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Formazione professionale: fondo di solidarietà residuale costituito presso l’INPS

Le norme di riferimento ed i problemi aperti, in assenza di altri ammortizzatori sociali.

14/11/2014
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Per i comparti privati della conoscenza, privi di ammortizzatori sociali ordinari e che possono utilizzare soltanto i contratti di solidarietà difensiva di tipo B, o la Cassa integrazione guadagni in deroga se previsto dalle priorità delle regioni, interviene adesso la previsione dell’art. 3 della legge 92/12 Fornero, che istituisce i Fondi di solidarietà per i settori non coperti da ammortizzatori ordinari o straordinari, sia in seno ai “sistemi della bilateralità consolidata”, sia, per tutti gli altri, in seno all’INPS (Cfr. L. 92/12, art. 3 comma 19 e seguenti).

Infatti, il 7 febbraio 2014 è stato costituito presso l’Inps con Decreto Interministeriale n. 79141 il Fondo di solidarietà residuale, destinato alle imprese che occupano più di 15 dipendenti e per le quali non è operante nessun altro fondo settoriale, bilaterale o altro, per l’erogazione di prestazioni di sostegno al reddito nei casi di sospensione o di riduzione del lavoro.

Naturalmente l’eccessiva frammentazione settoriale e categoriale dei Fondi di solidarietà è problematica e non risponde all’esigenza di estendere in modo universale gli ammortizzatori sociali, e rischia di creare nuove disparità di trattamento tra le lavoratrici ed i lavoratori.

Tutto ciò, aggiunto al fatto che alle imprese al di sotto dei 15 dipendenti si applicano solo gli ammortizzatori sociali in deroga, e agli operatori dei comparti privati della conoscenza anche questi sembrerebbero preclusi dalla lettura del Decreto Interministeriale 83473 “Poletti – Padoan”del 1° agosto, ci consegna un quadro fortemente critico.

L'unificazione della gestione presso l'INPS dei Fondi settoriali/categoriali, compreso il Fondo di solidarietà residuale di recente costituzione, servirà a costituire una massa critica importante di risorse economiche da amministrare, e dovrebbe avviare – almeno dal nostro punto di vista – un processo di omogeneizzazione delle prestazioni per le lavoratrici ed i lavoratori.

Ancora oggi, però, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali deve nominare il Comitato di Amministrazione, condizione indispensabile per l'avvio della gestione dell'attività amministrativa del fondo.

Riteniamo tuttavia necessario puntualizzare sulla materia del “Fondo di solidarietà” istituiti in seno ai sistemi della “bilateralità consolidata” che la CGIL si è espressa sin dall’inizio con forti riserve, privilegiando per ragioni oggettive quanto solidaristiche il “Fondo di solidarietà residuale” presso l’INPS ai sensi della Legge 92/12 Fornero, art. 3, commi da 4 a 47.

È di tutta evidenza che, tra i comparti della conoscenza, la formazione professionale, oggi attraversata da crisi più o meno rilevanti in alcune regioni, è tra i settori residuali, che nel passato non erano ammessi agli ammortizzatori sociali né ordinari né straordinari.

Le parti sociali rappresentative del comparto da tempo avevano tentato di aprire una vertenza (avviso comune del 2007 con il Governo Prodi quando era Ministro del Lavoro Cesare Damiano e Sottosegretario Montagnino) per l’ammissione almeno alla CIG S, che avrebbe avuto costi pari a quelli oggi previsti oggi dalla Fornero e ripartiti in eguale misura tra datori di lavoro (0,66%) e lavoratori (0,33%).

Ai datori di lavoro, che oggi lamentano l’aggravio per la contribuzione al Fondo di solidarietà residuale, andrebbe ricordato che essi stessi si erano nel passato vincolati nell’avviso comune chiedendo al Governo Prodi l’ammissione del comparto alla CIG S, ed i costi sarebbero stati ripartiti nelle stesse percentuali tra datori e lavoratori, come è stato previsto successivamente dalla Fornero per il fondo di solidarietà residuale.

La scelta della CGIL, con le sole deroghe - almeno quelle da noi conosciute - della “bilateralità consolidata” e di ben altra massa critica come quella dell’artigianato, o quella del commercio, è stata motivata da ragioni validissime di natura oggettiva e solidaristica (più settori “residuali” confluiscono nell’unico fondo istituito presso l’INPS, costituendo la massa critica necessaria).

In ogni caso, la valutazione attenta della bilateralità è stata molto presente nel dibattito della CGIL, e anche oggetto di “raccomandazioni” ed attenzioni della categoria in alcune fasi, visto che – sola categoria dei comparti pubblici - siamo presenti in due soggetti bilaterali (l’ente bilaterale EBiNFoP per la formazione professionale e il fondo interprofessionale FondEr per le scuole non statali regolate dal contratto AGIDAE).

Va ricordato inoltre che la bilateralità costituita nel comparto della formazione professionale è –per esplicita scelta della FLC ed in accordo con la CGIL- di natura contrattuale e mutualistica, e le prestazioni che prevede, tutte, di ogni possibile natura ove le parti le decidessero, ma soprattutto di natura di natura formativa, ma anche quando riguardano il sostegno al reddito nelle situazioni di crisi, sono esclusivamente “integrative” e non “sostitutive” del welfare pubblico.

Il costo della bilateralità nazionale nel comparto, previsto dal CCNL, incide per € 0,50 all’anno per ogni dipendente, quale quota di affiliazione; quella della bilateralità regionale nella misura minima dello 0,5% del monte salari versata da ogni soggetto che applica il CCNL, in misura del 70% a carico dei datori e del 30% a carico dei lavoratori.

Le somme servono ad alimentare due fondi separati, il primo dove confluisce il 70% delle risorse, dedicato alla formazione ed a interventi straordinari in caso di crisi aziendali, ed il secondo, dove confluisce il 30% delle risorse, destinato a finanziare progetti di innovazione tecnologica e metodologica presentati dai datori di lavoro. Per la bilateralità regionale, le quote conferite ai due fondi, così come la percentuale di contribuzione, possono essere variate solo su istanza della assemblea dei soci degli enti regionali.

Gli enti bilaterali del comparto (nazionale e regionali) possono gestire, su incarico delle parti, anche altri fondi –nei fatti solo quello per la rappresentanza sindacale nazionale e regionale, quello nazionale, alimentato con € 10 all’anno per ogni dipendente, quello regionale secondo gli accordi regionali (ambedue a solo carico dei datori di lavoro).

Nel caso si fosse optato per la costituzione di un fondo di solidarietà in sede bilaterale, a nostro modo di vedere si sarebbe dovuto modificare il CCNL della formazione Professionale (che regola la materia all’art. 3 ed all’allegato 1), e, conseguentemente, lo statuto ed il regolamento dell’ente nazionale e degli enti regionali. Se ciò fosse fatto in termini di accordi regionali, tali accordi assumerebbero il valore di contratto di prossimità derogatorio del contratto nazionale, che è possibile solo ai sensi dell’articolo 8 del DL 138/2011 collegato lavoro di Sacconi (convertito con modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148 (in G.U. 16/09/2011, n. 216), sulla applicazione del quale è nota la posizione contraria della CGIL.

Sulla legge Fornero le osservazioni della CGIL sono state ampiamente diffuse nel periodo immediatamente precedente ed immediatamente successivo alla sua approvazione; per quello che ci riguarda sono state anche oggetto di alcune discussioni nella struttura dei comparti privati della conoscenza.

Una ulteriore considerazione: la legge Fornero è una legge dello stato, per molti aspetti iniqua e discutibile, ma legge dello stato, e quindi si è tenuti ad applicarla; prevede “la possibilità” di assolvere alla materia degli AA SS per i settori residuali attraverso la bilateralità, cosa dalla CGIL osteggiata per le ragioni già esplicitate e, in caso di mancata costituzione dei fondi di solidarietà in ambito bilaterale, l'obbligatorietà di contribuire alla costruzione di un sistema di welfare pubblico attraverso il Fondo di solidarietà residuale istituito presso l’INPS.

La percentuale di contribuzione si sostanzia di una quota di contribuzione mensile di 1,50 euro per il lavoratore e di 3,00 euro per il datore di lavoro per una retribuzione di 1.000 euro, una delle retribuzioni più basse del comparto – per l’apprendista – è più o meno questa al secondo anno di servizio.

L’arretrato accumulato per il mancato versamento nei mesi gennaio – ottobre 2014 (quota a carico del lavoratore) genera, sempre per uno stipendio (imponibile previdenziale) da 1.000 euro un ammontare di circa 15,00 euro, comprensivi degli interessi legali all’1% previsti dal mese di gennaio al mese di settembre (quote che vanno versate entro il 16 novembre c.a.) e del versamento della quota relativa al mese di ottobre, di 1,50 euro, che deve essere versato entro il 16 dicembre di quest’anno, naturalmente, a partire dal costo generato per uno stipendio maggiore.

Per esempio, un formatore V livello con 28 anni di anzianità, che percepisce poco più di 2.000 euro, l’ammontare della quota a carico del lavoratore sarebbe di circa 32,00 euro, ed a regime una quota di 3,2  euro mensili.

Per un IX livello, direttore generale, poco più del doppio (la paga base è di 3.000 euro, e le anzianità e gli scatti della Progressione economica orizzontale individuale (PEOI), altri elementi della retribuzione fondamentale, sono variabili per ogni operatore e legati anche alla evoluzione verticale di carriera).

Per ogni eventualità ulteriore, il nostro patronato INCA potrà chiarire dubbi ed aiutare nella lettura della busta paga i lavoratori che ritenessero di volere meglio comprendere la coerenza delle trattenute ad essi operate.

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