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Ddl precari, ancora novità

Sta per andare in aula al Senato il DDL 2529 sul precariato

01/03/2004
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Sta per andare in aula al Senato il DDL 2529 sul precariato. Contrariamente alle aspettative non è stata concessa la sede deliberante in commissione cultura e questa lunga storia potrebbe concludersi con un decreto legge dopo l’approvazione del DDL al senato.
Gli emendamenti accolti, come ampiamente previsto, non fanno che rispondere a interessi particolari, con il rischio di aggiungere particolarismi a particolarismi.
Il fatto è che i docenti precari coinvolti in questa estenuante maratona, sono così stanchi e demotivati che probabilmente attendono l’esito del percorso, qualunque esso sia purchè in tempo per la riapertura delle graduatorie permanenti.

In base alla considerazione che è necessario non inflazionare ulteriormente la domanda di lavoro nella scuola, è stata cancellata la possibilità di ulteriori percorsi abilitanti, oltre a quelli che riguardano i possessori di titoli di sostegno, dimenticandosi che ci sono categorie di docenti, come gli ITP, che non hanno alcuna possibilità ordinaria di abilitarsi.
Come prevedibile, una volta riaperta la giostra dei titoli di cultura, anche i corsi di perfezionamento hanno avuto la loro brava valutazione: il collezionismo dei titoli sarà il nuovo passatempo (costoso!) dei precari.
Ineffabile poi l’equiparazione del servizio militare ad un anno di servizio. Dobbiamo concludere che è più professionalizzante il servizio militare di un anno prestato come docente in una classe di concorso non specifica? In tempi di guerra preventiva, tutto è possibile!

Le lentezze e gli appesantimenti burocratici di un sistema, come quello scolastico, fatto di un milione di dipendenti e le garanzie di trasparenza e oggettività delle procedure che esso richiede, trattandosi di un sistema pubblico, avrebbero avuto bisogno di una saggia opera di governo per far girare gli ingranaggi invece di inceppare tutto il meccanismo frapponendo ostacoli finalizzati: 1) ad accontentare i clienti di riferimento, quelle scuole private che oggi chiedono il finanziamento diretto delle loro scuole, 2) a ridurre il sistema scolastico impoverendolo di contenuti e di posti, 3) a introdurre anche nella scuola precarietà e assunzioni per chiamata diretta.

Due anni di blocco delle assunzioni e infine la miseria di 15.000 assunzioni, sono un dato più che sufficiente per creare lo scompiglio che deriva dal sovraffollamento. Perfino le contese fra gruppi di interessi, precari storici, ordinaristi, sissini, non sarebbero state così devastanti se le graduatorie per le assunzioni avessero continuato a scorrere regolarmente immettendo in ruolo le persone. Leggiamo interventi in cui si esprime il disprezzo altezzoso di chi vorrebbe buttar via come un vestito vecchio schiere di precari abilitati e vorrebbe diminuire di circa 200.000 unità i docenti della scuola, rivelando, con plateale arroganza, la condivisione dello stesso disegno controriformatore di Moratti diretto a impoverire la scuola pubblica e a sottometterla all’autorità gerarchica di dirigenti asserviti e ubbidienti, facendo piazza pulita di sindacati e RSU, scomodi intralci di un libero dispiegarsi dell’autorità ministeriale.

Noi pensiamo che il disprezzo per le regole, l’incapacità gestionale, la mancanza di equilibrio nel far convivere situazioni pregresse con nuove modalità di formazione, abbiano acceso il clima. Siamo in netto disaccordo con chi tratta i precari come una massa di persone che si accapigliano, come una zavorra di cui liberarsi per far posto alle nuove professionalità.
Siamo per la difesa della scuola pubblica e di tutte le risorse necessarie, economiche e umane, per garantirne la qualità. Siamo per i diritti delle persone, la stabilità degli organici necessaria alla qualità della scuola, la garanzia del posto di lavoro necessaria ai diritti delle persone.

Roma, 1 marzo 2003

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