinamento della città e da vincoli costituenti unità d’amicizia.”. Il mito, narrato da Platone nel Protagora, prosegue con Zeus che stabilisce che rispetto e giustizia siano distribuiti a tutti. Senza di essi, spiega, l’uomo non può vivere insieme ad altri uomini, quindi è destinato a perire. “(,,,) la città non potrebbe esistere se solo pochi possedessero pudore e giustizia (…). Istituisci, dunque, a nome mio una legge per la quale sia messo a morte come peste della città chi non sappia avere pudore e giustizia”.
Come docente di filosofia in un Liceo statale-pubblico, leggo e commento ogni anno il mito di Prometeo nella rilettura platonica. Si tratta di una suggestiva e moderna metafora della teoria democratica secondo cui la politica è prerogativa di ogni uomo. E ogni anno mi trovo a rispondere ai dubbi che la lettura suscita negli studenti: “ … ma secondo lei Zeus ha distribuito proprio a tutti pudore e giustizia? Lo ha fatto con un criterio egualitario?”; “… crede che la classe dirigente debba essere selezionata sulla base della presenza di tali virtù?”, ecc. Spiego, non senza imbarazzo ( ne ho io di pudore!), che si tratta di un mito, di una metafora della democrazia nella quale si immagina l’ideale, la condizione minima della vita democratica. Lascio che gli studenti esprimano liberamente le proprie considerazioni, nel pudore e nella giustizia, e … così di anno in anno inculco valori. Non mi è mai capitato (inculco da venti anni) che i genitori protestino nel vedere inculcati valori differenti da quelli inculcati in famiglia. Forse perché, nel rispetto della paideia socratica, e del senso originario della parola educare (= ex-ducere): “(…) il dio mi costringe a far da levatrice, ma mi ha proibito di generare. (…) E questo è chiaro: da me non hanno imparato nulla, ma sono loro, che da se stessi, scoprono e generano molte belle cose.” Platone, Teeteto.
Non ho valori da inculcare se non quelli della Costituzione italiana (sono valori fondati su un’idea liberale e democratica della società e dello stato) ai quali sono tenuta come dipendente statale e nei quali mi riconosco come cittadina italiana (a proposito parlerò con gli studenti dei 150 anni dell’unità d’Italia, per me la nazione è un plebiscito quotidiano).
Chiedo al Presidente del Consiglio: “Lei ha valori alternativi da suggerirmi? Ed eventualmente, mi legittima ad insegnare agli studenti il valore della mercificazione del proprio corpo? Dell’insulto a chi lavora? Della bugia? Dello scambio di favori? Del trasformismo? Della fuga dalle proprie responsabilità?”
E al Ministro dell’istruzione (piuttosto dov’è in questo attacco alla scuola statale-pubblica?): “Sono valori da inculcare l’ipocrisia e l’opportunismo (es: proclamare di voler ripristinare il merito e cercare scorciatoie nel privato)? E la liquidazione spicciola di ogni giusta ribellione, segno di autonomia di giudizio e di coraggio civico, di responsabilità e di speranza, con frasi fatte e insulti? Devo inculcare agli studenti l’obbedienza inconsapevole o l’esercizio del pensiero (il “Sapere aude” che il curriculo disciplinare, peraltro, mi impone)?”
Il 5 marzo sono entrata in una Classe quarta e uno studente impertinente (ma quali valori gli avranno inculcato i genitori o i professori?!?!) mi ha chiesto il permesso di poter fare una domanda provocatoria: “Ma come fate oggi voi professori a venire a scuola come se non fosse accaduto niente?!?!” Bella domanda! Gli ho risposto che avrei scritto questa lettera!
Lettera firmata
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