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Intervista del Segretario Enrico Panini sulla situazione del CNR all’Agenzia Apcom

Il Segretario generale presenta la posizione della FLC sul CNR, sulla sua ultima riforma e sulla attuale gestione fallimentare.

04/07/2006
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1) secondo te come mai si è giunti a questa riforma del Cnr?

Essenzialmente per due motivi:

  • la volontà di controllare politicamente il CNR, come tutti gli altri enti di ricerca;

  • costringere il CNR a svolgere direttamente un'attività di R&S di immediato supporto al tessuto produttivo modificandone in modo consistente le ragioni costitutive.

Vorrei chiarire la mia posizione su quest’ultimo punto: tra la ricerca e la produzione ci sono diversi passaggi da compiere (dallo sviluppo di programmi di ricerca indirizzati all'applicazione, allo sviluppo di prototipi, fino all'ingegnerizzazione e allo sviluppo di nuovi prodotti), solo i primi passi di questa catena possono essere fatti in un ente di ricerca e, soprattutto, non si può ignorare il problema gravissimo dell'assenza di una vera domanda di innovazione da parte del nostro sistema produttivo.
L'idea dell'ex viceministro Possa che i ricercatori possano fare "i piazzisti porta a porta" della ricerca presso le imprese è una semplificazione che non funziona, ma che ha come presupposto il controllo dell'Ente.

2) in base a quali elementi, parlando dei vertici del Cnr, hai detto che essi parlano di 'un'azienda sana', occupandosi di irrobustire prioritariamente frettolosamente le posizioni di potere"?

Il Presidente Pistella ha più volte usato questa fantasia dell’azienda sana alla quale corrispondono i seguenti fatti: in questi ultimi quattro-sei mesi sono state frettolosamente avviate, ed in taluni casi concluse, diverse operazioni, dalla selezione dei direttori di dipartimento, alla conferma della maggior parte degli istituti del CNR oggi esistenti e dei loro direttori, fino alla definizione dei responsabili dei progetti scientifici.
Tutte queste operazioni, che in un contesto di un Ente sano avremmo salutato con gioia, hanno languito per anni per poi essere avviate e concluse con tanta fretta da non poter nemmeno avere il parere del Consiglio Scientifico dell'Ente!
Il tutto a ridosso delle elezioni politiche: è chiaro allora il riferimento all’irrobustimento delle posizioni, sia che l'attuale Presidente resti, cosa che non ci auguriamo, sia che se ne vada il "lascito" di un paio di centinaia di persone nelle posizioni chiave dell'Ente è molto pesante
Non possiamo dire altrettanto per quanto riguarda lo sviluppo del maggiore Ente di ricerca del nostro Paese.

3) esiste poi la reale necessità di assumere esperti esterni all'Ente (al fine di elevarne il livello scientifico)?

Solo in taluni limitati casi, cioè laddove l'Ente decida di aprire nuove linee di ricerca su cui non abbia competenze "interne": esattamente ciò che non è avvenuto nel recente passato, anche a causa dei continui tagli ai finanziamenti.

4) è evidente che all'interno dell'Ente c'è una forte spaccatura tra i lavoratori: da una parte chi promuove la riforma, dall'altra chi la osteggia. E' solo una contrapposizione dovuta ad interessi personali in conflitto oppure anche di una scarsa cultura sindacale?

Francamente non vedo nessuna spaccatura, tantomeno tra i lavoratori.
Anzi da mesi si susseguono posizioni, iniziative, manifestazioni di denuncia dell’attuale situazione.
La stessa "famosa" lettera dei direttori non promuove la riforma, diversamente da come l’hanno utilizzata alcuni politici nelle loro dichiarazioni, anzi la critica pesantemente.
Essa esprime la preoccupazione per un prolungarsi della fase di stallo dell'Ente che sicuramente sarebbe letale. Non posso che condividere questa preoccupazione e per questo ritengo necessaria un'azione incisiva e rapidissima.
Sia ben chiaro, non intendo "arruolare" nessuno, come altri stanno facendo costruendo questa idea della contrapposizione su fatti inesistenti. Osservo che diversi direttori, per non dire molti, firmatari della lettera che si presume, o si tenta di leggere, in difesa della riforma sono indignati per questa interpretazione forzosa del loro pensiero.

5) quale dovrebbe essere la rinnovata linea da tracciare per rilanciare il CNR ed uscire dalla sua situazione di empasse?

Liberare i ricercatori, la cui principale attività oggi è di preparare programmi e consuntivi che non corrispondono poi mai in termini di risorse finanziarie (ed anche umane) a ciò che sarebbe necessario.
Che senso ha approvare un progetto con un quarto delle risorse necessarie e, magari, un anno di ritardo, e poi pretenderne una rendicontazione in base al progetto originario? Non sono questi i tempi e i modi di una buona ricerca.
L'eccesso di programmazione e la carenza di risorse sta impedendo oggi per paradosso di programmare sul serio nel medio periodo l'attività scientifica dell'Ente. E lascia circa un migliaio di giovani nel limbo di un inaccettabile precariato, proprio nella fase che dovrebbe essere quella di maggior produttività scientifica. Liberare i ricercatori a partire dai precari.
Infine, c’è bisogno di una forte discontinuità politica e scientifica sulla ricerca.
Politica perché la gestione del Ministro Moratti ha tagliato all’inverosimile i fondi ed ha relegato la nostra ricerca ad una condizione di subalternità alla produzione. Soprattutto per questo quinquennio il termine “sviluppo senza ricerca” si attaglia molto bene a descrivere la situazione.
Discontinuità dal punto di vista scientifico perché bisogna liberare gli Enti dal controllo politico, favorendo con chiare scelte di bilancio e di politica economica uno sviluppo di qualità.
Guglielmo Epifani ha proposto che a Palazzo Chigi con i sindacati si arrivi ad una intesa su scuola, ricerca, università ed innovazione come condizione per disegnare una nuova stagione di sviluppo pur in un quadro economico preoccupante.
La nostra manifestazione del 10 luglio segnala e denuncia per l’ennesima volta una situazione pesante ed insostenibile.

Roma, 4 luglio 2006

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