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“Prove tecniche di Federalismo”: la babele degli esami di qualifica nell’istruzione e formazione professionale

Una selva di norme, contraddittorie e confuse, emanata nella più totale inerzia del MIUR e del Ministero del Lavoro.

29/07/2014
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Avevamo visto giusto!

Con l’anno scolastico/formativo 2013/14 si sono effettuati (o si stanno ancora effettuando) i primi esami di qualifica dei percorsi “a regime” di Istruzione e Formazione Professionale utili per l’acquisizione delle qualifiche professionali triennali, titoli professionalizzanti che hanno valore nazionale. Sono stati anche i primi “veri” esami dei percorsi IeFP effettuati in regime sussidiario dagli Istituti Professionali Statali. I percorsi sussidiari sono stati formalmente avviati dall’a.s. 2011/12 a seguito della sottoscrizione dell’intesa in Conferenza Unificata del 16/12/2010 (recepita con DM 4/11) e dell’Accordo in Conferenza Stato Regioni del 27/07/2011 (recepito con DM 11 novembre 2011). Da segnalare che il percorso di “Operatore del mare e delle acque interne” è stato avviato invece nel 2012/13 a seguito dell’Accordo del 19/01/2012 (recepito con DM 23 aprile 2012).

Come è noto, le modalità di svolgimento degli esami di qualifica nell’ambito dei “nuovi” percorsi IeFP rientrano tra i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) definiti dal D.Lgs. 226/05 e specificatamente regolati dall’art. 20.

In particolare tale articolo stabilisce che:

a) previo  superamento  di  appositi  esami, lo studente consegua la qualifica di operatore professionale con riferimento alla relativa figura  professionale, a conclusione dei percorsi di durata triennale, (…) ;

b)  nelle commissioni per gli esami sia assicurata   la   presenza   dei  docenti  che hanno impartito insegnamenti nell’ambito dei percorsi IeFP.

Nonostante la genericità di tali disposizioni, occorre tuttavia ricordare che il medesimo Decreto Legislativo 226/05 all’art. 15 precisava che le modalità di accertamento dei LEP dei percorsi IeFP e quindi anche degli esami di qualifica, fossero stabiliti con il medesimo regolamento che doveva definire, previa intesa in Conferenza Stato Regioni, gli “standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli  professionali conseguiti all'esito dei percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici (art. 7 comma 1 lettera c) della Legge 53/03).

Nonostante i ripetuti richiami della FLC CGIL al MIUR sull’obbligo dello Stato di emanare tale Regolamento prima della definizione delle norme regionali di dettaglio, soprattutto su forte spinta di alcune Regioni, si è deciso di adottare un documento di indirizzo elaborato dalla Conferenza delle Regioni (Accordo del 20 febbraio 2014) e di lasciare alle singole Regioni la declinazione territoriale sulle modalità di svolgimento degli esami.

Quasi al termine dell’anno scolastico e formativo 2013/14, la FLC CGIL ha elaborato una serie di schede sintetiche di lettura che mettono in luce quello che è (sta) avvenuto (avvenendo).

Le schede si riferiscono a tutte le Regioni, esclusa la Valle d’Aosta e le Province Autonome di Trento e Bolzano. Per ciascuna Regione sono state individuate le norme specifiche e confrontate tali disposizioni in relazione agli elementi minimi comuni concernenti le procedure di valutazione, di ammissione e di accertamento finale, definiti dal documento delle Regioni adottato il 20 febbraio 2014. Inoltre, sono stati esaminati anche alcuni aspetti non trattati da tale documento e relativi ai soggetti disabili o con DSA. Infine sono state esaminate le disposizioni relative ai candidati esterni o ai privatisti.

Il quadro che ne viene fuori è desolante per il numero e la complessità delle disposizioni, per le divaricazioni incredibili su aspetti che riguardano la tenuta stessa del sistema nazionale di IeFP.

La FLC CGIL ritiene che questo modo di procedere rappresenti uno degli attacchi più pesanti all’unitarietà del sistema educativo nazionale, anche perché i processi messi in atto sono poco conosciuti e si svolgono “sottotraccia”. Particolarmente insidiose sono le modalità, poco o per nulla rispettose dell’autonomia professionale dei docenti e dell’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, con cui alcune Regioni impongono indicatori di valutazione minuziosissimi con punteggi prestabiliti o con una banda di oscillazione minima e che non prevedono in alcun modo che le scuola possano modificare il format regionale adottato. A questo proposito occorre ricordare che  nel 2013 il numero di studenti iscritti ai percorsi di IeFP sussidiaria erogati dagli istituti Professionali Statali sono stati 162.627 (fonte: Rendiconto generale dello Stato 2013).

Per tutti questi motivi la FLC CGIL chiederà nelle sedi opportune nell’immediato che venga adottato il Regolamento previsto dal D.lgs. 226/05, con una più stringente definizione di modalità di accertamento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (incredibile a tal proposito il vuoto normativo su disabilità e DSA), e che in tempi rapidi si giunga ad una rivisitazione di tutta la complessa normativa di settore, soprattutto nella prospettiva dell’elevamento dell’obbligo scolastico a 18 anni come proposte dalla CGIL nel “Piano del lavoro”.

Rimandando i lettori alla lettura delle schede, queste alcuni degli aspetti più rilevanti.

1) Ammissione degli allievi frequentanti all’esame conclusivo

Secondo il D.Lgs. 226 /05 e il documento delle Regioni del 20/02/2014 per l’ammissione degli allievi agli esami finali sono indispensabili

  • la frequenza minima dei tre quarti del monte ore (D.Lgs. 226/05 art. 20 comma 2)
  • la formalizzazione, sulla base delle valutazioni periodiche degli apprendimenti e del comportamento, del raggiungimento degli esiti di apprendimento previsti dagli standard formativi dei percorsi di IeFP (art. 18 del D.Lgs. 226/2005) nazionali e loro eventuali articolazioni regionali.

Riguardo in particolare il primo aspetto, secondo alcune Regioni (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia), la frequenza minima è relativa al monte ore solo dell’ultimo anno, secondo altre invece l’obbligo di frequenza è riferito al triennio, altre ancora non avendo ancora normato la materia fanno riferimento alle modalità di svolgimento dell’anno precedente.

In Emilia Romagna accede all'esame lo studente per il quale è stata esplicitata nel Documento di valutazione delle evidenze la positiva correlazione tra evidenze prodotte e una quota non inferiore al 75% delle capacità e conoscenze oggetto di valutazione.

Da notare che, nonostante gli Istituti Professionali siano strutture statali, spesso alcune Regioni chiedono una mole di documentazione e certificazione totalmente ingiustificata, tenuto conto della normativa del settore istruzione sulla validità dell’anno scolastico per ciascun alunno, della presenza di registri personali e registri di classe (cartacei e/o elettronici) che i docenti sono tenuti obbligatoriamente a compilare e del numero, spesso elevatissimo, di candidati.

2) Prove di Esame

L’accordo del 20 febbraio stabilisce che l’esame deve prevedere almeno un colloquio e una prova professionale. “La prova professionale deve possedere un peso almeno pari al 50% del totale delle prove previste, calcolato a prescindere dall’eventuale punteggio di ammissione”

Premesso che tutte le regioni attribuiscono il voto finale in centesimi, sono state esaminate le varie modalità di attribuzione dei punteggi.

a) Peso degli esiti del triennio:

Alcune regioni utilizzano le percentuali: si va dallo 0 della Sardegna fino al massimo del 55% del Veneto, passando dal 7% (massimo) della Basilicata, al 20% della Puglia (più 20% per la valutazione degli stage), al 25% della Campania al 50% del Piemonte e Toscana.

Altre Regioni indicano un punteggio minimo e massimo che contribuisce al voto finale:

  • L’Abruzzo da 15 a 30 punti
  • Friuli Venezia Giulia da 0 a 55 punti
  • Liguria: massimo 50 punti
  • Lombardia da 18 a 30 punti
  • Marche: massimo 50 punti (soglia minima di ammissione: 30)
  • Sicilia: massimo 80 punti
  • Umbria: massimo 20 punti

Da segnalare che per la Regione Sardegna “Il voto di ammissione non influisce mai sulle medie del voto finale, in quanto non può costituire ulteriore elemento aggiuntivo di media matematica”.

b) Esami

Riguardo agli esami la maggior parte delle Regioni prevede tre prove di cui una orale. Tale prova è espressamente esclusa dalle disposizioni della Regione Sicilia. Le modalità di calcolo delle singole prove sono spesso assai complesse tanto è vero che alcune Regioni forniscono fogli di calcolo precompilati, talvolta con l’indicazione minuziosissima di indicatori e con una ridottissima autonomia di valutazione da parte dei docenti.

Inoltre in alcuni casi a ciascuna prova è assegnato uno specifico punteggio massimo all’interno dei 100 punti complessivi (ad esempio Abruzzo, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria) in altri casi a ciascuna prova è assegnato un peso percentuale (ad esempio Basilicata, Campania, Toscana, Piemonte, Veneto), in altri casi si utilizza un criterio misto (Puglia). La Sardegna utilizza la media matematica tra la votazione media riportata dal candidato nelle prove di teoria (ossia scritta e orale) e la votazione della prova pratica o simulata.

Casi particolari sono rappresentati dalla Lombardia e l’Emilia Romagna.

In Lombardia è prevista una prova centralizzata predisposta dalla Regione con data unica (si è svolta il 5 giugno scorso). Inoltre “in veste esclusiva di osservatori esterni possono partecipare alle operazioni d'esame anche esperti nominati dalla Regione ai fini della valutazione del sistema.”

In Emilia Romagna la progettazione della prova d’esame è di competenza della Commissione di esame, che deve definire:

  • le specifiche modalità di svolgimento della prova
  • gli indicatori e i criteri di valutazione
  • le modalità con cui le prove scritte concorrono alla valutazione complessiva.

3) Candidati esterni

Alcune Regioni (Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche) prevedono la possibilità che i privatisti possano sostenere gli esami di qualifica. Premesso che alcune norme chiaramente impattano con il riordino dell’Istruzione degli Adulti, non è affatto chiaro quale sia  la normativa di riferimento che consenta alle Regioni di regolare autonomamente questa materia.

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