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Dirigenti scolastici Cgil - Cisl Scuola di Firenze Documento sull'attuazione della legge n. 53/03

La legge 53/03 e il complesso dei provvedimenti fin ora adottati per la sua attuazione hanno suscitato nella scuola un vasto e ampio movimento di contestazione che ha visto fra i suoi convinti protagonisti i sindacati confederali.

24/06/2004
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Coordinamento Dirigenti Scolastici Cgil - Cisl Scuola di Firenze
Documento sull’attuazione della Legge n. 53/03

La legge 53/03 e il complesso dei provvedimenti fin ora adottati per la sua attuazione hanno suscitato nella scuola un vasto e ampio movimento di contestazione che ha visto fra i suoi convinti protagonisti i sindacati confederali. Riteniamo che alla base del giudizio negativo espresso da molti ci sia la chiara percezione di cogliere nell'insiemedei provvedimenti l'esplicito disegno di far arretrare e diminuire l'intervento statale e i relativi finanziamenti in questo settore, mirando a creare percorsi formativi separati e con esiti diversi a seconda delle condizioni socio-culturali degli alunni. Occorre, contemporaneamente, riconoscere che nel primo ciclo di istruzione l'originario impianto,così chiaramente delineato dallasperimentazione e dall'originale bozza del decreto attuativo, ha subito significative modifiche proprio grazie all'opposizione del mondo della scuola, degli enti locali e delle regioni.

Queste modifiche hanno introdotto da un lato la possibilità di mantenere di fatto e in sostanza, almeno temporaneamente, alcuni modelli organizzativi previsti dal precedente ordinamento, ma hanno introdotto, anche per la fretta con la quale si è voluto operare, una notevole confusione normativa.

Un aspetto particolarmente significativoappare il rapporto fracondizioni organizzative eobiettivi previsti nei nuovi ordinamenti e l'offerta formativa elaborata dalla scuola in base ai poteri previsti dall'autonomia scolastica.

In un momento in cui è d'obbligo parlare della L.53/2003 non dobbiamo dimenticare il DPR 275/99, quello cioè che attribuisce piena autonomia alle scuole in materia di organizzazione didattica e di impegno dei docenti nell'ambito del proprio piano formativo. D'altra parte è la stessa circolare29/2004, in premessa, ad evidenziare che il nuovo titolo della Costituzione attribuisce all'autonomia scolastica un riconoscimento di rango primario.Dobbiamo però rilevare come l'impostazione del decreto attuativo e delle allegate indicazioni sembri procedere nel solco della precedente organizzazione di tipo centralistico della scuola, dove era indispensabile indicare dal centro alla periferia, non solo gli obiettivi generali da raggiungere, ma anchele procedure e le modalità da mettere in atto per il loro conseguimento. Appare del tutto assente una riflessione sui nuovi rapporti e sulle diverse competenze che in base alla modifica del Titolo V della Costituzione sidevono intrecciare fra istituzioni scolastiche, autonomie locali e ministero.

L'inizio del prossimo anno sarà, quindi, caratterizzato dalla necessità per le scuole di coniugare la realizzazione del proprio P.O.F con l'applicazione dei nuovi provvedimenti legislativi.

Una cosa è certa: non si può eludere il problema. Le leggi ci sono e devono essere applicate con soluzioni che siano sostenibili dal punto di vista della legittimità: riteniamo importante allora sottolineare che punto di riferimento debbano essere non solo gli elementi generali di impianto e gli obiettivi di apprendimento previsti dalle nuove normative, ma anche le modalità organizzative e le metodologie didattiche che le scuole, in ossequio al DPR 275/99, continuerannoautonomamente ad elaborare in riferimento al contesto nel quale operano.

In questo appare fondamentale il ruolo del Dirigente Scolastico chenon può ridursi ad una esecutività acritica dei provvedimenti ministeriali, ma dovrà anche essere garante e rappresentante dell'autonomia di quella determinata istituzione scolastica. Il rispetto della legalitàresta per tutti la strada da seguire,ma non può essere ristretto solo a determinate norme, ma esteso al complesso delle leggi oggi esistenti.

Tutto questo, però, non può essere demandato esclusivamente al Dirigente Scolastico: appare indispensabile che tutte le componenti scolastiche e i relativi organi collegiali assumano l'impegno di esplicitare meglio che in passato le soluzioni organizzative e metodologiche che intendono mettere in atto per la realizzazione del P.O.F. in riferimento sia all'analisi e alle esigenze del proprio territorio, sia ai più generali obiettivi previsti dallo stato e alle risorsefinanziarie e di personale assegnate.

Sarà compito delle istituzioni scolastiche riuscire a progettareun'offerta educativa che sia capace di: 1) collocare in un modello educativo unitario i tre segmenti temporali previsti dal decreto, confrontandosi con le esigenze delle famiglie ma evitando la dispersione e la polverizzazione delle scelte; 2) organizzare per gli alunni percorsi didattici che all'interno di un cammino comune sianocapaci di prevedere una flessibilità degli interventi in gradoassicurare a tutti il raggiungimentodegli obiettivi generali previsti; 3) prevedere un'organizzazione dei docenti fondata sulla cooperazione e contitolarità dei docenti assegnati alla classe, capace di arricchire ilprogetto formativo con le specifiche competenze di ciascuno.

In riferimento a questo ultimo punto occorre notare come le modifiche apportate all'originario testo del decreto abbiano modificato nella scuola primaria la congruenza di alcuni elementi normativi, in particolare i compiti previsti per il "tutor".

Inizialmente lo stato assicurava con i propri docenti solo 27 ore di scuola, prevedendo, inoltre, un docente con orario prevalente nella classe di 18 ore al quale, inevitabilmente, sarebbe stato assegnato il compito di insegnare le discipline fondamentali. In questa organizzazione, assolutamente non condivisibile, appariva però conseguente l'affidamento a questo docente di alcune specifiche funzioni quali il coordinamento delle attività e ilrapporto con le famiglie . Prevedendo invece l'attuale decreto l'intervento dei docenti dello stato fino a coprire le 40 ore settimanali, appare evidente che non è più possibile ipotizzare che dette funzioni siano affidate esclusivamente a un docente che coprirebbe solo il 45% del tempo scuola degli alunni, ma occorre che dette funzioni siano assicurate da una pluralità di docenti.

Per sciogliere allora il nodo del "tutor", così vivamente avvertito da molti, riteniamo che in attesa di una risposta alle vertenze sindacali la strada che possa essere intrapresa sia quella di approfondire le "funzioni tutoriali", partendo dal presupposto che il contratto di lavoro delinea in modo unitario la funzione docente e considera di competenza di ogni insegnante , in quanto parte "costitutiva della funzione docente" i compiti affidati dal D.Lvo 23/01/2004alla funzione tutoriale.

Allora in attesa degli ulteriori e necessari chiarimenti contrattuali e normativi, considerando anche l'assenza della specifica formazione, riteniamo che si possa dire no all'unico docente tutor e sì allo svolgimento delle funzioni tutoriali diffuse.

Occorre allora declinare all'interno del POF modalità e criteri per lo svolgimento in piena condivisione da parte dei team delle funzioni relative all'assistenza tutoriale a ciascun alunno, al rapporto con le famiglie, all'orientamento per la scelta dell'attività didattiche opzionali, al coordinamento delle attività didattiche educative, alla cura e documentazione del percorso formativo.

Sarebbe, quindi, opportuno che i collegi docenti si muovessero in questa direzione, indicando cioè al Dirigente Scolastico il criterio generale sopra espresso delle funzioni tutoriali da suddividere fra tutti con le indicazioni per il loro svolgimento da parte dei team: tali delibere sarebbero non solo legittime, ma evidenzierebbero l'attenzione che da tempo le scuole hanno posto nei confronti del rapporto con gli alunni e le loro famiglie.

Un'ultima osservazione relativa agli elementi di gradualità previsti nell'applicazione delle nuove norme dal D.Lvo n.59/04e alla valutazione. Su questi due punti si registrano molta confusione e pochi elementi di chiarezza. Nel comma 2 dell'art. 13 del suddetto decreto si prevede in generale l'attuazione delle nuove disposizioni a tutte le classi a partire dal prossimo anno scolastico, ma al comma 3 dell'art. 19 si stabilisce che una serie di disposizioni previste nel testo unico approvato con decreto n. 297 del 16/04/94 continuino ad applicarsi alle sezioni di scuola materna e alle classi di scuola elementare e mediaancora funzionanti secondo il precedente ordinamento e siano abrogate a decorrere dall'anno successivo al completo esaurimento delle predette sezioni e classi. Andando a leggere gli articoli e i commi che devono restare in vigore vi troviamo l'esame finale di V classe, l'assegnazione dei docenti alle classi di ciascuno dei moduli organizzativi previsti dall'art.121 dello stesso decreto 297/94 con l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti e la contitolarità e collegialità dei docenti nell'ambito dello stesso modulo organizzativo, le modalità di valutazione e nonammissione alla classe successiva. Dalla lettura del testo si dovrebbe evincere, quindi, contrariamente a quanto spesso affermato, che dette disposizioni si applichino a tutte le classi che alla data di entrata in vigore del decreto n. 59/2004 non abbiano ancora terminato il loro ciclo. Pertanto, nelle classi già in essere dovrebbero, ad esempio, permanere fino al loro esaurimento sia l'esame finale di V classe, sia l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti delle classi a modulo o a tempo pieno, che mantengono la contitolarità delle classi a loro assegnate.

La circolare n. 29/2004 sembra confermare questa interpretazione dal momento che per l'esame di licenza elementare prevede che rimanga in vigore per il corrente anno e rinvia per gli anni successivi a quanto disposto dal suddetto comma 3 dell'art.19. L'opinione corrente, anche dello stesso Ministro, è molto diversa : permane ancora, come prima evidenziato, molta confusione nell' interpretazione dellenuove norme.

Firenze, 24 giugno 2004