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Cultura ambientale?

Antroprocentrica, teocentrica, senza ubriacature!

06/09/2005
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Proprio nei giorni in cui il tifone Katrina ha sconvolto il sud degli Stati Uniti, provocando morti e distruzione, veniamo a conoscenza di un convegno che si è tenuto il 20 giugno scorso sull'ambiente ed i cambiamenti climatici per iniziativa del Ministero dell'Ambiente insieme all'ENEA ed al CNR. Le informazioni sono riportate sui giornali di quel periodo e molte delle affermazioni sono tra virgolette. Dobbiamo quindi ritenere corretto quanto scritto e non possiamo non rimanere almeno perplessi (si veda ad esempio l'articolo su Il Mattino del 21 giugno scorso ).

L'intervento di apertura è affidato al Prof. Paolo Togni che spiega che occorre riportare la cultura ambientale su una posizione antropocentrica e teocentrica e fa notare che le linee programmatiche del Ministro dell'Ambiente vanno nella direzione della Dottrina Sociale della Chiesa. Non ci è molto chiaro che cosa significa in uno stato laico visto che stiamo parlando di ambiente.

In successivi interventi, tra i quali compare quello del Dott. Corrado Clini, oggi sub commissario dell'ENEA, si afferma che la responsabilità dell'uomo per ciò che riguarda i cambiamenti climatici "è solo una remota possibilità", che l'aumento della temperatura nel mondo non provoca un maggior numero di tempeste e che l'aumento di anidride carbonica potrebbe produrre molti benefici a piante ed animali e non cambiamenti climatici preoccupanti.

Ma forse l'affermazione che colpisce di più in questo momento è quella del Prof. Fabio Pistella, Presidente del CNR, massimo ente di ricerca italiano, che auspica che "sia passata l'ubriacatura legata a Kyoto e si cominci a parlare di cose serie". Non ci viene detto quali.

L'insieme delle affermazioni riportate nell'articolo e l'autorevolezza degli oratori ci lasciano molto perplessi, per non dire preoccupati: eravamo abituati a pensare nel mondo della scienza, quando una questione è ancora oggetto di studio ed esistono posizioni alternative, come può anche darsi sia per il mondo della climatologia e dei cambiamenti in atto con effetti catastrofici su tante parti del mondo, che si debbano organizzare incontri in cui siano chiamati scienziati che si trovano su posizioni differenti e che questi si confrontino in base a dati e risultati. Non ci sembra proprio che sia stato così in questo caso.

Riteniamo inoltre che la nostra Costituzione, quando parla di libertà della scienza, intenda garantire che la politica, nessuna politica, abbia il diritto di dettare le linee delle ricerche e dell'avanzamento del sapere. Invece in Italia, dove, come in altri paesi si sceglie di dedicare fondi ad obiettivi diversi dalla difesa dell'ambiente, si cerca anche di giustificare tali scelte con incontri pseudo scientifici.

Roma, 6 settembre 2005

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