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Dall’emergenza Napoli alle zone a rischio

La questione meridionale oggi si ri-presenta con una grande rilevanza sociale. Non solo, e non tanto, perché lo squilibrio tra Nord e Sud riguarda tutti ma soprattuttoperché sono sempre più evidenti gli intrecci tra sviluppo, formazione e partecipazione

06/11/2006
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Da Napoli riemerge, dolorosamente e violentemente, l’emergenza della “questione Meridionale” nel nostro Paese.

Dibattiti, chiacchiere televisive, interventi di esperti…. tutti alla ricerca di una soluzione “rapida” , una ricetta da fast-food, per una questione antica e profonda, troppo spesso trascurata appena l’emergenza rappresentata dai fatti violenti si attenua.

FLC Cgil ritiene che, più che l’esercito, serva più scuola nel nostro mezzogiorno e non accetta che i giovani del Sud debbano assistere ancora una volta, per dirla con De Andrè, ad uno Stato che” s’indigna, s’impegna e poi getta la spugna”.

L’accresciuto divario tra Nord e Sud, in termini di sviluppo, non può e non deve condannare definitivamente all’esclusione ed all’emarginazione culturale e sociale una parte dei giovani italiani.

Di fronte ad una nuova e più grave “questione meridionale” occorre intervenire con decisione per affrontareuna deriva educativa che appare inarrestabile.

Troppi dati dimostrano che è nel Mezzogiorno che si accentrano i tassi più alti di dispersione scolastica e di disagio giovanile, soprattutto nelle aree metropolitane, mentre i livelli di apprendimento e di successo formativo ci consegnano un quadro di competenze dei giovani meridionali più basso rispetto al resto del paese. Senza dimenticare che la popolazione senza titolo di studio nella quasi totalità delle Regioni del Mezzogiorno supera l’8 per cento.

E allora serve coraggio, radicalità e soprattutto costanza negli interventi, serve assumere la questione Sud nei sistemi formativi nazionali, come dato strutturale e di sistema, non con “opzional” temporanei.

Pensare insomma politiche scolastiche che assumano il diritto all’istruzione come diritto primario che va ancora assicurato, a partire dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia, anche a fronte del calo della popolazione scolastica, per arrivare agli adulti.

Nel Mezzogiorno, infatti, si deve puntare sul sistema della conoscenza per superare antichi ritardi e affrontare nuove emergenze, e affidare ai sistemi formativi l’incarico di disegnare una nuova comune appartenenza territoriale.

Agire in maniera sistemica e su vari livelli diventa imperativo per il Sud, anche ricollocando nel sistema scolastico quelle scelte importanti e già compiute, come l’istituto contrattuale delle “Misure incentivanti per progetti relativi alle aree zone a rischio, a forte processo immigratorio e contro l’emarginazione scolastica”.

Nel dibattito vivace di questi ultimi giorni tutti sembrano aver dimenticato che da alcuni anni ( era il 1999) le organizzazioni sindacali, con lo strumento della contrattazione,hanno scelto con piena consapevolezza della dimensione delproblema, di investire risorse in istituto contrattuale che affida alle scuole inserite nei contesti più difficili l’elaborazione e la definizione diobiettivi di lotta all’emarginazione scolastica e all’insuccesso formativo.

Scuole che in questi anni hanno operato ampliando l’offerta formativa proprio per fronteggiare quelle difficili situazioni personali e sociali che i bambini portano con se.

Un istituto contrattuale non è certo una ricetta miracolosa, ma testimonia l’attenzione ad un problema che avrebbe dovuto incontrare a livello localeil raccordo e l’impegno responsabile anche di altri soggetti istituzionali e investimenti a livello nazionale ed europeo, oltre che avrebbe dovuto essere monitorato e seguito dalla Amministrazione scolastica.

Anche in questo caso, invece, le scuole si sono trovate sole: quasi inesistente il supporto, burocratica e pesante la presenza dell’amministrazione scolastica, scarse le relazioni nel territorio, ignorati gli altri livelli.

Eppure tutti sembrano convinti che non basta agire solo sul versante del deficit formativo: maggiore conoscenze non sono sufficienti da sole al rilancio del territorio del Mezzogiorno, senza una parallela strategia di sviluppo a medio e lungo termine.

Per FLC Cgil occorre oggi mettersi al lavoro subito, partendo da una attenta verifica di quello che già esiste e che può funzionare anche meglio: forse servono anche nuove scelte, ma partiamo da quello che c’è, dal lavoro generoso di tanti insegnanti ed ATA delle scuole a rischio, partiamo dalle esperienze che sono la miniera da cui attingere per dare nuovo slancioa chi tutti i giorni si misura con la complessità dell’educare in territori e contesti difficili.

Roma, 6 novembre 2006

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